Su queste pagine raccontiamo spesso il fascino dei borghi del Sud. Terre belle e da non romanticizzare perché spesso fonte di difficoltà e causa di abbandoni. Andiamo oggi un po’ più su. L’estate significa per molti maggior libertà di movimento. Ed ecco l’Umbria, cuor d’Italia e regione senza mare.
Siamo a Montefalco, provincia di Perugia, al centro dell’Umbria stessa. Istoriata in pittura rinascimentale da Benozzo Gozzoli e poi cantata in poesia da Gabriele D’Annunzio, si fregia del titolo di “Ringhiera dell’Umbria”, proprio per la sua amena collocazione paesaggistica.
La sua celebre piazza ne è il salotto elegante e ideale prima di arrivare giù al belvedere, lì dove guardi la grande piana di Foligno e scorgi già Spello e poi Assisi. Quando il tempo permette, ecco più giù anche Perugia. E sì, perché è questo il bello della grande valle umbra di cui Montefalco è regina imperiosa per via del poggio lievemente sinuoso su cui il centro si erge.
Ecco, così, a sinistra dell’abitato, la pittoresca Trevi e, dall’altra parte, Spoleto e paesini come Gualdo Cattaneo e Giano dell’Umbria, quest’ultimo noto anche per l’antica abbazia di San Felice, immancabile se siete da queste parti. La piazza di Montefalco è davvero teatrale. Ed un teatro vi si trova, non a caso: è l’ex chiesa di San Filippo Neri, oggi appunto piccolo spazio culturale cittadino, specie nella stagione invernale.
In estate invece il teatro è naturalmente, scenograficamente lì: sulla piazza bella, ricca di locali dove degustare allegramente le meraviglie della gastronomia umbra e ad agosto munita anche di gradinate e reale palcoscenico per spettacoli, concerti ed eventi che fanno ormai di Montefalco una tra le mete più ambite del turismo e del buon divertimento umbro durante la bella stagione. La piazza squaderna bellezze e trova nel meraviglioso palazzo rinascimentale del Comune, cominciato già quando era il Palazzo del Popolo, il suo principale punto di riferimento estetico e d’impatto.
Suggestivo il colonnato rinascimentale e così anche la torre campanaria del comune, da cui il panorama è mozzafiato. Non è la classica piazza coi due poteri. Non mancano le chiese ma la matrice di Montefalco, intitolata a San Bartolomeo, è in posizione apparentemente più defilata. Qui però un altro piccolo scrigno artistico, a proposito di chiese minute ma affascinanti, è la cappelletta di Santa Maria de Platea, con all’interno dipinti di Francesco Melanzio, pittore montefalchese vissuto tra ‘400 e ‘500.
E dalla piazza, attraverso un piacevole dedalo di stradine, arrivi a Santa Lucia, minuscolo tempio di fede del XII secolo, tra i tesori più nascosti e forse meno conosciuti del borgo. Borgo, già. Per Montefalco l’espressione si attaglia alla perfezione. La rocca protegge l’abitato ancora oggi, a simbolo classico di fortificazione medievale. Datano infatti al ‘300 le mura, costruite nel periodo avignonese, quando l’antica Coccorone, divenuta nel frattempo l’attuale Montefalco, contando sul potere della vicina Spoleto e su maestranze artistiche di valore come l’architetto Lorenzo Maitani, progettò la nuova fortificazione. La piazza s’eleva imperiosa allora a tutelare questo immenso patrimonio.
Una scena e coacervo di splendori cui arrivi dopo l’entrata da porta Sant’Agostino, detta così perché sale verso la chiesa omonima gotica, dove poter venerare antichi pellegrini e santi come fermati dal tempo nel loro istante di ricerca e preghiera e dove poter ammirare straordinari affreschi di scuola umbra del XIV secolo. Qualche decina di metri e si torna sulla piazza del Comune, da cui poi puoi scendere verso il citato belvedere attraverso via della Ringhiera Umbra con sulla destra obbligato stop alla chiesa museo di San Francesco: qui Benozzo Gozzoli ma anche un affresco del Perugino e tanta pittura rinascimentale.
Uno dei musei d’arte più prestigiosi del centro Italia. Ma Montefalco è un santuario d’arte a cielo aperto. Emblema questa piazza fantastica. La circolarità ne è specchio di perfezione. Al centro della sfera pensata nel medioevo ti senti un principe. Ti giri e hai bellezza in ogni dove. I palazzi delle nobili famiglie, altra offerta di Montefalco. E ti immergi in una bellezza che dal rigore austero e perfetto ti porta poi nelle vie di fuga d’attorno, quelle piccole, quelle delle stradine aggrovigliate, pensate per gli uomini antichi, per i carri al massimo, per le bestie. Perché qui la bellezza abbraccia la storia.
E la fede. Si pensi all’esperienza mistica di più santi cui questo luogo ha dato i natali o ha particolarmente venerato. La più importante è decisamente la monaca agostiniana medievale Chiara della Croce (1268-1308), religiosa che si inserisce nel corposo gruppo delle sante donne dell’Italia, soprattutto centrale, che nel basso Medioevo hanno specificatamente segnato la storia di queste bellissime terre. Si incontra Chiara nel monastero agostiniano omonimo, datato al 1600 ma con un primo nucleo coevo alla santa e dotato di apprezzabili affreschi di scuola umbra del XIV secolo (studiati a suo tempo da Roberto Longhi).
Una sosta “mistica” è d’obbligo anche al convento francescano di San Fortunato, l’altro patrono di Montefalco. Dimora suggestiva di fede e arte. Ma Montefalco non è solo ristoro dell’anima, qui ci si arricchisce anche a tavola. E questa è tutta un’altra storia. Vi diciamo solo un nome, nome di un vino: il Sagrantino. Eccelsi sapori. In questi casi, basta la parola. Tutto il resto è gusto.
Nella foto in alto, la scenografica piazza di Montefalco