L’attuale disegno urbano della città antica di Bitonto è il risultato di profonde e complesse trasformazioni, operate nel corso dei secoli sul patrimonio architettonico all’interno della cinta muraria.
Del sistema di fortificazione, che definiva il perimetro della città antica, restano solo pochi segni. L’opera difensiva è stata quasi del tutto demolita e sostituita da cortine edilizie abitative, che hanno ridisegnato in modo più regolare il suo contorno.
Pure della scesciola, la forma labirintica assunta dalla città alla fine dell’epoca medioevale, permangono solo pochi brani urbani. Di essa alcuni risultano facilmente riconoscibili, altri appena decifrabili; infine, in quei luoghi dove le modifiche apportate sono state più rilevanti, soprattutto nel Cinquecento e nel Seicento, non vi è più traccia.
IL RUOLO DELLA PARROCCHIA NEL MEDIOEVO
È necessario evidenziare come gran parte della storia della città e della sua evoluzione si conosce grazie ai documenti legati agli edifici di culto, alle cronache delle sacre visite, ma anche alle campagne di restauri eseguiti su alcune chiese. Tutto questo ha portato alla conoscenza di dettagli fondamentali per delineare possibili ricostruzioni sulla struttura urbana.
L’impianto della scesciola formato, in epoca medioevale, attraverso un sistema ramificato di vie pubbliche e di spazi semiprivati, come le corti, si articolava anche mediante le aree di pertinenza delle parrocchie, composte oltre che dalla chiesa, da un insieme di edifici circostanti e da spazi liberi da costruzione, organizzati tutt’intorno ad un “cortilio”. La parrocchia perciò si presenta come un’unità urbana che avrà un ruolo determinante nella definizione del disegno della città.
Il cortilio, nello specifico, era uno spazio aperto della parrocchia, un recinto vero e proprio, con uno o più varchi di accesso, e comprendeva la canonica, ossia la casa del parroco, il forno, la cisterna dell’acqua e un giardino, occupato in minima parte da un’area cimiteriale.
La parola deriva dal latino antico, non a caso la si può rinvenire solo ed esclusivamente da documenti storici: corrisponde alla voce italiana cortile, ma ricorda soprattutto l’espressione dialettale locale cùrtigghie, termine oramai desueto.
La parrocchia, caratterizzata nel Medioevo dall’edificio di culto e dal cortilio, aveva un carattere istituzionale e una sua organizzazione amministrativa e rappresentava il centro delle relazioni sociali, economiche e religiose di un gruppo di famiglie. Persino l’attività di parroco doveva essere molto ambita, tanto da essere occupata da una figura di un certo rilievo proveniente spesso da una famiglia nobile.
Le chiese parrocchiali della città antica di Bitonto sono pressoché tutte risalenti al Medioevo e in gran parte corrispondenti a una stessa tipologia: difatti, sembrano realizzate nell’undicesimo secolo quasi contemporaneamente, forse sotto il forte impulso della costruzione della cattedrale.
Molte di esse sono disposte secondo un sistema canonico con l’orientamento est-ovest, ed alcune a coppie, come si rileva anche dalla pianta sulla città di Bitonto del XVI secolo, conservata nella Biblioteca Angelica di Roma.
Di questa particolare collocazione vi sono esempi di chiese ancora esistenti come Santa Caterina d’Alessandria e San Paolo o San Leucio vecchio e San Giovanni ad muros, oppure di chiese di cui è rimasta in piedi solo una delle due, mentre l’altra non esiste più, come Santa Maria La Porta e San Benedetto o Sant’Andrea e San Vito, ed ancora la Chiesa di Ognissanti, di cui rimane qualche traccia nella fabbrica del palazzo Sylos-Calò, e San Giovanni Battista posta di lato su Piazza Cavour, demolita per far posto alla Chiesa di San Gaetano.
L’IMPORTANZA DELLE CHIESE NELL’ODONOMASTICA
L’importanza che hanno avuto le chiese nella storia della città, la si può cogliere anche da un altro aspetto, ovvero dall’odonomastica, considerando però che nel Medioevo non esisteva ancora, così come nel ‘500 e nel ‘600, e pochissimi erano gli odonimi usati. Le strade venivano semplicemente indicate come via pubblica e con gli estremi dei luoghi che collegavano.
Di seguito con l’introduzione dell’odonomastica tante iniziano ad essere le vie e le piazze dedicate ai santi, proprio perché ci si basava sull’ubicazione delle chiese, oppure venivano nominate in base alla presenza di edifici pubblici e corporazioni o attività e mestieri: come Via Sedile ad esempio per le prime e Via dei Mercanti, Via delle Beccherie e Via dei Molini, per le altre.
Ancora oggi tante sono le strade della città antica di Bitonto intitolate a santi che identificano chiese esistenti: Strada San Pietro de Castro, Via San Luca, Via San Giovanni, Via Sant’Andrea, Via San Rocco, Via San Giorgio, Scesa San Francesco, Vico San Silvestro, Vico San Paolo, Corte Santa Caterina, Corte Santa Lucia, Corte Sant’Egidio.
Poi vi sono strade di cui è rimasta la denominazione, ma restano solo pochi segni che individuano quella che era una volta la chiesa: Via Sant’Antuono, Vico Annunziatella, Corte San Giacomo e Corte Santa Barbara.
Oppure vi sono dei casi in cui permane l’intitolazione della strada o corte che definiva l’esistenza di un edificio di culto di cui purtroppo non si conserva più memoria come ad esempio Corte San Leonardo e Corte Sant’Angelo.
Infine, in certe situazioni una strada già intitolata a un santo per la presenza della chiesa è stata rinominata, come è successo per Via Francesco Saponieri, che fino a qualche tempo fa era Via San Pietro.
TRASFORMAZIONI SULL’ASSETTO URBANISTICO E SUGLI EDIFICI DI CULTO
Un tessuto urbano omogeneo, con pochissime emergenze architettoniche, la concezione dello spazio urbano come luogo per le relazioni sociali e l’anonimato delle strade, ci restituiscono una visione chiara della città medioevale.
Tuttavia dal Basso Medioevo e per tutto il corso del Cinquecento e Seicento nella città alcuni fenomeni come l’incremento demografico, l’insediamento di nuovi ordini religiosi e il rafforzamento del potere delle famiglie dedite all’attività mercantile, avranno delle rilevanti ripercussioni sia sull’assetto urbanistico, in generale, che sulle aree delle parrocchie, in particolare.
Con l’aumento della popolazione all’interno della cinta muraria si avrà il completamento dell’impianto della scesciola, e si renderà sempre più necessario il reperimento di aree edificatorie, che porterà da una parte alla saturazione degli spazi rimasti liberi e dall’altra ad intervenire sul patrimonio edilizio preesistente.
Il cortilio della parrocchia a lungo andare diventerà una riserva da cui attingere per le aree edificatorie, perciò le pertinenze e gli spazi liberi da costruzioni saranno occupati da nuove fabbriche, in alcuni casi in modo regolare sotto pagamento di un censo, in altri spesso anche in modo abusivo. Una pratica, quest’ultima, molto diffusa soprattutto nel Cinquecento e Seicento, in cui il più delle volte è implicato anche il rettore stesso della parrocchia.
Dietro questa incapacità di difendere gli edifici parrocchiali dagli abusi vi era anche il governo della città, affidato all’Università, un organismo composto di nobili e ricchi borghesi, la cui organizzazione pluralistica e alternanza delle persone elette già non garantiva una gestione dello sviluppo urbano secondo un disegno preordinato, ma soprattutto assumeva un atteggiamento tendente all’accordo e al compromesso nei confronti delle autorità ecclesiastiche.
Un altro evento che nello stesso periodo innesca delle trasformazioni urbanistiche all’interno della città è l’insediamento di nuovi ordini religiosi. Ne consegue la costruzione di altri impianti conventuali e il potenziamento di alcuni preesistenti, che danno vita a nuovi poli di sviluppo.
Di fatti le aree delle parrocchie medievali che non hanno subito le modifiche nel Cinquecento e Seicento, con la realizzazione di strutture conventuali, presentano un disegno urbano molto meno organico e più disomogeneo. Ciononostante in questo periodo tantissime sono le chiese sottoposte ad interventi più o meno sostanziali di restauro o di integrali ristrutturazioni.
Infine, l’emergere di un gruppo di famiglie dedite alla mercatura porta alla nascita di una nuova classe sociale, e fa scaturire la differenziazione dell’edilizia abitativa secondo le tre classi sociali: i nobili, i borghesi e il popolo.
Naturalmente la disposizione delle abitazioni e dei tipi edilizi segue una logica ben precisa: l’edilizia minore, quella per la classe bracciantile, viene dislocata nelle periferie e nelle corti, mentre l’altra si estende più lungo gli assi stradali. Ecco perché la sostituzione edilizia dopo il Medioevo è avvenuta in misura maggiore proprio lungo i percorsi lineari che non negli spazi chiusi, come le corti.
In ogni modo nelle trasformazioni cinquecentesche e seicentesche ci sarà la tendenza a conservare una certa continuità con il passato cercando di preservare il blocco edilizio dell’antica fabbrica. I lavori commissionati dai nobili, infatti, si limitano quasi sempre a restauri o rifacimenti delle facciate per adeguare gli edifici al gusto dell’epoca e non alla ricostruzione integrale dalle fondamenta.
Ulteriori trasformazioni che assumono una certa rilevanza urbanistica sono la realizzazione di nuove strade, l’allargamento o la regolarizzazione di quelle preesistenti e la costruzione della condotta fognaria, perciò diversi edifici di culto saranno sottoposti ad interventi di ristrutturazione.
In alcune chiese per migliorare l’accessibilità si realizza l’ingresso diretto sulla strada, apportando così modifiche essenziali all’impianto originario, attraverso il capovolgimento della porta di accesso, evitando in questo modo l’attraversamento del cortilio e dei giardini, una delle peculiarità che caratterizzava la parrocchie del Medioevo. Per l’allargamento delle strade, invece, in diverse situazioni si arriva a tagliare le sporgenze delle absidi estradossate o addirittura a demolirle completamente.
Inoltre a seguito della costruzione dell’impianto fognario, il centro antico subisce un generale sollevamento dei piani stradali, e le corti, i cortili e le chiese rimangono tutte quante ad un livello inferiore. Motivo per cui tutte le corti, con o senza le strutture voltate, hanno le scalinate per raggiungere le sottoposte abitazioni, contrariamente alle fabbriche realizzate nel Cinquecento e Seicento che si trovano alla stessa quota del piano stradale.
Un’idea di quello che era il cortilio nell’epoca medievale ci viene offerta ancora oggi dalla chiesa di San Leucio vecchio, uno dei pochi esempi giunto fino a noi quasi integro. Sicuramente in passato doveva apparire in modo diverso e di certo molto più ampio. Lo spazio internamente è abitato da alcune case e comunica con la strada attraverso un unico varco con un arco ogivale sulla parte interna.
Un altro cortilio che possiamo avere modo di apprezzare, meno conosciuto rispetto al precedente esempio, è rappresentato da quello della parrocchia di San Paolo. Contiguo al Palazzo Ducale, è composto da uno spazio recintato davvero molto suggestivo, con due varchi di accesso arcuati. Per il suo carattere singolare merita, senza alcun dubbio, di essere rivalutato e inserito nel circuito degli eventi pubblici che si svolgono solitamente nella città, come i “Cortili Aperti”.