Una torta a lama Balice per la festa dei rifugiati

La giornata dedicata ai migranti è l'occasione per un bilancio delle attività svolte da Auxilium a Bitonto per accoglierli e offrire loro un futuro di pace e dignità

Aan, Duaa, Abdul, Awa e Christian sgambettano felici a Lama Balice. E con loro Antonio,  Fiammetta e tanti altri. Alcuni hanno nomi complicati. Sotto il pergolato siamo tutti seduti ai tavoli. Abbiamo due occhi e un naso, una bocca e due braccia, colori diversi della pelle. Dei vestiti, le scarpe, una terra sotto di noi, alcuni una terra dietro di sé.

È la Giornata mondiale del rifugiato e del richiedente asilo. La giornata di quelli che la casa l’hanno lasciata non per qualche ora per poi tornarvi, ma spinti dalla guerra, dalla distruzione, povertà, carestia, fanatismo religioso. Sono quelli che arrivano coi barconi o con ogni mezzo. Che sbarcano di notte e nessuno vuole perchè sono tanti, troppi; sono “brutti, sporchi e cattivi” e “ci tolgono il lavoro e la quiete nostra” e “stessero alle case loro”. Quelli che, si pensa, minino le tradizioni, sovvertano il nostro ordine.

La festa per i rifugiati a Lama Balice

In questa enclave che è il mondo, e quindi di riflesso Bitonto, gli operatori della cooperativa Auxilium sono presenti con le autorità cittadine, gli assistenti sociali del comune ma anche con i loro familiari per celebrare questo giorno con animazioni, con un laboratorio per fare i taralli, un rinfresco e una bellissima torta che i bimbi guardano e sfiorano con quel luccichio degli occhi che dall’Africa a ogni dove è sempre uguale e desideroso. La coordinatrice della cooperativa, Rossella Fanelli, è raggiante: mi invita nella sede che si trova in via Vasari. Si tratta di un centro operativo dinamico e solare, efficace, pulsante. Uffici ma anche un’aula dove alcune donne completamente coperte si affannano a scrivere su un quadernetto parole italiane. Gli operatori che vi lavorano sono sette ma in totale gli addetti sono ben quindici, impegnati nella gestione di un progetto molto complesso che si muove in varie direzioni e non si ferma certo in questi locali ma si sviluppa nei territori: il progetto SIPROIMI. L’acronimo sta per Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati ex Sprar: una macchina attivata dal governo per accogliere e integrare queste persone, al fine di trovare e garantire migliori condizioni di vita, certamente la sopravvivenza.

Un sistema complesso, sconosciuto ai più che, consisteva fino a qualche anno fa nella seconda accoglienza di persone sbarcate in Italia per disperazione. Al momento dello sbarco fino a qualche anno fa, questa gente veniva inserita nei CARA (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo), istituiti nel 2002 con la denominazione di CDI (Centri di Identificazione) dove veniva definito il loro status legale: rifugiato o no. Dopo mesi di attesa – con situazione di profondo disagio, fughe e atti vandalici – si aprivano le porte degli Sprar, poi denominati Siproimi (centri di seconda accoglienza), dove veniva intrapreso un percorso temporale che portava o all’integrazione o all’abbandono, con ritorno nella terra d’origine. In sostanza, la funzione di un filtro che determinava l’arrivo di persone fortemente motivate e integrate. Da qualche anno, però, i Cara, sovraffollati, sono diventati ingestibili e, pertanto, le cooperative che gestiscono i progetti si ritrovano a svolgere un servizio di prima accoglienza. Il che complica e tanto le cose. 

La responsabile della cooperativa Auxilium, Rossella Fanelli

Da quando i migranti mettono piede sul nostro suolo, Auxilium pone in essere una serie di azioni che possono iniziare in qualsiasi ora del giorno e della notte, gestendo ben 13 appartamenti che garantiscono al momento l’accoglienza di 63 persone, ma che sono strutturati per accoglierne fino a 86. Il lavoro degli operatori della cooperativa è immane e si basa necessariamente sull’accoglienza e sistemazione dei nuclei familiari ma anche di persone singole, sulla cura degli arredi e sulla funzionalità degli appartamenti ma anche, e soprattutto, sulla vigilanza del rispetto delle regole, la cui infrazione viene sanzionata in modi diversi. All’indomani dell’arrivo e per i sei mesi di permanenza, i rifugiati sono tenuti a presentarsi nella sede della cooperativa per seguire un corso di lingua italiana di 15 ore settimanali, ricevono buoni pasto e pocket money per le loro esigenze personali, assistenza legale, sanitaria, la scuola per i loro figli e anche la possibilità di cercarsi un lavoro per rendersi indipendenti e rimanere cosi nel nostro paese oltre il periodo previsto.

Alcuni rifugiati partecipano a tirocini presso aziende che permettono loro di imparare un mestiere ma sempre nell’ottica della responsabilità e dell’indipendenza. Ogni giorno la coordinatrice comunica un report delle presenze alla questura: in caso di assenza prolungata per 72 ore si definisce l’abbandono e la perdita del beneficio. Tutto, a differenza di ciò che si pensi, è regolato da un forte richiamo al rispetto delle regole e dell’ambiente, ai rapporti di buon vicinato al fine di garantire un’efficace integrazione. È un fiume in piena Rossella e dalla sua figura esile vengono fuori numeri, volti, situazioni, complicazioni, aggiusti da fare negli appartamenti e tutto un lavoro oscuro svolto da due assistenti sociali, una psicologa, un insegnante di lingua italiana, un operatore all’integrazione, un informatore legale, gli operatori all’accoglienza (che controllano giornalmente gli appartamenti e se rilevano danni attribuibili agli ospiti sanzionano gli stessi con riduzione dei pocket money), 3 mediatori linguistici che turnano.

I corsi di italiano per i rifugiati svolti presso Auxilium a Bitonto

Tutto questo di concerto con il comune di Bitonto – vero destinatario e quindi erogatore del contributo del Ministero degli Interni – che garantisce un cofinanziamento per 10 anni, un assistente sociale, la sede, e, in passato, anche l’utilizzo di un appartamento in via Ragni di proprietà municipale. Il comune interviene nei casi più problematici con tutti i suoi servizi oltre a esercitare il controllo sui registri delle presenze e delle spese. A rinforzare e a sancire questa forte collaborazione, c’è ora anche l’assessora al Siproimi, Angela Scolamacchia. Ma chi è oggi il rifugiato? Da dove proviene? E come si comporta? A una prima ondata di persone di nazionalità africana, ne è seguita un’altra proveniente dalla  Siria: persone facoltose, anche, che si sono ritrovate a vivere in condizioni molto diverse e certamente restrittive rispetto al loro tenore di vita.

Gli operatori di Auxilium

Ora invece c’è un ritorno di gambiani e nigeriani. Rossella si illumina e li definisce grandi lavoratori, obbedienti e rispettosi, efficienti e intraprendenti. Come quella ragazza che nel suo paese era farmacista e, giunta in Italia, ha seguito un tirocinio preso una attività di ristorazione ed ora probabilmente sarà assunta dal disponibilissimo e attento titolare bitontino. E allora mi viene in mente che in fondo siamo tutti sulla stessa barca, la nostra Terra, e che a nessuno deve essere escluso di sedere alla tavola del mondo. E ripenso ad Antonio, il bambino biondo dalle mani bianche che impasta la massa dei taralli con…, il fanciullo dalle mani nere. Che strano, non ricordo il nome, ma il bambino c’è, certo che c’è.