Gli articoli sulle quattro cisterne pubbliche costruite a Bitonto, in prossimità delle porte urbane e fuori dalle antiche mura, hanno chiarito come i vari amministratori della città abbiamo risolto, lungo i secoli passati, il problema dell’approvvigionamento idrico a beneficio della parte più povera della popolazione.
Di queste riserve idriche la prima, la Pescara della Commenda (leggi qui), costruita in una imprecisata data nel corso del Cinquecento fuori Porta Robustina, purtroppo è andata perduta. La seconda, la Pescara della Corriera (leggi qui), completata nel 1585 fuori Porta Baresana, su quello che poi è divenuto il corso della città, è la sola visitabile internamente. La terza, la Cisterna di Santa Teresa (leggi qui), terminata nel 1612 fuori Porta Pendile, seppur in buono stato di conservazione, resta soffocata da un contesto molto alterato. Infine la quarta, la Cisterna del Carmine (leggi qui), realizzata tra il 1839 e il 1841 fuori Porta la Maja, l’unica della quale conosciamo il progettista, l’architetto Francesco Lerario, versa attualmente in uno stato di abbandono e di forte degrado.
In appendice a questa ricostruzione della storia delle cisterne pubbliche urbane, merita un approfondimento la vicenda relativa al rinvenimento del Pozzo della Fontana o della Fontanella, situato anch’esso nei pressi di Porta la Maja e ampiamente documentato negli atti dell’archivio comunale di Bitonto, conservati presso il Museo Archeologico della Fondazione De Palo-Ungaro.
Prima però è opportuno evidenziare le caratteristiche di due sistemi urbani nei quali sono stati realizzati due di questi serbatoi: due aree nevralgiche della Lama Balice, ovvero l’area di Santa Teresa e quella del Carmine.
LE DUE AREE DI SANTA TERESA E DEL CARMINE
Quest’ultima con la costruzione della cisterna del Lerario assume un carattere di somiglianza con quella di Santa Teresa. Le due aree sembrano quasi gemelle tra loro per la presenza delle stesse architetture, ma eterozigote per la differente relazione che si instaura tra loro nei due sistemi urbani. Entrambe sono caratterizzate dalla porta urbana per l’accesso alla città antica, dal ponte sulla lama, dalla chiesa e dal complesso conventuale annesso, con la relativa piazza antistante, dalla cisterna pubblica per l’approvvigionamento idrico e dalla fontana-abbeveratoio. In questo senso è interessante mettere in evidenzia proprio la differente logica insediativa adottata per la sistemazione urbana delle due aree in rapporto alla città antica, sagomata dall’andamento del vallone, ed il versante ad esso opposto.
Nell’area di Santa Teresa si ha una relazione assiale, diretta, tra le architetture caratterizzanti lo spazio urbano, che creano un rapporto chiuso: in particolare, vi è un dialogo frontale tra l’accesso alla città costituito dalla vecchia Porta Pendile, di cui purtroppo non vi è più alcuna traccia, e la seicentesca chiesa di Santa Maria del Popolo con l’annesso settecentesco convento. Queste fabbriche si pongono, difatti, come fondale a tutto il sistema nella sequenza: porta / ponte / piazza / chiesa-convento. Tra la porta urbana e il convento si frappone il ponte, eretto tra il 1846 e il 1850 dal Castellucci, e la piazza Carmine Sylos. La grande cisterna, che prende il nome dall’adiacente chiesa, che come abbiamo già detto è stata realizzata nel 1612 e poi restaurata nel 1822 dall’architetto Giuseppe Gimma, è posta di lato assieme alla fontana-abbeveratoio ad essa integrata, in modo trasversale al ponte, in maniera tale da assecondare l’andamento del torrente.
Nell’altra area, quella del Carmine, invece, le architetture che definiscono la sistemazione urbana si susseguono su quinte sghembe, disposte lungo l’importante arteria che taglia Piazza Ferdinando di Borbone, la vecchia strada Mediterranea, che conduce sia a Palo del Colle che a Modugno, creando una separazione tra le stesse architetture.
L’area è dominata dall’imponente edificio dell’Istituto Maria Cristina di Savoia, l’orfanotrofio costruito tra il 1839 e il 1852, su progetto dell’architetto Luigi Castellucci, e concepito come una “veste” neoclassica che avvolge la vetusta fabbrica quattrocentesca della chiesa di Santa Maria delle Lame e del convento. In questo sistema urbano la porta la Maja e il ponte del Carmine sono gli unici elementi disposti in modo assiale, mentre l’Istituto e la cisterna, che si fronteggiano, secondo differenti giaciture, sono divisi proprio dalla strada. La cisterna del Carmine, progettata nel 1838 dall’architetto Francesco Lerario, è sottoposta rispetto alla quota della strada, innalzata al momento della realizzazione del ponte del Carmine tra il 1846 e 1860 sempre su progetto di Luigi Castellucci, perciò non è visibile. L’abbeveratoio posto sullo stesso lato della cisterna è da essa staccato, isolato, posizionato a margine della strada, mentre il piazzale, che prende lo stesso nome della strada, sembra assumere più la connotazione di un semplice slargo che quello di una piazza.
IL POZZO DETTO LA FONTANA
L’area del Carmine, prima della costruzione della cisterna del Lerario, davanti all’Istituto Maria Cristina di Savoia, viene interessata da un’altra annosa vicenda, che riguarda il rinvenimento e il tentativo di recupero del pozzo detto della “Fontana”, o “Fontanella”, situato fuori dalle mura della città nei pressi di Porta la Maja. La vicenda durerà per un lungo lasso di tempo, che va dal 1819 al 1908, protraendosi, quindi, abbondantemente dopo il completamento della nuova cisterna.
Di questo antichissimo pozzo non conosciamo l’esatta posizione né tantomeno è specificata o si riesce ad individuare dalla descrizione dei documenti dell’archivio comunale. Attraverso la lettura di queste scritture sappiamo, comunque, che il pozzo era ubicato davanti al ponte del Carmine, sul margine dell’alveo del torrente, però non si sa se sinistro o destro, rispetto alla direzione del flusso delle acque.
La vicenda ha inizio il 15 luglio 1819 con una comunicazione del sindaco, all’Intendente, che manifesta la volontà del decurionato, cioè del consiglio comunale, di compiere il tentativo di rinvenire la sorgente di un’antica fontana, nel sito davanti al ponte del Carmine. Il 10 settembre 1819 giunge al sindaco la risposta dell’intendente, con l’autorizzazione ministeriale.
Ancora una volta è l’architetto Giuseppe Gimma a ricevere l’incarico dal sindaco e ad adempiere ad esso presentando, il 5 novembre 1819, una perizia con il relativo piano d’opera dei lavori “necessari per utilizzarsi in vantaggio di questo comune in cavo che si trova eseguito davanti il soppresso Convento dei Carmelitani per rinvenirsi acqua sorgiva affinché lo stesso comune tragga da ciò il profitto di avere in esso cavo una cisterna di acqua piovana di una capacità generosa”.
Sempre il Gimma, dopo qualche anno, il 2 novembre 1822 redige un’altra perizia per “conoscere la spesa necessaria per ridursi a pubblica Cisterna il Cavo che fu fatto … in questo largo del Carmine, ove si pretendeva rinvenirsi l’acqua sorgiva”. L’architetto prosegue: “ho osservato di più che la dote per siffatto serbatoio è ben sufficiente … (e corrisponde a quella) dell’intiero Largo del Carmine e della strada superiore allo stesso largo”, facendo riferimento all’attuale Piazza Ferdinando di Borbone, divenuta in seguito “dote” naturale della cisterna progettata dal Lerario.
Il 21 maggio 1829, in una comunicazione all’intendente, il sindaco Carmine Sylos tiene a precisare che il pozzo detto “Fontana” “formerà il 5° serbatoio pubblico di grande capacità” considerando l’esistenza della Pescara della Commenda, quella sul Corso e di Santa Teresa, e del pozzo che in passato si trovava sull’attuale Piazza Guglielmo Marconi, del quale purtroppo non solo non vi è più alcuna traccia, ma non vi sono informazioni sufficienti per capire dove fosse ubicato. Sempre il Sylos in un’altra comunicazione all’intendente, del 2 giugno 1829, redige un importante rapporto – che come poi vedremo, sarà ripreso successivamente nel 1908 dall’architetto Masotino – nel quale descrive il pozzo detto “Fontana” nella sua conformazione e nelle sue dimensioni. Il 25 giugno 1829 il maestro muratore Vito Donato Rizzi presenta al sindaco una “perizia di progetto di opere di riduzioni e restauri occorrenti per utilizzare l’antica profonda Cisterna detta della Fontana presso il ponte del Carmine, nel comodo di questa popolazione di Bitonto”. Si tratta, in sostanza, della spesa necessaria per adattare il cavo del pozzo esistente a cisterna.
La vicenda, come anticipato, viene ripresa dopo tanti anni con l’intenzione da parte dell’amministrazione comunale di rinvenire nuovamente il pozzo, di cui si erano perse le tracce, a seguito dell’alluvione del 1846. Il 7 novembre 1908 il sindaco, che non è specificato nei documenti, ma in base alla data si presume si tratti di Michele Martucci, invia questa comunicazione all’intendente: “Questa amministrazione in esecuzione dei voti cittadini incaricò questo ufficio tecnico a fare delle indagini per scovrire il sito della così detta Fontanella a Porta Carmine contenente sorgenti di acqua. L’egregio nostro Ingegner Signor Masotino si è occupato della faccenda e dopo indagini accurate ha redatto una dettagliata relazione che mi pregio con premura trasmettere a V.S.. Il dare vita alla menzionata sorgente, coll’approfondirla ancora di più, sarebbe opera savia e benefica, ne’ la spesa sarebbe esagerata dappoiché fino a quaranta metri di profondità non vi sarebbe altro ostacolo che terreno accumulato. Sicché la escavazione per metà è già fatta e resterebbe a farsi altra 40 metri di cavo. Posto ciò, interesso V.S. perché prenda in considerazione il voto dei cittadini di mettere in funzione la sorgente di acqua … ostruita da precedenti alluvioni o praticandosi, con preferenza degli altri comuni, la trivellazione o dando lavoro agli operai disoccupati.”
A tal proposito è molto interessante la lettura della relazione “Sul pozzo della ‘Fontanella’ presso il ponte del Carmine fuori Porta la Maia”, firmata dall’architetto Giuseppe Masotino dell’ufficio tecnico del comune, il 30 ottobre 1908, che comunque non sortisce nessun esito e mette fine alla vicenda stessa. Nel documento, come già detto, il Masotino riprende i dati dimensionali e la descrizione stilata dal sindaco Sylos nel rapporto all’intendente del 2 giugno 1829, con una esposizione molto più chiara. Vale la pena riportare quasi interamente il testo trascritto: “Da un rapporto del Sindaco di questo Comune … del 2 giugno 1829 risulta che il così detto Pozzo della Fontanella, presso il ponte del Carmine venne espurgato dal limo dal quale era stato ricolmato da un precedente alluvione, cosa certo inevitabile perché sito nel letto del torrente che costeggia la città… Sull’origine del pozzo e sulla ragione per cui fu escavato non si sa dire nulla di preciso: il pozzo rimonta ad epoca immemorabile. Secondo il citato rapporto vuolsi che esso sia stato fatto per trovare probabili correnti sotterranee di acque potabili, che, per tradizione sempre scarsa è stata in questi luoghi dalle epoche più remote: e questa fu la ragione di espurgarlo nel 1829, nella speranza cioè di trovare acqua la quale pure allora scarseggiava per inusitata e prolungata siccità. … Il certo è che tutto il pozzo allora si riscontrò cavato nella roccia viva secondo una sezione rettangolare di palmi 18 per palmi 8 e mezzo (pari a metri 4.73 x 2.22); profondo palmi 130 (metri 32.39). A questo punto la sezione del cavo restringevasi ad una sezione ellittica, asse maggiore palmi 8, asse minore palmi 4 e mezzo (metri 2.10 e metri 1.18) e questo scendeva per altri palmi 44 e un quarto (pari a metri 11.70): raggiungendo così la profondità totale di palmi 174 e un quarto (metri 46.09). Superiormente e sotto il piano di campagna il pozzo era coverto da una volta in pietra, e sulla bocca, da cui attingevasi l’acqua, c’era un gran boccaglio circolare di un sol pezzo…”
“… in seguito ad apposite analisi, (l’acqua) riusciva di carattere poco potabile, si pensò di mutare il pozzo in cisterna, raccogliendovi le acque della vicina strada, e così dotare il paese di un’altra cisterna pubblica: all’uopo si proponevano delle opere di adattamento. Non risulta però se dette opere fossero state eseguite: certo è che furono autorizzate dalla Intendenza a seguito della citata relazione. Pare poi, che quando nel 1846 si verificò una piena straordinaria del torrente, da causare la caduta del ponte (progettato dall’architetto Francesco Lerario ndr), fuori porta Pendile più a monte del pozzo, e subito dopo quello del Carmine già nominato (con riferimento al ponte presente prima di quello realizzato dal Castellucci, ndr), la corrente impetuosa, travolgendo questo ponte, abbia pure causato la sua colmazione da farne smarrire ogni traccia: le cose sono rimaste così fino ad oggi. Ora, sempre spinti dal bisogno di acqua, con la guida delle notizie attinte dal cennato documento, ed in seguito alle vaghe indicazioni di vecchi cittadini, si sono eseguiti gli scavi opportuni per rintracciare l’ubicazione del pozzo: e di fatti esso si è trovato nella zona designata e si è proceduto allo sterro parziale fino cioè alla profondità di circa 5 metri dal piano di campagna (antico letto del torrente). Si è scoperto che la volta fu rotta e travolta dall’impeto delle acque … Le materie estratte sono composte da terra mista a pietrame minuto ed a pietre rivenienti dalla volta e dal ponte crollato”.
E ancora: “Il sottoscritto, tenuto presente quanto si asserisce dal citato documento del 1829, non crede cosa utile continuare lo sterro del pozzo: l’accertamento della sua ubicazione può essere utile nel caso che voglia farsi qualche esperimento di perforazione alla trivella per raggiungere gli strati più profondi del sottosuolo in cerca di acque sorgive più abbondanti: in questo caso il lavoro di perforazione fatto in quel pozzo potrà essere molto più economico, perché fino alla profondità di metri 46 non si avrà a fare in roccia compatta”.
CONCLUSIONE
Con questa relazione l’architetto Masotino pone fine ad una vicenda che nei fatti non avrà più un seguito. La storia è, tuttavia, la riprova di quanto all’epoca fosse davvero sentito il problema dell’approvvigionamento idrico e delle preoccupazioni e le ansie che destava. Lo dimostrano le parole stesse utilizzate dal tecnico comunale, in qualche passaggio, come ad esempio «sempre spinti dal bisogno di acqua… che, per tradizione sempre scarsa è stata in questi luoghi dalle epoche più remote… e scarseggiava per inusitata e prolungata siccità». La questione oggigiorno non sembra più colpire i centri urbani, ma in alcuni momenti continua a rappresentare un problema per l’agricoltura, settore nel quale l’acqua è fondamentale.
La foto in alto, è una cartolina storica dell’area nella quale si trovava in passato il pozzo detto “Fontana”, con vista dell’Istituto Maria Cristina di Savoia, del ponte e della cisterna del Carmine. Tutte le foto dell’articolo sono di Domenico Fioriello