Quando l’architettura si fa con le mani

Al FabLab di Bitonto, centro tecnologico del Politecnico di Bari, la terza edizione del “Self-made Architecture”, con la partecipazione di giovani professionisti da tutto il mondo

Per comprendere il senso originario di una parola, bisogna risalire alla sua etimologia. Nel caso dell’architetto, il termine deriva dal greco arkhitéktōn che significa “capo costruttore”. Tuttavia, per la specializzazione che nel tempo hanno assunto le professioni e, soprattutto, per la scissione che si è creata fra l’ambiente universitario italiano e la realtà del mondo del lavoro, i laureati nell’antica disciplina, in genere, non hanno molta dimestichezza con gli aspetti più concreti dell’arte del costruire.

In molti casi gli architetti possono avere grandi idee e intuizioni ma, all’atto pratico, dimostrano di non sapere come si modella un concio di pietra o si fabbrica un apparecchio murario. Eppure, realizzare personalmente un progetto di architettura, tanto da poter “toccare con mano” il risultato, è sicuramente la cosa che dà più soddisfazione.

Riuscire a dare forma concreta alla propria idea, entrando direttamente nel processo costruttivo, mediante verifiche, rettifiche e variazioni, completa e gratifica l’opera del progettista. A partire dagli studenti che, in tal modo, si trovano a un livello di preparazione più elevato e adeguato all’inserimento in un mercato del lavoro di per sé molto complicato. In questa direzione va “Self-made Architecture”, International Summer Academy giunta alla terza edizione e realizzata, per la prima volta, presso il FabLab, centro tecnologico del Politecnico di Bari, recentemente inaugurato nella zona artigianale di Bitonto.

Studenti all’opera durante la Academy del 2018

Tutto ha avuto inizio nel 2013, come spiega l’arch. Nicola Parisi, direttore del FabLab, quando si è pensato di creare qualcosa che offrisse la possibilità sia a studenti che a neoprofessionisti di cimentarsi sugli aspetti pratici dell’architettura attraverso il concetto dell’auto-costruzione. Si tratta dell’assunzione di consapevolezza, da parte delle persone, delle questioni riguardanti la propria casa, attraverso l’impegno diretto nel processo di fabbricazione. La Academy intende “mettere il tecnico nelle condizioni di governare il processo dell’architettura, utilizzando sia l’intelletto che le proprie mani”.

In tal modo, architetti e ingegneri si assumono anche la responsabilità dell’esito della propria progettazione, partecipando a tutte le fasi necessarie al compimento della struttura. Da subito, l’idea è stata quella di mettere in campo “cantieri scuola” paralleli. “A quelli che riguardano le tecniche antiche e mettono in pratica i metodi derivanti dalla storia dell’architettura, viene affiancato il laboratorio che, attraverso la ricerca di cui mi occupo personalmente, sperimenta nuovi metodi di costruzione”, chiarisce Parisi.

Per la prima edizione della Academy questi cantieri sono stati situati in atri di palazzi storici della città. In Atrio San Nicola (nei pressi della cattedrale) è stata costruita una volta a vela con il metodo “alla saracena”, in gesso e laterizi, alla presenza del maestro scalpellino Gregoire Delau; a Palazzo Rogadeo l’architetto Francesco Poli ha seguito gli studenti nell’utilizzo del bambù mentre a Palazzo Gentile è stato realizzato un padiglione con il metodo dei “piccoli pezzi”. Quest’ultima esperienza è l’applicazione di una ricerca di Parisi che, da “ricercatore contemporaneo”, con gli studenti della Academy ha potuto sperimentare nuove tipologie costruttive.

L’arch. Nicola Parisi durante la realizzazione del padiglione ad Ankara

Da subito l’iniziativa è stata internazionale, in quanto ha coinvolto sia tecnici italiani che stranieri. La prima edizione, alla quale ha partecipato un’ampia delegazione della Atilim University di Ankara, ha avuto una grande risonanza grazie all’aspetto formativo dell’esperienza che unisce all’applicazione sulle tecniche costruttive la conoscenza dei luoghi. Tanto da spingere l’organizzazione a realizzare una seconda edizione della Academy, scegliendo di spostarsi nella capitale turca, in un’ottica di alternanza delle sedi designate ad accogliere l’iniziativa.

Ad Ankara, nel 2015, sono stati realizzati due prototipi. “Il primo replicava una costruzione di legno tipica dell’area anatolica, mentre il secondo riproponeva un altro padiglione di mia concezione con nuovi sistemi a piccoli pezzi”, riferisce l’arch. Parisi. In linea con i metodi dell’auto-costruzione, per realizzare questa struttura è stato utilizzato anche materiale di recupero prelevato da un cantiere vicino alla piazza in cui si svolgeva l’evento.

La terza edizione, infine, è quella conclusasi pochi giorni fa a Bitonto, che si è aggiudicata un bando specifico sulle summer school ad alto profilo, fruendo del finanziamento della Regione Puglia. Se per le prime edizioni sono stati intrapresi accordi diretti con le università, quest’anno, per la prima volta, è stata aperta una call internazionale, rivolta sia a studenti sia a ingegneri e architetti. Dei ventisette partecipanti selezionati, metà sono giovani provenienti da vari stati tra cui Canada, Stati Uniti, Spagna, Ungheria, Albania e Libano.

Il gruppo dei partecipanti alla International Summer Academy di quest’anno, presso il FabLab di Bitonto

Il tema dell’edizione di quest’anno è stato l’utilizzo del design parametrico, tecnica che costituisce un’importante frontiera nel futuro dell’architettura. Per contestualizzare il lavoro svolto nella settimana della summer school, si è deciso di pensare a un allestimento dell’area dove un tempo sorgeva la chiesa di Sant’Aneta. “Attualmente c’è un vincolo della Soprintendenza, ma oramai non c’è che un cumulo di macerie”, spiega Parisi.

L’idea è stata quella, allo stesso tempo, di ricordare l’antica presenza con un progetto contemporaneo e risistemare un’area che non ha ancora perso il suo valore urbano e sociale. Gli esiti di questo lavoro saranno presentati alla cittadinanza a settembre, in occasione dell’uscita della pubblicazione conclusiva della terza edizione della “Self-made Architecture”.