Tra le anteprime più attese della sedicesima edizione del Bif&st c’è sicuramente Fuochi d’Artificio, la serie tv diretta da Susanna Nicchiarelli e tratta dall’omonimo libro per ragazzi di Andrea Bouchard. La miniserie, che andrà in onda su Rai 1 il 15, 22 e 25 aprile in prima serata, racconta la storia di quattro ragazzi negli anni della Resistenza antifascista, ponendosi alla stessa altezza dei suoi protagonisti e tentando di adottare uno sguardo “bambino” (anche se questo termine agli stessi protagonisti potrà non piacere) su quegli anni così cruciali per l’Italia.
Marta, nella trasposizione televisiva, non ha i capelli biondi che la fanno sembrare tedesca, come avveniva nel romanzo, ma la dolcezza di Anna Losano. I due fratelli maggiori, Matteo (Gabriele Graham Gasco) e Davide (Luca Charles Brucini), sono entrambi impegnati nella lotta contro il nazifascismo, se pur in maniera differente data la differenza d’età. Matteo è diventato un comandante famoso e combatte sotto il nome di Jackie. Davide, più piccolo, insieme a Marco, suo compagno di scuola, decide invece di unirsi alle file dei partigiani come “commesso”, rivestendo ruoli in cui conta più che altro l’ingegno e la furbizia. Il padre è un membro importante del Comitato di Liberazione Nazionale di Torino e la madre è fuggita in Svizzera a causa della sua attività antifascista. In questo contesto, Marta non sa cosa fare di se stessa, divisa tra il desiderio di normalità e le pressioni familiari, e finisce per farsi coinvolgere in quella sorta di “avventura” che sarà per lei la guerra di sabotaggio partigiana.
Un’avventura che comincia quando i ragazzini scoprono, per caso, che la loro età gli consente di evitare sospetti e perquisizioni. Da quel momento decideranno di aiutare in segreto i partigiani, senza farsi scoprire. Marta, Davide, Sara (Carlotta Dos) e Marco (Lorenzo Enrico) diventano così un corpo solo: “Sandokan”, il misterioso ribelle che mette in difficoltà i nazisti e i fascisti della valle. Tra ripide salite e discese mozzafiato, tra enormi pericoli e grandi prove di coraggio, i quattro ragazzini contribuiranno alla vittoria finale della Resistenza e alla liberazione d’Italia dall’occupazione nemica.
L’ambientazione è una cornice estetica favolosa per l’avventura di questi ragazzi: i percorsi, la paura dei lupi, le biciclette, i rifugi, il fiume e le chiesette abbandonate assieme alla fattoria dei nonni (interpretati da Carla Signoris e Bebo Storti) e il famigerato Forte di Bevasca diventano nella vicenda uno scenario estremamente suggestivo, a tratti incantato. Le riprese, infatti, sono state realizzate interamente su territorio piemontese, con il supporto di Film Commission Torino Piemonte che ha sostenuto il progetto anche attraverso il proprio bando di sviluppo. La Val di Susa e diversi comuni delle Alpi piemontesi sono i protagonisti assoluti della storia: il Forte di Exilles, dove è stato ricostruito un comando nazista insieme ad alcuni luoghi del Comune di Exilles, oltre a Oulx dove è stata allestita la casa dei nonni della protagonista Marta, alla frazione Rochemolles (Comune di Bardonecchia), e Cesana. I comuni di Bardonecchia, Oulx, Cesana – tutti parte della Rete regionale di Film Commission Torino Piemonte, coinvolti anche grazie alla proficua collaborazione con UNCEM Piemonte – sono inoltre stati scelti dalla produzione, insieme al comune di Sestriere e a quello di Susa, per organizzare complessivamente dieci giornate di casting sul territorio. E da quei territori provengono anche molti membri della troupe che ha lavorato sulla miniserie.
Saper raccontare ai giovanissimi ciò che è stata la Resistenza e le gesta valorose dei nostri partigiani ma, soprattutto, trasmetterne e riattualizzarne i valori, necessita non solo di uno storico, ma anche di un abile narratore. Di cosa è accaduto in quel periodo, dopo l’armistizio dell’otto settembre del ´43 fino alla Liberazione, quanto i partigiani, uomini e donne spesso giovanissimi, si siano spesi per la liberazione dagli oppressori di un paese umiliato, diviso e venduto, se ne dovrebbe parlare nelle scuole. E operazioni come quella di Fuochi d’Artificio tentano sicuramente di sanare un “vulnus”, volendo arrivare anche magari a quei bambini della scuola primaria che hanno visto sparire dal sussidiario, con la riforma Moratti (legge 53\2003), la storia del Risorgimento e della Resistenza.
È però necessario chiedersi quanto questo obiettivo possa essere raggiunto da un prodotto così convenzionalmente confezionato, cosa che stupisce se si pensa ai picchi della filmografia di Nicchiarelli, con Nico, 1988 (2017) Miss Marx (2020) e Chiara (2022). Può davvero una miniserie Rai che presenta, anche esteticamente, tutte le decennali consuetudini di quel tipo di produzione, arrivare a un pubblico che parla un linguaggio – audiovisivo, si intende – completamente differente? La sfida, in questi casi, sarebbe provare a rendere anche “appassionanti”, avventurose per davvero, in termini cinematografici, di ritmo e di regia, le peripezie di questi coraggiosi ragazzini, trasmettendo tutta la loro eccitazione nell’aderire a quella causa “da adulti” che però, con la saggezza infantile, riconoscono immediatamente come “giusta”.
Non sempre questo avviene in Fuochi d’Artificio e sembra, ancora una volta, al di là del singolo caso, che non ci sia davvero la reale volontà di lavorare seriamente sulla “forma” per riuscire ad entrare in sintonia con una platea di spettatori distantissimi dai classici abbonati Rai che si godono la prima serata dal loro divano di casa.