Estate, mettiamoci in movimento. Il nostro territorio barese vive una felice posizione geografica. In un nulla, anche grazie alla benedetta-maledetta autostrada, sei in paesi e posti che diresti altrimenti lontani. Irpinia, Campania, in questo caso, vicina alla grande area napoletana. Non l’Irpinia isolata, insomma. Ed ecco Lauro.
L’Irpinia è terra di lupi e di boschi. Vi raccontiamo tre piccole e grandi perle di questa particolare e, in realtà, enorme fetta di Italia interna, di Campania «interiore», come direbbe il poeta Franco Arminio. Terra vasta, l’avellinese, già.
Vi raccontiamo in pillole tre posti diversi dell’attuale provincia. Il sintomo di un’Irpinia dotata di più specificità.
Prendi avamposti, ad esempio, come Montaguto e Savignano Irpino o, verso la Lucania, Conza della Campania, Teora, Lioni: lontanissime da cittadine come Baiano e Montoro da cui un abisso le separa. Lauro, Aquilonia, Montefusco. Ecco i borghi che abbozzeremo. Lontani e pienamente irpini al contempo.
Lauro, dunque. Quando la catena del Partenio guarda ormai sempre più concretamente all’area partenopea, ecco che il vallo di Lauro, con i suoi omonimi monti, segna uno dei territori di confine tra la provincia irpina e partenopea. Territorio appunto semplice, questo: estremamente rurale.
Eppure, maestoso s’eleva il Castello Lancellotti, datato con certezza al XIII secolo ma con probabili prodromi di qualche secolo prima.
È un valido motivo per seguire i solchi, anche d’intorno selvaggi e incolti, di questo particolare angolo campano, sconosciuto alle tracce turistiche e forse, proprio per questo, incontaminato e arcaicamente puro. Selvaggio.
Da qui, anche dalla vicina Taurano, si ammira con trasporto il panorama verso il golfo di Napoli e il Vesuvio.
L’antica capitale del Sud è lì, dominante la vista e le emozioni. Una chiesetta su un’altura vi saluterà a Taurano, non prima di avervi concesso questo panorama ammaliante, che il visitatore trova quasi casualmente.
In poco tempo sei da qui a Sarno (Sa), città tristemente famosa per una disgraziata alluvione. E poi al napoletano pieno di Palma Campania e Carbonara di Nola. A Domicella, invece, ancora provincia di Avellino, si può ammirare, restaurata, una struttura benedettina dell’XI secolo. Suggestiva.
Arriviamo ora alla nostra seconda tappa di viaggio. “Paese fantasma”, “borgo abbandonato”. È furbo il turismo d’assalto. Richiami a volte artatamente resi macabri e spettacolarizzanti.
Ma non basterebbe ascoltare in silenzio l’eco delle genti antiche? Carbonara, ad esempio, era il vecchio nome dell’attuale Aquilonia, primissima Irpinia venendo dal foggiano.
E guai a chi osi parlare di paese fantasma per Carbonara. Questo è un vero parco archeologico e così merita di essere trattato, considerato, amato. Il paese fu abbandonato dopo il terremoto del 1930. Siamo in alta Irpinia, vicini anche alla bella Monteverde, con il suo castello e soprattutto con lo straordinario e grande Spettacolo dell’Acqua. Due posti che valgono una visita.
Ti sposti di qualche decina scarsa di chilometri e giungi a Montefusco, una volta centro politicamente importante, località oggi piccola ma per secoli vera capitale del vecchio Principato Ultra e, dunque, ben più importante della stessa Avellino.
È la nostra terza e ultima tappa. Il centro domina un’area montuosa al confine con la zona beneventana, vistosamente distaccata dalle ultime catene del Partenio. Proprio la vicinanza con Benevento dava a Montefusco la possibilità di controllare a vista la città «delle streghe».
Confina con la minuta San Nazaro, tra i borghi più piccoli del beneventano. Zona dunque di confine. E al confine torniamo, visto che, stavolta con il napoletano, al confine è quella silenziosa Lauro da cui siamo partiti, paese dove il castello è «re» in un territorio semplice. L’Irpinia la ami perché sai che qui c’è tutto. Un tutto semplice e vero.
Nella foto in alto, il Castello Lancellotti di Lauro