E anche oggi sono qui, seduta sulle poltrone del Petruzzelli, in questa quinta giornata di Bif&st a sperimentare l’incanto del cinema. Provo un certo fastidio quando, per partito preso, si parla male del cinema italiano. Purtroppo capita spesso, finanche in treno, in quel viaggio (alle volte interminabile) che mi conduce da Bitonto a Bari. E lì, in quel tratto di strada rettilineo, che potrebbe durare mezz’ora come un’ora, ho sentito due signori, probabilmente un marito e una moglie, o forse due conviventi o amici di vecchia data, che parlavano di cinema.
E questa coppia, che dall’accento si capiva essere pugliese, ha però affermato che i film italiani non sono poi questo granché. “Magari il Neorealismo oppure gli anni ’70, o che ne so – fa l’eloquente signore con baffi e cappello – anche qualcosa degli anni 2000, ma si deve cercare bene. Per il resto, un conclamato disastro!“. E la moglie (o amica o convivente) concordava, annuiva con convinzione. E figuriamoci, ciascuno è bene che abbia la propria idea, ma poi ha dichiarato, stavolta la signora, che lei, il cinema italiano, non lo vede proprio. “Non ci vado al cinema se c’è un film italiano. Preferisco i film americani, francesi, spagnoli“. Come se i film americani, francesi e spagnoli fossero sempre belli e non riservassero qualche patacca, così, di tanto in tanto.

Non so, non so. Alle volte ho l’impressione che siamo un po’ troppo severi con questo nostro cinema, che alle volte riserva delle sorprese inaudite, incredibili. Andrebbero visti i film italiani, forse, proprio perché non ci si aspetta poi molto da loro. Ci si siede in alto, lontano dallo schermo, in una comoda poltrona, e ci si lascia semplicemente andare, ci si lascia travolgere da quello spettacolo incredibile che può rivelarsi in cinema. Oggi, per esempio, in questo bellissimo teatro che è il Petruzzelli, è stato proiettato Il viaggio della sposa di Sergio Rubini, un piccolo capolavoro del ’97, con una straordinaria Giovanna Mezzogiorno, nei panni di una contessa, che ha trascorso dieci anni in un desolante convento, e può finalmente vedere il mondo per unirsi al suo futuro sposo, un conte di Conversano.
In questo suo viaggio, tutt’altro che felice, tutt’altro che lineare, conosce la vita vera, che è molto diversa da quella che ha potuto apprendere dai libri. Molto più vivida e complessa delle sue giornate in convento, in mezzo a suore e preghiere recitate a bassa voce. La vita le si rivela in tutta la sua potenza. Nella sua tragedia e nella sua crudeltà. Nella realtà della peste, della povertà, dei furti, delle false apparenze. In conti e granduchi che sembrano buoni e, invece, si rivelano degli approfittatori e dei doppiogiochisti. Non c’è sempre giustizia nella vita, come scoprirà Porzia Colonna (Giovanna Mezzogiorno, appunto), ma vi è anche molta bellezza.

La bellezza delle piccole cose. Un cielo stellato, per esempio, quel cielo stellato che un caro personaggio di Italo Calvino riteneva dovesse essere scrutato con entrambi gli occhi, per tutta la notte. Un pasto consumato all’ombra di un ulivo o di un tiglio. E ad insegnarle la bellezza della vita, e quanto sia difficile per chi nasce e cresce fuori da un palazzo, è Bartolo (Sergio Rubini), uno mascanzoncello dal cuore grande, che la difenderà, la guiderà e, com’è inevitabile che accada, finirà con l’innamorarsene. E lei, mentre si innamora a sua volta, le insegna che la terra è tonda, che il sole le ruota attorno, l’alfabeto, la scrittura, perché lui possa insegnarlo a sua volta. Bartolo, che era un po’ come il Margutte di Pulci, dedito alla torta e al tortello, senza nessun altro interesse all’infuori del cibo, comprende e scopre quest’altro lato dell’esistenza. Un versante che gli era rimasto oscuro, inedito. La cultura, Bartolo lo imparerà bene, è qualcosa di straordinario, che eternizza la vita, per natura così breve.
Meno male che c’è il Bif&st a ricordarci quanto sia bello il cinema. Poi, facendo seguito a questo bellissimo film, vi è stata la proiezione di un cortometraggio di Rubini del 2014, La tela, che parla sempre di un uomo umilissimo, che fa un viaggio per consegnare un importante dipinto. Ancora una volta un viaggio, attraverso le montagne, mille peripezie, che finisce col diventare viaggio dentro di sé. “Il cinema, la scrittura, è un viaggio – spiega Sergio Rubini, subito dopo la proiezione – dentro di sé e non solo fuori, attraverso un percorso che sembra essere infinito, impervio, senza uno scopo, per poi rivelarci all’improvviso i suoi bellissimi segreti. La vita, insomma. La vita è un viaggio“.

E la Puglia, in questo suo viaggio, è una meta, una tappa fondamentale: “I luoghi delle nostre origini, se raccontati da un esule che è andato via, sono tenuti insieme dal ricordo e dalla mente. Si caricano di magia, di frustrazioni, certo, ma la magia supera qualunque altro sentimento. E questo, per un artista, può diventare energia pura, desiderio di raccontare, matrice, argilla per creare mondi e storie” racconta il regista e attore, mentre si guarda intorno, ammirando il teatro.
Circa il suo rapporto con gli attori, spiega che non li ha mai trattati come strumenti. “Sono persone, con storie straordinarie, e se li tratti come strumenti, il risultato sarà un insieme di note stonate” afferma, e il pubblico non può che applaudire. “Il cinema mi ha insegnato a trattare con umanità le persone e le storie” conclude. Già nella giornata di ieri Francesca Comencini, figlia del grande regista, diceva commentando A cavallo della tigre, proiettato nella giornata di ieri sempre al Petruzzelli, che “un film ci dà una grande lezione: insegna a guardare a mondi contraddittori, anche lontani, da vicino e senza pregiudizi”.

Ma, intanto, vediamo quali altri appuntamenti ci riserva il Bif&st. In programma, presso il Multicinema Galleria, Il tramontana di Adriano Barbano (sala 3, ore 15.00); segue l’incontro condotto da Angela Bianca Saponari con Steve della Casa, conservatore del CSC – Cineteca Nazionale. Il Concorso per il cinema italiano procede con L’oro del Reno (sala 2, ore 16.30) di Lorenzo Pullega, e con L’infinito di Umberto Contarello (sala 4, ore 19.00). Per la sezione Il segreto dell’attrice, è in programma l’incontro con Marianna Fontana (sala 5, ore 18.00).
La sezione Frontiere ospita I diari di mio padre di Ado Hasanoviç (sala 6, ore 20.00), protagonista del successivo Q&A moderato da Matteo Marelli. La giornata si conclude con la proiezione di The Whale di Darren Aronofsky (sala 1, ore 21.15) introdotto da Angelo Ceglie. Se il cinema è un viaggio, e vi consiglierei di intraprenderlo subito. Magari, così, conosceremmo un po’ di più anche il cinema italiano e inizieremmo a parlarne meglio.