Chi la vuole napoletana e chi siciliana. Ma la parmigiana è pugliese

Si deve al cuoco originario di Oria, Vincenzo Corrado, l'ideazione di questa pietanza, prelibatezza tra le più gustose della tradizione culinaria meridionale

Se di un alimento non si ha una chiara cognizione del luogo d’origine, si può dire che perda di sapore?
L’interrogativo, in realtà, non è per nulla peregrino. Il sapore di un alimento, infatti, non è racchiuso solo in ciascun ingrediente che lo compone. I luoghi e le occasioni di ideazione e preparazione non sono meno importanti, da questo punto di vista: scelta degli alimenti, raffinazione dell’iter, arrivo della pietanza sulle nostre tavole.

Il luogo in cui è preparato un cibo è la terra dove le persone che vi vivono si ingegnano nel creare un’interessante novità gastronomica; usano le proprie mani per toccare gli ingredienti, mescolarli, sentendo così direttamente ciò che è dato dall’acqua, dal sole, dall’aria e dalla terra di cui ogni giorno fanno esperienza. Un mix felice di combinazioni, tra doni della natura e creatività dell’uomo.

Ed eccoci alla parmigiana, famoso piatto della tradizione culinaria italiana. Una pietanza su cui aleggia il dubbio proprio quanto al luogo di provenienza.
Sembrerebbe di origine napoletana e siciliana contemporaneamente. Alcuni, invece, sostengono che sia di Parma, ma solo per la presenza del formaggio parmigiano.

parmigiana

Il termine, in realtà, sembrerebbe derivare dal siciliano “parmiciana”, dal modo di disporre a listarelle, come nelle persiane, le fette di melanzana.
Eppure, la prima testimonianza storica di questo piatto si trova nel testo del 1786 di un cuoco di origine pugliese, Vincenzo Corrado, al servizio di famiglie aristocratiche di Napoli.

Ma vediamo come Vincenzo, grazie alla parmigiana, divenne un cuoco famoso. Il banchetto era stato preparato il giorno prima, con le pietanze che avevano potuto godere del tempo necessario per insaporirsi durante la notte. Di buon mattino erano incominciati i preparativi per addobbare la tavola: la disposizione delle pietanze sul tavolo, i piatti, le posate, i calici e tutto il resto che il principe aveva richiesto.
Siamo nel sud Italia, vicino al mare più cristallino che si poteva desiderare, incuneato tra le terre di molti paesi, lo Ionio, il cui nome rimanda alla genealogia del grande Poseidone.

parmigiana
Il principe di Francavilla era in vacanza in terra pugliese e volle invitare alcuni amici prima del ritorno a Napoli. Gli fu così presentato il cuoco del posto, il nostro Vincenzo Corrado, che aveva già lavorato alacremente i giorni precedenti per realizzare i menù che meglio potessero presentare a tavola i sapori della sua terra.

Ma il cuoco ha un ultimo colpo di genio: una pietanza fatta con le melanzane, il sugo di pomodoro, la mozzarella e il formaggio parmigiano.
Affettare quei cerchi bianchi verdi, cinti da una corona di nero notturno lucido: ecco cosa aveva fatto con passione già all’inizio del giorno. Una volta poste le fette una sopra l’altra, spolverandole di sale grosso, venne su una specie di torta di melanzana. Speciale davvero.

parmigiana

Il peso di un oggetto pesante, alla sommità di questa particolare “torre”, avrebbe fatto colare l’acqua in eccesso della verdura. Intanto, Corrado era alle prese con il sugo di pomodoro, arricchito con olio, sale e pepe, e cipolla rossa, utile a conferire un gusto piccante e dolce, come la liquirizia legnosa che profumava l’aria.
Il colore mutava felicemente nel tempo di cottura, assumendo la tonalità di un denso rosso “aranciato” perché l’olio extravergine d’oliva sembrava come tagliarlo di altre gradazioni. Nasceva, così, una tinta come la colorazione del cielo al tramonto, sulle acque profonde e belle della Puglia.

parmigiana
Dopo averle imbiancate di farina e avvolte nell’uovo battuto, come in un piccolo lago di ambra densa e rilucente, adagiava le listarelle di melanzana, ad una ad una, nella larga e alta teglia ricolma d’olio bollente. Qui le bollicine coronavano le fette, che indossavano un nuovo vestito, croccante e imbrunito di intenso dorato. Corrado le riponeva allora su una carta porosa per assorbirne l’eccesso d’olio, che rifluiva nel piatto largo e tondo di ceramica bianca.
La teglia era stata posta al centro del tavolo da cucina e il resto degli ingredienti erano intorno ad essa, come pianeti intorno al sole.

Corrado prese un largo ramaiolo e lasciò cadere, come una cascata di colori diversi, il sugo nel tegame. Depose le fette di melanzana sul fondo e, una volta ricoperto il largo cerchio, cominciò a disporre la mozzarella e la scamorza. Infine, le fette di melanzana. Sembrava di sentire un ritornello musicale: era il soave suono del rilasciare le fette, che costituivano ormai uno scudo che copriva tutta la teglia.

Il tegame fu posto nel forno a legna, non prima di avervi collocato ciocchi di ciliegio e di pero, che il bravo Vincenzo si era fatto inviare da altre terre per unirli ai legni di ulivo e vite. Un miscuglio unico che avrebbe rilasciato, a fine cottura, un pizzico di salinità tipico della sua terra, a cui il cuoco era assai attaccato e che non avrebbe mai lascaita. E, invece, terminato il banchetto, Corrado partì. Il principe decise, infatti, che doveva seguirlo a Napoli, per diventare il proprio, straordinario cuoco.