Bari città aperta

Le migliaia di partecipanti al pride confermano la vocazione del capoluogo pugliese all'inclusione in tempi in cui torna a soffiare il vento dell'intolleranza

C’è un verso di Walt Whitman che credo si possa ben applicare alla giornata del Pride, in cui ognuno esprime orgogliosamente se stesso: “who touches this book touches a man”. Che tradotto, sta per “chi tocca questo libro tocca un uomo”. È tratto da Foglie d’erba, il capolavoro cui quello straordinario poeta americano ha dedicato tutta la sua vita, e con cui ha voluto esprimere una grande verità: ogni nostra azione ci rappresenta, in ogni nostra azione ci siamo noi.

Ci sono parti intere della nostra esistenza. Dove abbiamo studiato, cosa abbiamo letto, chi abbiamo amato. Tutto, dagli aspetti più degni di nota a quelli meno importanti. E chiunque metta tutto se stesso in quello che fa, senza risparmiarsi, compie un gesto rivoluzionario, perché decide di non nascondersi, di non ricorrere ad una maschera per avere una vita più facile. E qui, in questa giornata, tante persone hanno scelto deliberatamente di mostrarsi come sono, tanto che si può dire, sulla scia di quel famoso verso di Whitman, “chi tocca il Pride, tocca tante persone“. Chiunque ne abbia preso parte.

E, perciò, eccoli. Sono in piazza Umberto alle 15 del pomeriggio, con i loro cartelli, con le loro maglie, con le loro spillette, con i loro colori. Ognuno è diverso, ognuno è unico a modo suo, ma tutti sono uguali. Sono compatti, uniti da un unico desiderio: quello di essere così come sono e amare chi vogliono.

Sono orgogliosi semplicemente di quelli che sono e detestano chi lo fa loro pesare. Sono stanchi, ma non come quei giovani che Pasolini rievocava nelle poesie di Lettere Luterane, di una vita senza stimoli. Sono stanchi di una vita fatta di catene, impedimenti, odio mascherato di falsa retorica. Sono stufi di una società che non li vuole, che detesta la loro esuberanza. E allora Bari – polo queer dal suo primo pride, ben vent’anni fa – registra una partecipazione incredibile. Non si è mai vista tanta gente come quest’anno.

E qualcuno non può fare a meno di notare, tra le file di questo lunghissimo corteo, che numeri del genere siano una risposta al governo e alla sua politica omofobica, misogina, transfobica. Con la differenza che non c’è odio in piazza Umberto, in via De Rossi. Non c’è odio fino al teatro Margerita e giù fino al lungomare. “Il pride è la risposta più bella e coraggiosa che si può dare in un tale periodo, così pieno di odio” afferma Eugenia, una giovane studentessa di Palo del Colle che studia da un paio di anni a Forlì. Ha deciso di rinviare l’esame più importante di sociologia per essere a Bari, insieme ai suoi amici del liceo.

Non volevo mancare ad una giornata importante come questa” spiega, prima di unirsi al corteo e aiutare una sua amica a reggere uno striscione, che hanno retto per l’intera durata della manifestazione, senza sentire la minima stanchezza. In molti provengono da fuori Bari e sono scesi dal nord per partecipare al pride. Da Bologna, da Forlì, Torino, Campobasso. Tutti uniti a celebrare e proteggere con orgoglio la diversità e tutto ciò che vada oltre la norma.

In piazza, ci sono almeno mille persone. Ragazze, ragazzi, anche adulti, con i loro cartelli, i colori dell’arcobaleno sul volto. Si accalcano intorno al palco difronte all’ateneo, incuranti del sole e delle poche zone d’ombra. A prendere la parola su quel palco sono diverse associazioni, impegnate a combattere la discriminazione nel capoluogo pugliese. Anche il neoeletto sindaco, Vito Leccese, afferma di essere fiero della sua Bari, “una città libera di amare, una città che mostra oggi la propria libertà, come ogni giorno, senza terrore”.

E bisognerebbe provarlo eccome questo terrore. Perché fuori dai confini del capoluogo, ormai un polo queer, una città in prima linea nella lotta per i diritti LGBTQIA+, infuria l’odio, fomentato da un certo modo di intendere e fare politica. “È una lotta, quella contro l’odio nei confronti di chi è diverso, che non smetteremo di combattere. Ci arrenderemo solo quando ognuno di noi avrà la possibilità di esprimere se stesso senza temere alcuna ripercussione. È una manifestazione d’amore la nostra, che fa assai più rumore e ha assai più colori di qualunque altra forma d’odio”, conclude il sindaco, accolto dall’applauso generale. E l’ex primo cittadino, Antonio Decaro, che partecipa alla parata, aggiunge: “C’è ancora tanta strada da fare, ma Bari può essere fiera di quello che ha fatto e continuerà a fare. La grande partecipazione di oggi ci fa sentire più forti rispetto a questa battaglia, che stiamo facendo anche a livello nazionale per il riconoscimento dei diritti di tutti. Qui c’è solo gente che ama e vuole amare. È nostro dovere civico fare in modo che sia possibile”. La manifestazione conclude alle venti in quella stessa piazza dove tutto ha avuto inizio.

Il pride è un atto di protesta e autodeterminazione. Un potente atto politico. Tanto più necessario in momento storico in cui l’intolleranza ha il sopravvento; in cui si vanno perdendo tante certezze e appaiono sempre più in crisi i diritti fondamentali. In cui traguardi che sembravano essere ormai vicini si fanno più lontani. “Solo quando cesserà l’odio, cesseranno i pride“, recitava un cartello issato in alto da un gruppo di ragazzi che ha sfilato nelle strade di Bari. Una frase che condensa il senso di un impegno, a cui tutti devono portare il proprio contributo.

Le foto del Pride barese sono di Gianni Cataldi