Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, l’Università di Bitonto realizza, per la parte più povera della popolazione, tre cisterne pubbliche extraurbane, restaurate poi nell’Ottocento. Queste riserve idriche sono state sapientemente costruite fuori dalle mura (clicca qui), in prossimità delle porte di accesso alla città antica (clicca qui), in luoghi non casuali, ma strategici: siti particolarmente idonei a raccogliere l’acqua piovana, e capaci naturalmente di garantire la conveniente “dote” ai serbatoi.
Nei primi due decenni dell’Ottocento, l’architetto Giuseppe Gimma si rende protagonista degli interventi di recupero di queste tre cisterne pubbliche, ai quali associa sempre la sistemazione degli spiazzi ad esse adiacenti, perché di sostegno alla dote dell’invaso. Per la prima, quella fuori Porta Robustina (clicca qui), purtroppo andata perduta, sono previsti lavori di riduzione e abbassamento, funzionali alla conformazione della spiazzo, corrispondente adesso a Piazza Caduti del Terrorismo: un’annosa vicenda che si concluderà con l’intervento finale sul serbatoio dell’architetto Francesco Lerario.
La seconda, la “pescara” del Corso, fuori Porta Baresana (clicca qui) vede, oltre ad alcuni interventi di manutenzione e di nuova configurazione della parte emergente del manufatto, la sistemazione del Campo di San Leo e dello spiazzo equivalente all’attuale Piazza Aldo Moro. Infine anche per la terza, la cisterna di Santa Teresa, quella fuori Porta Pendile (clicca qui), si provvede, assieme al restauro esterno ed interno della riserva, a restituire un nuovo assetto allo spiazzo, davanti alla chiesa e all’annesso convento, oggi Piazza Carmine Sylos.
La quarta riserva idrica pubblica, realizzata dal governo della città di Bitonto, è la Cisterna del Carmine ubicata fuori Porta La Maja in aderenza all’omonimo ponte, di fronte all’Istituto Maria Cristina di Savoia, nei pressi della fontana di Piazza Ferdinando II di Borbone: in realtà, si tratta del terzo serbatoio ancora esistente. La cisterna è progettata dall’architetto Francesco Lerario, originario di Putignano e fratello del più noto Orazio, e costruita tra il 1838 e il 1841, sotto la sua stessa direzione, nel periodo in cui è sindaco della città Eustachio Rogadeo.
Il Lerario, allora tecnico delle opere comunali, qualche anno prima si era occupato, nell’area di Santa Teresa, del rifacimento del ponte distrutto dall’alluvione del 29 agosto 1833. Sempre nella stessa zona, già a partire dal 1829, fino al 1837, sarà impegnato nella costruzione della strada extramurale che collega Porta Pendile a Porta Robustina, corrispondente all’attuale Via Solferino. La strada, tutta in rilevato, asseconda l’andamento dell’alveo della Lama, attraverso il muraglione del terrapieno e raccorda il ponte al vecchio macello: un’opera anche questa del Lerario, elaborata con un disegno firmato il 30 luglio 1838. Questo insieme di manufatti, pur se realizzati per fasi successive, un tempo costituiva un “continuum” di opere dello stesso architetto.
Il ponte di Santa Teresa, concepito dal Lerario ad un unico fornice, in seguito, crollerà per effetto di un’altra disastrosa alluvione, ancora più terribile, che si verifica il 1° ottobre del 1846, e sarà sostituito da quello a tre campate, che tuttora vediamo, del Castellucci. Recentemente, come sappiamo, è salito alle cronache pure il muraglione di Via Solferino, per il crollo del 29 novembre 2022, causato da un cedimento dovuto alle forti precipitazioni: si spera possa essere quanto prima ricostruito com’era, così da rimuovere l’opera provvisoria realizzata. Ultimamente, tuttavia, sono iniziati i lavori di recupero del vecchio macello, e ci si augura che anche questi possano concludersi nel più breve termine possibile, in maniera tale da conservare e consegnare questa dignitosa architettura alle generazioni future.
Tornando alla Cisterna del Carmine, anche qui diventa fondamentale evidenziare l’importanza del sito in cui essa è stata costruita, e lo vedremo più avanti anche attraverso le parole che lo stesso Lerario riporta nella sua relazione di progetto. Il serbatoio, comunque, è collocato in una posizione sottoposta rispetto allo spiazzo antistante, poiché realizzato prima del ponte del Carmine e della strada chiamata anticamente “Mediterranea“, il cui livello viene notevolmente rialzato proprio in occasione della loro costruzione. Ciononostante per il punto in cui si trova, la cisterna riceve naturalmente le acque dai pendii di Via Modugno e Via Palo, convogliate su di uno slargo pavimentato con lastre calcaree, che si estende davanti ad alcune fabbriche, tra le quali in passato c’era l’antico trappeto della famiglia Basso.
Questo spiazzo, poi, si raccorda al serbatoio attraverso uno spazio interstiziale pendente che corre in trincea. La cisterna, comunque, è visibile solo in parte, e più precisamente sui lati che si affacciano nel vallone, a ovest e a nord. La parete a sud è addossata al piazzale e su quella a est si eleva un muro che recinge un fondo rustico impedendone la vista. Sulla parete di ponente è presente un’apertura, attualmente tamponata da tufi e pietra, che assai probabilmente rappresentava la porta per l’accesso all’interno dell’invaso, utilizzata in caso di manutenzione o per la pulizia del fondo dal limo.
Il manufatto, a prima vista, per l’opera muraria in filari di pietra squadrata, con la faccia lavorata a bozze, fa pensare ad un’opera contemporanea alle prime due cisterne ancora esistenti, edificate tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII. Sulla copertura della cisterna, definita da muri perimetrali e lastricata in pietra, oggi vi sono tre bocche di forma ottagonale per attingere le acque, otturate con calcestruzzo. Chissà se queste in passato erano quattro, a giudicare dalla scansione interna della struttura riscontrabile nel progetto originario, in base al quale erano previste solo due bocche di sagoma circolare.
Nella relazione di progetto Lerario descrive con precisione le opere da eseguire e i criteri di progettazione da adottare per la forma dello spazio interno. Infatti l’architetto ripropone, pur se in dimensioni ridotte, la stessa spazialità della cinquecentesca cisterna sul Corso, suddividendo il serbatoio in due navate con tre pilastri, che sorreggono quattro arcate centrali. L’aspetto più interessante è che i fori per il prelievo dell’acqua sono collocati sulla chiave, al centro delle arcate, quindi la soluzione formale interna della volta, adottata dal Lerario, sarà stata molto particolare, e piuttosto anomala e ardita.
Consultando i documenti dell’Archivio comunale di Bitonto, conservati presso il Museo Archeologico, Fondazione De Palo-Ungaro, relativi alla costruzione del nuovo serbatoio pubblico fuori porta La Maja, si resta affascinati dalla visione della tavola di progetto del Lerario contenuta nel fascicolo. Il disegno autografo, di stampo neoclassico, contornato da una delicatissima cornice acquerellata color celeste, e datato 22 maggio 1838, è composto da inquadramento planimetrico, pianta e sezione, e una legenda molto utile per comprendere quanto viene esposto dopo negli elaborati di altro tipo.
Nell’incartamento vi è la relazione stilata qualche giorno prima dal Lerario, che si apre con il seguente Piano d’opera: «Oggi che sono lì 18 maggio 1838 in Bitonto. Io qui sottoscritto Architetto Civile domiciliato in Bari, per incarico del Signor Sindaco il Cavalier D. Eustachio Rogadeo, mi sono qui recato, ed in unione de’ Signori Deputati delle opere pubbliche comunali ho verificato il sito scelto (ritenuto idoneo, ndr), per la nuova cisterna a formarsi nell’angolo settentrionale del pubblico spiazzo denominato del Carmine, propriamente nel sito più basso ove il parapetto del ponte della strada Mediterranea e le fabbriche di cinta delle proprietà di Francesco Basso, distante dalla porta della città circa palmi 450, e ne ho preso le debite appuntazioni per formare il presente piano d’opera. L’aja su cui deve formarsi la detta nuova cisterna è di palmi 95 per 41, la quale parte deve prendersi dal suolo del pubblico spiazzo, e parte della proprietà di Giuseppangelo Suriale (in realtà si tratta di Suriano, come appare altrove ndr), non solo per regolarizzare lo spiazzo, ma anche per aumentare la superficie del suolo di palmi quadri 45000 su cui si raccogliano le acque piovane. Il tutto come rilevasi dalla qui annessa pianta e spaccato (inteso come sezione ndr)”.»
Segue il dettaglio di spesa – che non è strutturato per articoli, come abbiamo già visto nelle perizie redatte dall’architetto Giuseppe Gimma – dal quale comunque si possono desumere i dati dimensionali sia dell’intero manufatto che delle parti di esso. Per la costruzione della cisterna si rende necessario uno «Scavo di terra di palmi 95 per 21, profondo palmi 6 e più nell’orto di Giuseppangelo Suriano di palmi 95 per 20, profondo 3 palmi». Esternamente è previsto un rivestimento «di pietra viva ad una faccia». Internamente, invece, la fabbrica sarà composta «da tre pilastri che sosterranno le volte di detta cisterna, ognuno di palmi 3 per 3, alti palmi 25» … e da «Volte di pietra n° 4 a semibotte lunettate, due ognuna di palmi 35, corda palmi 15, sesto palme 6, e due ognuna di palmi 35, corda palmi 25, sesto palmi 6, e più di sei archi in corrispondenza dei pilastri tra le lunette». … Per le finiture si considera, all’interno un «Lavoro di pietra di linee alla martellina di otto denti ben scarpellati di rivestimento ai tre pilastri» … più un «Lavoro di pietra di linee a bozze di rivestimento alle fabbriche esterne» … e la «Covertura con pianole di pietra ben lavorate con l’otto denti e scarpellati sopra la medesima cisterna di palmi 42 per 95» … Infine «Per i due boccagli di pietra ciascuno tutto un pezzo del diametro di palmi 4 alto 3 … ».
Ciò che era accaduto già per i restauri delle altre tre cisterne per cui l’architetto Giuseppe Gimma aveva sempre colto l’occasione per aggiungere ai lavori di ristrutturazione pure la sistemazione degli spiazzi ad esse adiacenti, si ripete anche in questa situazione. Il Lerario, infatti, precisa che «Per garantire le fabbriche delle acque piovane è necessario formare un basolato intorno intorno dalla parte dello spiazzo di palmi 150 per 10», riferendosi ovviamente allo spazio urbano oggi denominato Piazza Ferdinando II di Borbone, e indicato nel suo disegno con la lettera “D”. Il Lerario, inoltre, per aumentare la dote della nuova cisterna, si preoccupa di creare un collegamento tra questa e il piccolo pozzo preesistente ubicato sullo spiazzo dell’Orfanotrofio, pure questo riportato nell’elaborato grafico e contrassegnato con la lettera “G”. Perciò programma uno «Scavo di terra per la formazione della sentina di palmi 16 per 20, profondo palmi 6 … Pel canale di comunicazione lungo palmi 8, largo 2, alto 2, tra la detta cisterna e la sentina … Per riunire alla detta nuova cisterna le acque superflue che raccoglie, l’attuale piccolo recipiente posto in detto spiazzo verso l’ingresso della chiesa del Carmine è necessario formare sotterra un canale di comunicazione, il di cui scavo è lungo palmi 100 e largo palmi 6 e profondo palmi 6».
È importante evidenziare che il Lerario, da buon progettista, prevede la costruzione della nuova cisterna, indicata nella legenda del suo disegno con lettera “A”, in aderenza ad un pozzo già esistente, ma di dimensioni ridotte, contrassegnato in pianta e in planimetria con la “B”, mentre nella sezione con la “C”, per sfruttarlo come sentina o “purgatoio” della nuova. L’architetto inserisce in coda alla relazione le condizioni sulla qualità e l’approvvigionamento dei materiali, sull’esecuzione a regola d’arte di tutte le opere, e sui pagamenti e diritti spettanti all’appaltatore. L’atto, infine, si chiude con le firme: oltre a quella dell’architetto Francesco Lerario e del sindaco Eustachio Rogadeo sono apposte quelle dei deputati alle opere pubbliche comunali Giambattista Traversa, Gaetano Regna e Antonio Planelli.
Tra i documenti d’archivio un manifesto del sindaco, datato 14 dicembre 1838, «avverte il pubblico che … per l’appalto della costruzione di un pubblico serbatoio di acqua nel sito fuori Porta la Maja di questo abitato, a termine del piano d’opera levato a 18 maggio 1838 dall’architetto Civile Laureato D. Francesco Lerario per l’ammontare di ducati 1380, trovato regolare dall’ingegnere provinciale di prima classe a 11 luglio detto anno, e secondo le condizioni del decurionato progettate e dal consiglio di intendenza omologate, ed infine giunta la ministeriale approvazione, quale appalto con l’aggiudicazione in grado di decima tenuto oggi sottoscritto giorno e rimasto in favore di Francesco Vacca di Giovanni nella qualità di aggiudicatario e a Giovanni Vacca fu Francesco come garante del ribasso del ventotto per cento in meno».
Una comunicazione inviata dall’Intendente al Sindaco, il 6 gennaio 1839, invece, avvisa i Signori Deputati delle opere pubbliche comunali che «incomincia domani l’opera del pubblico serbatoio di acqua fuori porta la Maia» di cui l’appaltatore è Francesco Vacca, con la garanzia solidale di Giovanni Vacca. Fanno parte dell’incartamento relativo alla costruzione della cisterna anche una serie di documenti legati alla valutazione dell’indennizzo per esproprio: «dovendosi occupare una piccola porzione del fondo ortalizio di Giuseppe Angelo Suriano»
Prima e dopo la chiusura dei lavori vengono redatti degli elaborati contabili. Il primo dal Lerario che esegue le «Misure di taglio dei lavori di costruzione della nuova cisterna fuori la Porta del Carmine di questo Comune. Oggi che sono lì 20 novembre 1840 in Bitonto. Io qui sottoscritto Architetto Direttore Laureato a dì 13 agosto 1834 domiciliato in Bari, per incarico del Signor Sindaco il Cavalier D. Eustachio Rogadeo, mi sono recato sul luogo dove si costruisce detta cisterna e con l’assistenza dei Signori Deputati delle Opere pubbliche ho misurato i lavori che l’Appaltatore Francesco Vacca ha eseguito sotto la mia direzione, e conforme al mio progetto del dì 18 maggio 1838. Superiormente approvato con Ministeriale il 7 Novembre 1838.» L’altro, invece, stilato il 25 maggio 1841, dopo la chiusura, costituisce il libretto per la cisterna del Carmine, ossia il «giornale delle opere che … vanno … per menarsi a termine la cisterna a porta del Carmine misurate dai Deputati delle opere Pubbliche … Giambattista Traversa, Luigi Sylos». Con la comunicazione, datata 18 marzo 1841, del Sindaco all’Intendente «l’opera tanto utile del pubblico serbatoio di acqua a Porta la Maja» viene dichiarata terminata.
La cisterna è collaudata, mediante un documento emesso, dall’architetto Luigi Castellucci il 1° aprile 1844, nel quale dichiara «Certifico io sottoscritto, che la pubblica cisterna esistente fuori porta la Maja di questo Comune costruita da Giovanni e Francesco Lavacca (che sta per Vacca, così come appare in altri documenti ndr) garante, ed appaltatore solidale, e formata secondo le buone regole dell’Arte, e conserva tutte le prescrizioni della primitiva costruzione. Inoltre avendo voluto sperimentare la sua stagnezza, ho verificato, che il recipiente ha conservato in diverse epoche tutta l’acqua raccolta in diverse piogge.»
Nel frattempo, a dimostrazione di quanto fosse sentito il problema dell’approvvigionamento idrico a quei tempi, lo stesso Castellucci il 1° ottobre 1843, per volere del decurionato, corrispondente all’attuale consiglio comunale, riceve dal Sindaco l’incarico per la costruzione di una nuova cisterna pubblica da realizzarsi nella stessa area fuori Porta la Maja. Sempre il sindaco in una comunicazione, del 3 dicembre 1843, all’intendente mette in evidenza «il bisogno indispensabile che sente il popoloso comune di un altro pubblico serbatoio d’acqua è stato preso com’era di dovere in considerazione da questo Decurionato».
Il Castellucci, il 2 novembre 1843, appronta il «Progetto della spesa che occorre per la costruzione d’una nuova cisterna pubblica da costruirsi fuori porta la Maja di questo comune, e propriamente nel Vallone, che dovrebbe colmarsi per compianare, e configurare la piazza avanti il Reale Orfanotrofio provinciale Maria Cristina di Savoia», ma ciononostante l’opera non sarà mai realizzata.
Nel 1886, come la Pescara della Commenda e la cisterna di Santa Teresa, anche quella del Carmine sarà dotata di filtri costruiti in opera, per rendere potabili ed igieniche le acque piovane raccolte. Ricordiamo che l’intervento è realizzato sotto l’amministrazione guidata dal sindaco avvocato Vito Fione, con un progetto curato dall’architetto Michele Masotino, allora tecnico delle opere comunali. I lavori, che prevedono la costruzione di pozzetti di scarico e di filtro in muratura, sono eseguiti dall’impresa Miccolis Vitantonio, come da contratto, stipulato il 3 febbraio 1886, mentre il collaudo, con il parere favorevole del Genio Civile, avviene il 2 agosto 1889. Contrariamente alle altre due cisterne succitate, per le quali è difficile capire dove siano stati messi in opera tali pozzetti, per quella del Carmine è più semplice ipotizzare che esso, verosimilmente, sia stato realizzato, in aderenza al manufatto, sfruttando il vecchio pozzo preesistente, posto alla fine dello spazio interstiziale, già riutilizzato dal Lerario come sentina o “purgatoio”.
Attualmente la cisterna del Carmine, a differenza di quella di Santa Teresa, versa in uno stato di degrado, che non è dovuto esclusivamente all’abbandono per la sua mancata funzionalità, ma soprattutto all’assenza di manutenzione. La copertura di questa “pescara”, già in parte occultata da un sottile strato di terriccio, è infestata da erbacce, che ormai non permettono più la completa visione del lastricato in pietra: sarebbe, quindi, auspicabile che fossero estirpate quanto prima, per evitare il naturale sollevamento delle stesse chianche. Peraltro sulla copertura si è raccolto un gran quantitativo di rifiuti di ogni genere, soprattutto plastica e vetro, che occorrerebbe rimuovere, vista l’indecorosa immagine che offrono. Oggigiorno, poiché fortunatamente non siamo più abituati a soffrire la penuria di acqua come ai tempi in cui è stata costruita la cisterna, non siamo neanche in grado di cogliere fino in fondo il valore e la preziosità di questo tipo di manufatto, ed è davvero un gran peccato assistere a questo triste spettacolo.
Nell’immagine in alto, lo stralcio planimetrico estratto dalla tavola di progetto della Cisterna del Carmine, redatto dall’architetto Francesco Lerario. Le foto dell’articolo sono di Domenico Fioriello