“Quando ascolto i brani, per scegliere le band o i solisti da inserire nel programma, chiudo gli occhi e mi lascio trasportare in lande sconfinate e lontane”. Beppe Granieri, ideatore e direttore artistico del Bitonto Blues Festival, descrive così il modo con cui costruisce la scaletta del rutilante evento estivo, che quest’anno ha tagliato il suo dodicesimo traguardo.
Un istinto naturale che gli permette di cooptare gli artisti più talentuosi nel ricco panorama di proposte, allungando sempre più la storica passerella di celebrità, da un lato, e continuando ad ampliare il parterre degli appassionati dall’altro. Una lunga sequela di successi confermati da un pubblico sempre più numeroso.
Beppe è un sognatore, ma come tutti i visionari ad un certo punto ha dovuto fare i conti con la realtà: mettere su un evento di una tale risonanza necessita di significative risorse economiche. Il suo entusiasmo è stato straripante sin dalla prima edizione, tanto da indurlo a realizzare anche un appuntamento invernale e diverse preview. Col passare degli anni, tuttavia, i fondi a disposizione si sono ridotti e la kermesse si è concentrata nelle tre serate di settembre, come ormai da consolidata tradizione.
A distanza di qualche tempo dai giorni convulsi dell’evento, con l’anima e la mente finalmente resettati, dopo giorni e giorni di contatti, trattative, sponsor, manifesti, permessi, palco, luci, amplificatori, trasferimenti, b&b, cene e, inevitabilmente, assegni da firmare, è il momento giusto per fare un consuntivo con il patron della rassegna su uno degli eventi più attesi dell’estate bitontina.
“Il comune sostiene generosamente la manifestazione e anche gli sponsor privati fanno la loro parte, barcamenandosi, tuttavia, in un mare di iniziative e di richieste”, osserva Granieri. Perché il nocciolo della questione sta proprio nel gran numero di eventi nati e cresciuti nel tempo in quella che è definita la “Città dei festival”, tanto da costituire un tratto distintivo delle programmazioni culturali e uno slogan più volte ribadito dall’amministrazione cittadina. Ma Beppe non demorde e rilancia, consapevole che il valore aggiunto della manifestazione sia nel clima di calorosa accoglienza riservata agli artisti dall’organizzazione e dal pubblico che li segue con assoluta fedeltà.
“Tutti gli artisti che si esibiscono al Bitonto Blues Festival conservano il ricordo, oltre che di giornate di buona musica, soprattutto di un’esperienza ricca di sincera e calorosa simpatia. Tant’è vero che il legame con i musicisti dura a lungo negli anni”, spiega il direttore artistico. E l’ultima edizione non ha fatto eccezione alla regola: un grande e festoso bagno di folla, destinato a lasciare un ricordo indelebile tra i musicisti, lo staff e il pubblico accorso in piazza Cattedrale.
La formula è rimasta la stessa, nel solco della tradizione, tranne che per alcune varianti rivolte a creare un’atmosfera ancora più calda e coinvolgente. Il palco è stato disposto di spalle all’obelisco per creare una platea più raccolta: come un salotto, un “caffè concerto” in grado di accogliere in un grande abbraccio anche le persone sedute ai tavoli di bar e ristoranti. “Forse è apparsa una soluzione limitante per il classico pubblico dei festival; ma la scelta mirava a coinvolgere nell’ascolto tutti, fans scatenati ma anche il pubblico più riflessivo, essendo l’evento aperto a più declinazioni del genere musicale principale: soul, rhythm and blues, rock and roll e tanti altri generi”, chiarisce Granieri.
Si è detto della varietà delle scelte artistiche, un punto di forza della kermesse musicale, con sei band, due per serata, salite sul grande palco nel cuore del centro antico. Passando dai ritmi travolgenti alle ballate più riflessive, dai tradizionali giri acustici alle contaminazioni e alle miscele piene di sfumature differenti ma tutto sotto l’ampio e generoso cielo del blues. Trovare un filo conduttore di tutte le performance, dal concerto del Sebastiano Lillo 4tet a quello di Lebron Johnson, dai Dago Red a Umberto Porcaro al David Place trio ai Mustang non è facile; ma tutti gli artisti sono stati diversamente validi e altrettanto straordinari nel dare una personale narrazione musicale al repertorio scelto per l’occasione.
E gli applausi scroscianti della platea, rimasta ogni sera sino alla conclusione dei concerti, è la testimonianza di come l’amalgama sia perfettamente riuscita. Un successo in cui c’è anche la frizzante conduzione di Pierluigi Morizio, con la sua profonda conoscenza della materia e la verve attoriale, e il solido lavoro di Blu & Soci, l’associazione di cui Beppe Granieri è presidente.
La storia del Bitonto Blues Festival è strettamente legata a quella di altre importanti rassegne del settore: in particolare, il Blues Made in Italy di Cerea, in provincia di Verona, e il South Italy Blues Connection di Matera. Un gemellaggio che ha permesso a Granieri di tessere una fitta trama di preziose relazioni, che gli consentono di baipassare manager e agenzie, stringendo accordi direttamente con gli artisti. Ciò che consente al festival bitontino di allacciare con quanti salgono sul palco solidi legami di amicizia; di sentirsi davvero tutti parte di una grande famiglia.
Per questo ogni anno e nonostante le tante difficoltà, quando la complessa macchina dell’organizzazione ricomincia a girare, ogni dubbio, ogni stanchezza, ogni ostacolo viene cancellato dall’entusiamo per una nuova ed esaltante avventura.
Certo Beppe sarebbe felice di ottenere per il suo festival un riconoscimento “istituzionale” soprattutto “economico” oltre al “patrocinio gratuito”, da parte di enti quali la Regione e la Città Metropolitana, alla luce della maturità raggiunta dalla manifestazione e del largo consenso riscosso ben oltre i confini cittadini.
Ma è certo che continuerà a investire la propria passione nel festival. Perché non c’è gratificazione più grande per chi ama la bellezza della musica e tiene davvero all’amicizia di sapere realizzato e apprezzato il proprio sogno più grande.
Nella foto in copertina, Lebron Johnson sul palco del Bitonto Blues Festival (foto Max Robles)