La scrittura? Accende un diavolo in me!

Dopo due romanzi e una raccolta di poesie, Annamaria Pazienza, giovane e promettente scrittrice di Palo del Colle, ora lavora a un saggio sulle droghe

In una sua ultima intervista, Antonio Tabucchi sorprese il suo interlocutore con un’affermazione alquanto singolare. Quando gli venne chiesto cosa significasse per lui la scrittura, rispose che si tratta di una pura falsità, “con quella sua prepotenza implacabile fatta di parole definite, di verbi, di aggettivi che imprigionano le cose, che le candiscono in una fissità vitrea, come una libellula restata in un sasso da secoli che mantiene ancora la parvenza di libellula ma che non è più una libellula”. La scrittura, effettivamente, crea un altro mondo, rallenta momenti che altrimenti scorrerebbero troppo in fretta, reinventa la vita di ogni giorno. Ma la scrittura è anche verità e può liberare una parte di noi che altrimenti ignoreremmo.

Annamaria Pazienza ha intuito il grande potere catartico della scrittura, quando aveva diciott’anni. Presso il liceo linguistico, che frequentava a Bitonto, aveva partecipato ad un pon sulle donne e la femminilità, tenuto dall’insegnante Mariella Cassano. Qui scoprì il grande potere delle parole e di essere la fortunata depositaria di un dono, di avere insomma una speciale propensione per la scrittura. S’iscrisse a un concorso promosso dalla lega contro il cancro e inviò un prezioso racconto sul padre, sfortunata vittima di questo male terribile.

La professoressa, che lesse il racconto poco dopo, scoppiò in lacrime e le chiese il perché non avesse mai scritto così in cinque anni. Ma Annamaria non lo sapeva: si era ritrovata a scrivere cose che non poteva sapere, perché sua madre aveva tentato in tutti i modi di proteggerla da quel dolore, di tutelarla per quanto possibile. Era come se qualcuno muovesse la sua mano e la sua penna.

E così questa speciale ragazza, nata a Grumo e poi trasferitasi a Palo, frequentatrice abituale di Bitonto, iniziò a scrivere. “La mia scrittura non mira alla superficie delle cose, ma vuole andare dritto verso il loro animo, dare vita all’incantesimo del racconto”, spiega. “Finisco col non avere controllo su quello che scrivo. Tanto che, quando rileggo, mi chiedo come sia possibile che io, proprio io, abbia scritto esattamente in quel modo e proprio quelle cose. Non so rispondermi. È come se mi dividessi a metà e un’altra persona scrivesse al mio posto. La parte irrazionale prende il sopravvento e l’istinto prevale”.

Una sensazione che la nostra scrittrice conosce molto bene e che ha provato sulla sua pelle, mentre scriveva l’ultimo capitolo del suo secondo libro, il suo preferito: “mentre scrivevo ‘Mi ridai un po’ di blu?’ ero in un bar. Scrivevo di getto e, quando sono arrivata all’ultima parola, ho avvertito quasi una sensazione di svuotamento, di alleggerimento, come se avessi partorito un demone. La scrittura è anche questo per me”, osserva Annamaria. Per arrivare a tutti, nel suo ultimo libro, è passata dalla prosa alla poesia, proprio perché sa che il verso ha il potere di entrare nell’animo di chi legge, giungendo nella sua forma migliore.

Tra i suoi autori preferiti, che l’hanno ispirata nella scrittura dei suoi tre libri – i due romanzi Gli occhi che non avrò (2014) e Mi ridai un po’ di blu? e la raccolta di poesie Digrignare la mascella fa male – la nostra scrittrice, bitontina di adozione, annovera Tiziano Scarpa, con cui ha avuto e continua ad avere un fitto scambio epistolare e Haruki Murakami. “Ha un modo di scrivere a cui voglio avvicinarmi, senza imitarlo. Mi fa sentire l’odore del Giappone, la sensazione della metro che arriva e lo fa con una semplicità inaudita”, racconta.

Ma è stata un’altra la sua guida spirituale: “Mariella Cassano è stata molto più di una professoressa. È stata una maestra, un mentore. Mi ha insegnato e continua a insegnarmi la vita. Non avrei potuto desiderare persona migliore, specie ora che ho compreso di voler intraprendere la strada dell’insegnamento, posso considerala una collega e avere con lei un rapporto ancora diverso”, confessa Annamaria.

E molto questa futura insegnante progetta e spera, mentre si appresta a concludere la sua magistrale in Filologia moderna. In collaborazione con Tania Tullo, straordinaria disegnatrice e illustratrice, realizzerà un libro illustrato sulla Siria. “Un progetto ambizioso” confessa, che arricchirà ulteriormente con il suo prossimo romanzo, che vuol essere un’inchiesta sul consumo e lo spaccio di droghe nell’area metropolitana di Bari. Si chiamerà In vena. Non vediamo l’ora di leggerlo.