Attraverso le Porte Sante passa la speranza

Oltre la cattedrale di Bari, sono diversi i luoghi di culto in tutta la provincia in cui si può fare esperienza diretta del messaggio di fede annunciato dal giubileo

Tra le Porte Sante delle quattro basiliche papali, ormai aperte da giorni – San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le mura – sfilano, come stretti in un abbraccio caloroso, i pellegrini giunti a Roma per il Giubileo della Speranza.

Sono milioni i fedeli, provenienti da ogni angolo del mondo, che varcheranno queste porte sino a fine anno, in cerca di una risposta interiore ai difficili quesiti che i tempi impongono. Un’umanità spesso smarrita, attratta dalla speranza di un incontro profondo, in grado di risvegliare nelle coscienze le ragioni della fratellanza e della solidarietà in un mondo che appare dominato dall’indifferenza, dall’egoismo, dalla superficialità. 

In realtà, i pellegrinaggi giubilari sono stati avviati in tutte le diocesi, con l’apertura di numerose “porte sante” per consentire a tutti – giovani, anziani, famiglie, gruppi – di vivere in pieno quest’anno di grazia. In Puglia sono oltre 80 i luoghi di culto in cui ricevere l’indulgenza giubilare, il perdono dei peccati con il sacramento della comunione, dopo la confessione, partecipando alla messa e pregando secondo le intenzioni del pontefice ma, soprattutto, varcando le sante soglie.

Nell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto, oltre la cattedrale, i pellegrini potranno scegliere di raggiungere una delle sei chiese alle quali l’ufficio diocesano ha attribuito una particolare caratteristica per guidare i fedeli a vivere con maggior consapevolezza “il passaggio della Porta Santa”.

La basilica dei Santi Medici a Bitonto

Il Santuario dei Santi Medici, a Bitonto, accoglie i pellegrini per riflettere e pregare sul valore della speranza inteso come cura, grazie alla presenza della fondazione intitolata ai martiri, con le tante attivite caritative e sociosanitarie. Francescane sono le altre chiese in cui è possibile varcare la porta santa. Il Santuario del Beato Giacomo, a Bitetto, è dedicato alla ricostruzione della speranza, con la possibilità di soffermarsi sul valore dell’ascolto e della condivisione dell’esperienza del dolore. A Capurso, il pellegrinaggio al Santuario della Madonna del Pozzo è incentrato sul sacramento del battesimo: l’acqua come simbolo di rinascita. La Chiesa di Santa Fara, a Bari, è il luogo d culto in cui a nutrire la speranza è il sacramento dell’eucarestia come offerta e dono per i fratelli, mentre nella Chiesa di Sant’Antonio da Padova, sempre a Bari, la speranza è declinata nell’accoglienza e nel servizio al prossimo, ponendo l’attenzione a coloro che cercano sollievo spirituale nel caos cittadino.

L’anno santo metterà in cammino, come si è detto, milioni di fedeli in preghiera lungo i sentieri che conducono alle porte sante. I pellegrini non solo potrano raggiungere la città eterna, ma grazie ai diversi cammini che collegano i tanti luoghi di preghiera, avranno la possibilità di compiere un vero e proprio percorso di fede. Le due “p” di pentimento e pellegrinaggio rappresentano le bussole a cui orientare la propria riflessione e le proprie azioni nell’appuntamento straordinario col giubileo. Bussole che, in realtà, dovrebbero essere al centro della vita di ogni credente ogni giorno dell’anno.

Il santuario del Beato Giacomo a Bitetto

Apparentemente potrebbe sembrare un atto meccanico, quello di passare attraverso la porta santa; una ritualità collegata alla vita dell’istituzione religiosa. E, invece, ogni giubileo è una scossa alle coscienze, un appello a rompere i vecchi schemi, ad impegnarsi nella direzione del bene senza cedere alle “lusinghe” del male. Un periodo propizio per invitare gli uomini e le donne di buona volontà, i potenti della terra, gli amministratori a mostrare segni concreti di misericordia. Nella bolla di indizione del giubileo, Spes non confundit (La speranza non delude), papa Francesco sollecita i governi a forme di amnistia, di condono della pena per i detenuti, rifacendosi proprio ad alcuni versetti del Levitico, nell’Antico Testamento, in cui si auspicano clemenza e libertà.

Francesco ha aperto egli stesso una porta santa nel carcere di Rebibbia mostrando, ancora una volta, una particolare attenzione per quella umanità sofferente. Non solo: tra i segni descritti nella bolla, oltre al deciso appello alla pace che non deve mai smettere di essere invocata, il papa invita a soffermare lo sguardo sui giovani, sulle famiglie, sul desiderio di generare vita, soffocato da diverse ragioni di carattere sociale.

La basilica della Madonna del Pozzo a Capurso

Il giubileo è, poi, una preziosa occasione per esortare le nazioni più ricche a condonare i debiti dei paesi più poveri: il papa rinnova continuamente l’appello affinché con il “denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari si costruisca un fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e per lo sviluppo dei paesi più poveri”. Annunci in controtendenza con l’aumento delle spese militari per i tanti e nuovi conflitti. Potrà spegnere il fuoco della guerra il giubileo?

La speranza, in questo anno particolare, non può limitarsi ad un semplice auspicio, ma sostenuta dalla pazienza deve cambiare la prospettiva della vita. Spesso si resta ancorati al passato, ai drammi della storia e della cronaca quotidiana. Eppure proprio nella Spes non confundit il papa offre una indicazione semplice, ma determinante, sugli atteggiamenti da porre in atto nel quotidiano: “Perdonare non cambia il passato, non può modificare ciò che è già avvenuto; e, tuttavia, il perdono può permettere di cambiare il futuro e di vivere in modo diverso, senza rancore, livore, vendetta. Il futuro rischiarato dal perdono consente di leggere il passato con occhi diversi, più sereni, seppure ancora solcati da lacrime”. Gli spunti della bolla giubilare sollecitano fortemente a ritrovare un senso alle proprie azioni e inclinazioni.

Non sono pochi i richiami di papa Francesco a creare azioni che sostengano le famiglie e soprattutto le coppie che desiderano crearne una. Tommaso Cozzi, diacono permanente e direttore della Pastorale sociale e del lavoro dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto offre una prospettiva di speranza, a partire dal suo impegno nella chiesa locale con tante coppie e giovani che intendono progettare il loro futuro: “La famiglia deve avere speranza perché è il fondamento su cui si costruisce la vita di ogni individuo. La speranza è ciò che permette di affrontare le difficoltà con fiducia, nella convinzione che ogni ostacolo possa essere superato insieme. È il faro che guida nelle tempeste, dando forza ai genitori per educare i figli e ai figli per crescere con valori solidi”.

La chiesa di Santa Fara a Bari

“La speranza crea resilienza: anche nei momenti più bui, aiuta a vedere possibilità di cambiamento e miglioramento. Una famiglia che coltiva la speranza – prosegue – trasmette ai suoi membri il coraggio di sognare e di perseguire i propri obiettivi. Senza speranza, si corre il rischio di rassegnarsi alle difficoltà, mentre con essa ogni problema diventa una sfida da affrontare insieme. La speranza rafforza i legami, incoraggiando il dialogo, la comprensione e il sostegno reciproco”. In qualche modo la famiglia è la prima costola della società, il nucleo principale attraverso cui sviluppare l’impegno civile per diventare cittadini consapevoli. Così Cozzi, insieme ad un’equipe di esperti ha avviato Politicamente corretti un percorso diocesano di formazione all’impegno civile e politico sui temi della democrazia e della partecipazione.

La famiglia è una fiammella che dovrebbe irradiarsi su tutta la società: “La speranza legata alla famiglia è una fonte di energia che alimenta l’amore e la fiducia, creando un ambiente in cui tutti possono sentirsi accolti e valorizzati. E’ dalla speranza che occorre partire per costruire il futuro, non solo per sé stessi, ma per il mondo intero. Una famiglia piena di speranza è una famiglia che semina luce, forza e amore nel cuore di ciascuno”, osserva.

Un bagliore concreto di speranza lo offre Leonardo Paolillo, originario di Putignano, missionario che presta servizio nella Parrocchia del Preziosissimo Sangue di Bari e che in primavera sarà ordinato sacerdote. Da tempo è impegnato, in particolar modo, con i giovani e in essi mostra sempre una speranza carica di entusiasmo: “L’etimologia della parola speranza deriva dal latino spes, che a sua volta deriva dalla radice sanscrita ‘spa’ che significa tendere verso una meta. È bello notare come questo verbo non riguarda esclusivamente l’attesa di qualcosa che potrà accadere in futuro come ad esempio un mondo migliore, una società diversa, una chiesa rinnovata. Di fondo, il termine speranza pone l’accento su un atteggiamento che riguarda il presente, il tendere, l’andare verso una direzione, dirigersi, protendersi”.

Ma cosa è la speranza per un giovane missionario che proprio in questo anno riceverà il dono del sacerdozio? “Per me speranza è dirigermi, andare incontro, anzi, incontrare una persona che quotidianamente non smette di sperare in me anche e, soprattutto, quando nessuno pensa sia possibile farlo. Questa persona – afferma don Leo – è Cristo che, amando in questo modo dilata, allarga il cuore donandomi una gioia immensa. Tutto ciò ricade nella mia vita quotidiana e nella missione che il Signore mi affida. Passando i miei giorni in oratorio, al fianco di ragazzi con cui quasi nessuno vuol stare, di cui nessuno si vuole occupare, in cui nessuno pone una speranza, mi ricordo quanto e come sono amato. In tal modo Cristo mi dona il Suo sguardo pieno di speranza nei confronti di questi giovani e la forza il coraggio di amarli come Lui li ama: cioè sperando in loro.”

La chiesa di Sant’Antonio da Padova a Bari

Seminare la speranza a partire dai più piccoli dilata lo sguardo oltre l’orizzonte, ricordando la missione di vita a cui ogni essere, donna e uomo, è chiamato. Tendere alla vita come affidamento è il pensiero di Virginia Giordani, missionaria dell’Immacolata di Padre Massimiliano Kolbe che, insieme ad altre consacrate segue la spiritualità mariana e missionaria del santo, nel quartiere Libertà di Bari. Virginia, originaria della provincia di Bologna, è spesso impegnata con i giovani, proponendo accompagnamento e percorsi spirituali e di crescita, ma ha vissuto un lungo periodo di missione in Sud America e in Polonia.

Alla luce della devozione mariana sullo sfondo del carisma di san Massimiliano Kolbe, tra le testimonianze più autentiche del Novecento, il pensiero di Virginia sul vero senso della speranza parte dalla figura della Madonna: “Ci infonde forza e fiducia nelle prove, ci spinge a guardare oltre gli ostacoli, ci asciuga le lacrime, ci fascia le ferite, ci incoraggia a non mollare. E quando non siamo in grado di camminare con le nostre gambe, perché ci sentiamo piccoli e incapaci, quando una malattia ci assale, una caduta ci fa sprofondare, quando il senso del nostro nulla ci paralizza, quando attorno a noi l’oscuritá sembra avere il sopravvento, quando si palesa la morte e la paura e l’angoscia tentano di divorarci, Maria ci stringe al suo cuore e ravviva la speranza.”

Diffondere la speranza in contesti di precarietà è una vera e propria scalata. Ma il giubileo è la strada che può aiutare a diffondere semi di pace per l’intera umanità.

Nella foto in alto, l’apertura della Porta Santa presso la cattedrale di Bari