Holden Caulfield, in una delle pagine più significative del romanzo di Salinger (come avrete intuito, Il giovane Holden) dice che lo fanno impazzire i libri che, una volta conclusi, ti fanno venir voglia di prendere il telefono e fare una lunga chiacchierata con chi li ha scritti. Lo stesso, naturalmente, si può dire per i film e proprio ieri ho chiesto a due ragazze, con cui mi trovavo in fila per entrare al Kursaal, se avevano in mente un attore, un’attrice o un regista. Una persona famosa, che avrebbero assolutamente voluto conoscere, con cui si sarebbero viste a cena, davanti ad un piatto fumante di spaghetti all’assassina, per esempio. Con cui vorrebbero fare una lunga telefonata, così, giusto per parlare della vita. E mi hanno risposto che incontrerebbero volentieri Lino Banfi (risposta che non nascondo mi abbia un tantino sorpresa) e Leonardo DiCaprio, che immagino sia il desiderio di buona parte della popolazione mondiale.
Mi hanno fatto la stessa domanda e, ovviamente, ho risposto Woody Allen, anche se non so come comunicheremmo (visto che in certi momenti l’inglese lo conosco quanto lui conosce, che ne so, l’islandese), e Nanni Moretti sicuramente. In quel momento, mentre stavamo per entrare e vedere Bianca, un giornalista, che aveva evidentemente ascoltato la nostra conversazione, mi ha detto di aver parlato con Moretti, di avergli fatto una lunga intervista, di aver passato anche una serata con lui e che all’inizio era insopportabile.
Non rispondeva alle domande e quelle rare volte in cui lo faceva era con un tono polemico, ma poi quando hanno smesso di parlare del suo cinema (forse a quel giornalista con gli occhiali e i capelli bianchi non piaceva?) e hanno iniziato a disquisire di cinema tout court, di letteratura, di musica italiana, Moretti è diventato uno zuccherino, un amore. È stata la conversazione più strana e più bella che abbia mai fatto in vita sua. Che belle queste conversazioni improvvisate, fatte poco prima di vedere un film. Ho notato, inoltre, che sia molto più facile farle di mattina. Di pomeriggio le persone sono più arrabbiate, specie se hanno mangiato da poco. Neppure il Bif&st può fare miracoli in tal senso.
Ma ora direi che possiamo passare al racconto di questa meravigliosa quarta giornata di festival. Stamattina c’era l’imbarazzo della scelta. Al Teatro Petruzzelli era in programma la proiezione, per la sezione Incontri di cinema, del film A cavallo della tigre di Luigi Comencini, cui è seguito l’incontro con Francesca Comencini, moderato da Angela Prudenzi. Intanto, al Teatro Kursaal Santalucia c’era la retrospettiva su Moretti con il film Palombella Rossa (1989), seguito da La cosa (1990). Anton Giulio Mancino ha introdotto le due pellicole.
Al Galleria, in sala 3, la proiezione di Charbon di Manu Riche, seguita dall’incontro con il regista e lo scrittore Emanuele Trevi, condotto da Livio Costarella. La sala 4 dalle ore 10.00, invece, ha ospitato un seminario con Antonietta De Lillo, con il suo film L’occhio della gallina, una proiezione in collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti di Bari.

Conveniva avere il potere dell’ubiquità. Ma, visto che almeno per il momento non lo possiedo, ho scelto il film di Comencini solo perché appartiene ad uno dei periodi che più preferisco del cinema italiano. Insomma, quello del boom economico, quando le persone umilissime si riempiono di oggetti superflui (un po’ come avviene oggi), in quella corsa agli armamenti che lascia tutti, di fatto, disarmati. Fintamente più ricchi e in verità molto più poveri.
Perché il boom degli anni ’60, e la commedia italiana del periodo lo spiega bene, non è a vantaggio della povera gente, ma di chi quei beni di consumo li crea, di chi dirige le fabbriche, di chi ha sempre avuto il potere e la ricchezza. A quella percentuale minimale, che dal boom ha tratto vantaggio e che ancora adesso si arricchisce a scapito di quella parte della popolazione che della ricchezza avrebbe un gran bisogno. A cavallo della tigre è di una modernità spaventosa. Ma i bei film e la buona letteratura sono in grado di parlarci anche a distanza di anni, di secoli.

Vediamo un po’ cosa ci propone il Bif&st per il pomeriggio e la sera. Per oggi vi consiglieri di piantare una tenda al Multicinema Galleria. In sala 2, in concorso per il cinema italiano, il film Federico Faggin, l’uomo che vide il futuro di Marcello Foa (ore 16,30). Il regista, in compagnia di Angela Bianca Saponari, sarà protagonista del Q&A dopo la proiezione. Un altro Evento speciale è previsto alle 17 in sala 1. Il maestro e margherita di Michael Locksin, introdotto da Chiara Tagliaferri.
In sala 4, alle ore 19, sarà proiettato Per amore di una donna in cui Esther e Zayde, i due protagonisti, intrecciando i fili che legano passato e presente, anni ’30 e ’70, scopriranno una sorprendente verità sulle proprie vite; il regista Guido Chiesa e la sceneggiatrice Nicoletta Micheli saranno presenti in sala. Che bella la settimana del Bif&st.

Parallelamente, alle ore 18, in sala 5, Valentina Bellè incontrerà il pubblico per la sezione Il segreto dell’attrice. In serata, il meraviglioso film C’mon c’mon di Mike Mils, introdotto da Angelo Ceglie, chiuderà la giornata per la sezione Focus A24 (21,15). Un film straordinario sul rapporto padre e figlio che vi consiglierei di non perdere. Anche se al Kulsaal ci sarà la proiezione di Caro Diario e al Petruzzelli l’anteprima di Opus di Mark Anthony Green, che sarà presente a teatro.
È sempre più dura scegliere. Non a torto Kierkegaard parlava di vertigine. Magari le vertigini, mi verrebbe da dire, fossero sempre così belle. Intanto, ci vediamo domani per il racconto di un’altra giornata di Bif&st!