Un bel tipo questo Andrea Scanzi. Già, parliamo di lui; volto popolare, spesso interprete di comparsate televisive rissaiole; un egocentrico da paura. Ed infatti egli ama il suo ego in senso proverbiale, così proverbiale che si fa fatica a trovare esempi simili a lui. Dunque: nessuna volontà di promozione da parte nostra, giacché solo quella egli va cercando, da star del nulla cosmico e catodico. Né sta a noi scrivere la sua fenomenologia, materia che volentieri lasciamo agli esperti sulle personalità. E allora, perché occuparsene?
Succede che leggendo il suo libro Sfascistoni scopri davvero delle belle (si fa per dire!). Eccoci a pagina 152. All’interno di uno dei suoi soliti discorsetti faziosi e vanamente polemici, Giorgio Almirante, tra i politici più importanti della storia repubblicana, segretario del Movimento Sociale Italiano, è definito “criminale fascista”. Espressione indubbiamente forte; c’è tuttavia di più e di peggio. Almirante, sempre nella stessa pagina, diventa “responsabile in prima persona di rastrellamenti e deportazioni di ebrei”. E ti chiedi se il tipo di cui sopra ci sia o ci faccia.
Soprattutto, se sia d’accordo non con un altro tipo ma col tipo in questione medesimo, ossia con Scanzi stesso. Fu infatti proprio lui, nel libro La politica è una cosa seria (Rizzoli, 2019), riferendosi ai funerali di Berlinguer e alla famosa visita del leader del Msi al feretro del capo del Pci, a scrivere: “Tra quel milione di persone c’era anche Giorgio Almirante, perché tra avversari ci si stima. Quando c’è motivo di stimarsi”. È sempre Scanzi, bellezza!
Ora, diteci voi, di grazia, se Berlinguer poteva mai stimare un autore di “rastrellamenti” verso ebrei? Che è poi espressione abnorme, senza filtro storico (storiografico men che meno, figurarsi). Un qualcosa, quantomeno, di non direttamente noto agli storici. Inutile qui stare a recuperare le vecchie polemiche ideologiche, gli scontri anni ’70 attorno ad un celebre manifesto afferente al periodo della guerra civile tra italiani; periodo drammatico e tragico oltre misura, frangente che con grande intelligenza l’Italia postbellica, quella seria, seppe mettersi subito alle spalle.
Dice nulla l’amnistia voluta dall’allora guardasigilli Togliatti? Palmiro Togliatti, chiaro? Un mettersi alle spalle non certo per dimenticare. Ma per andare avanti come Paese. Il tutto in pochissimo tempo dopo quei drammi, col sangue ancora vivo. Ed oggi? Oggi che succede? Oggi arriva Scanzi e scrive assurdità senza un minimo costrutto storico. Segno di quanto ci si stia incattivendo. Difficilmente, un decennio o quindicennio fa, avrebbe avuto cittadinanza un ‘pensiero’ così. Era il tempo dei Violante e dei Ciampi.
Tentata pacificazione nazionale. Dopo quei tempi, il buio e gli Scanzi, avvelenatori di pozzi. Oltre che abili nel portare indietro le lancette della storia. Chissà se Scanzi sa – e lo sa – che il suo ex direttore del Fatto Quotidiano, Antonio Padellaro, sulla stima tra Berlinguer ed Almirante, ci ha addirittura scritto un libro, prendendo anche più volte posizioni favorevoli e positive, come sguardo storico, rispetto alla figura di Almirante, pur nel netto distinguo delle parti. Almirante leader democratico di una destra che, in quanto presente in parlamento come espressione della volontà degli elettori, era precisa parte – di sicuro minoritaria – di questa stessa democrazia. Questo lo sapeva Berlinguer e lo sa Padellaro. Scanzi professa invece l’odio per l’odio.
Tra l’altro, una frase su Almirante – in un libro che di passaggi discutibili ne contiene non pochi – che, per quanto scarsa fiducia si nutra nelle qualità raziocinanti del suo autore, davvero facciamo fatica a spiegarci. Ma lo diamo ancora un senso alle parole o no? Non sono forse “importanti” le parole, come disse un regista probabilmente caro a Scanzi (e pure a noi, quando dismette gli abiti fanatici)? Almirante è stato, certo, il segretario di redazione della rivista La Difesa della Razza; è stato anche capo di gabinetto del ministro Rsi alla Cultura Popolare, Ferdinando Mezzasoma, e responsabile della comunicazione; ha sicuramente scritto pensieri razzisti su quel giornale (come tanti, tantissimi futuri antifascisti, su altre riviste: i nomi per questa volta ve li risparmiamo). Ma su quali basi possa dirsi, senza vergogna, quel che Scanzi ha detto non è dato sapere.
“Rastrellamenti di ebrei”! Dove, come, quando? Almirante, piuttosto, come riportano tutte le biografie a lui dedicate (e sono molte, alcune anche legittimamente critiche), salvò personalmente un’intera famiglia di ebrei, da sottosegretario del ministro. Era la famiglia di Emanuele Levi, amico di sempre di Almirante. Lo stesso Levi, lo stesso amico che poi, anni dopo, si ricorderà di quel gesto e ‘salverà’ il futuro segretario del Movimento Sociale. Quando nel 2018 l’ex sindaco di Roma Virginia Raggi negò una strada ad Almirante, tra le tante reazioni, ecco quella di Giuliana De’ Medici, figlia di Giorgio: “Ci sono state tante persone ebree vicine ad Almirante. Lui ha salvato la vita a Emanuele Levi. Lo nascose addirittura a Salò, durante il periodo della Repubblica Sociale, con sua moglie e il suo bambino. Cortesia che gli fu ricambiata a Milano, quando poi Almirante era latitante. Ho qui in casa una dichiarazione in cui sul Monte Sinai sono stati piantati due alberi di olivo in onore di Almirante da una amica ebrea. Quindi dobbiamo stemperare queste cose, sempre con profondo rispetto e grande umiltà nei confronti della Comunità Ebraica”. Così la figlia di Almirante. Tutte cose ben note; chi conosce la storia non s’inventa nulla. Altri non sappiamo. Intelligenti pauca! Ma poi: intelligenti?! Quanto ottimismo.
Nella foto in alto, Giorgio Almirante