Che bella la settimana del Bif&st. La sveglia suona e non la rimandi di cinque minuti in cinque minuti, ma sperimenti un risveglio rapido, indolore. Bellissimo, perché pregusti quell’acquolina in bocca, quella contentezza piena, il buon umore di chi sa che a breve vedrà film, incontrerà attori e attrici per strada, registi di qualunque nazionalità che si accalcano fuori dai bar, in attesa della loro tazzina di caffè o di mangiare qualcosa di buono, si spera non un’insalata. Vedi questo capoluogo pugliese che risplende. Che si è vestito a festa.
Ti dirigi al Galleria, al Petruzzelli o al Kursaal, e le file che fai sono perfino piacevoli. Magari si facessero file solo per entrare nei cinema e non per arrivare allo sportello della posta, per poi scoprire che hai sbagliato il numerino come uno sprovveduto qualunque. Poi, si entra in sala. Ci si siede, dietro possibilmente. Un critico o una giornalista o chi ha montato il film o forse chi l’ha girato parlano, dicono qualcosa sul lungometraggio.
“L’io morettiano”, “il senso di Lynch è…”, “noterete il male gaze”, “fate attenzione allo sguardo del protagonista…” e tutto quello che si dice di solito davanti ad un pubblico e che non si osa ripetere in fila alla posta. Lì c’è solo gente arrabbiata. Nel cinema solo gente felice, che ascolta di buon grado, anche se non capisce che la metà delle cose che sente. Poi, la luce si spegne, la magia inizia. Tutto si fa improvvisamente chiaro, finanche le parole scure di quel critico famoso e, così, capiamo che i film andrebbero semplicemente visti. Non serve spiegarli.
Ma ora torniamo a noi, a questo terzo giorno di Bif&st. Abbiamo iniziato questa giornata con il piede giusto o, almeno, l’ha iniziata per bene chi ha visto stamattina Bianca di Nanni Moretti al Kursaal, questa gemma in stile liberty che rende ancora più bella, con i suoi intarsi e la sua balconata, l’esperienza cinematografica. Bianca non credo sia il mio film preferito del regista, ma è certamente tra quelli che preferisco.
Così ironicamente onesto. Così pronto a mostrare la realtà con quel pizzico di esasperazione che serve a farne una parodia. Una parodia che è sempre specchio dei tempi, perfino dei nostri. Della scuola, degli insegnanti, dei viaggi d’istruzione, di quello che riteniamo sia cultura e di ciò che finisce col diventarlo con il tempo. Lucio Battisti, per esempio, il calcio degli anni ‘70, tutto ciò che è vetusto diviene venusto grazie all’opera salvifica del tempo, che ci fa guardare al passato come fosse sempre meglio del presente. Woody Allen ha definito questo nostro vezzo “sindrome epoca d’oro”. Mi sa che ci aveva visto giusto.
Eppure, non è che l’oggi sia sempre così male come pare siamo convinti. Ieri, perdonate il salto temporale, ho assistito all’intervista a Celeste Dalla Porta al Multicinema Galleria. Era il primo di una serie di incontri, che si chiama Il segreto d’attrice, e durante il quale Piera Detassis intervisterà una serie di attrici. Oggi, per dire, ci sarà Carolina Crescentini. E ditemi se è poca cosa!
La giornalista, nonché membro della Giuria dei David di Donatello, ha fatto una serie di domande a Dalla Porta che, sin dal momento in cui è entrata in sala, non sembrava neppure lontanamente la protagonista iconica di Parthenope di Paolo Sorrentino. Era totalmente diversa. Timidissima, con gli occhi sempre bassi, grata di essere lì, ma impreparata davanti a tutto quel successo.
Ha parlato del film, ma la parte più interessante è stata di certo il modo in cui è entrata nel ruolo. “Non ho ricevuto subito la parte, ho dovuto fare almeno venti provini” confessa. Il regista aveva una visione e ha fatto sì che lei entrasse in quel ruolo, pezzo dopo pezzo, parte dopo parte, lentamente ma inesorabilmente. Ne ha tirato fuori qualcosa di totalmente diverso. Ma non è forse questo essere un’attrice? Divenire del tutto diversi? Eppure, era una trasformazione talmente tanto strabiliante che l’intera sala, ovviamente piena, non riusciva a capacitarsi di quel miracolo. Come ha fatto questa esile e umile ragazza a diventare Parthenope? Non si sa. È qui il vero segreto.
Intanto questa sera, al Petruzzelli, vi sarà la proiezione del film Una figlia di Ivano De Matteo. Saranno presenti in sala il regista e gli attori Stefano Accorsi e Ginevra Francesconi. Per la sezione Pomeriggi di Cinema, alle 17, è in programma la proiezione de La casa degli sguardi di Luca Zingaretti, presente in sala per un incontro condotto da Chiara Tagliaferri.
Le proiezioni al Kursaal continuano con due lugometraggi per la sezione in concorso Meridiana: Afrodite (ore 16) di Stefano Lorenzi con Ambra Angiolini e Giulia Michelini. Il film racconta la storia di un’esperta sommozzatrice, Ludovica, costretta dalla mafia a recuperare un carico misterioso da un relitto sommerso. Intrappolata in un mondo di violenza e segreti, trova in Sabrina un’inaspettata alleata. Il mare diventa l’unico spazio di libertà e ribellione. Presenti in sala regista e attrici per un incontro condotto da Marzia Gandolfi.
A seguire, alle 19, un film che vi esorterei a non perdere: Les Miennes ((Y)our Mother) di Samira El Mouzghibati narra in prima persona il suo essere la più piccola di cinque sorelle, in risposta a un tragico evento tenuto segreto. Presente in sala, la regista sarà protagonista dell’incontro coordinato da Marzia Gandolfi. La giornata si conclude alle 21,30 con la proiezione di La messa è finita (1985) per la Retrospettiva Moretti.
Gli appuntamenti sono talmente tanti, che vi consiglierei di dormire al Petruzzelli o al Galleria. Scegliete le poltrone che vi sembrano più comode. Ci vediamo domani con il racconto della quarta puntata di questa sedicesima edizione del Bif&st.