È risaputo che più le società progrediscono, più lo stile di vita si modifica e le opportunità a disposizione della popolazione aumentano. Essere studenti nel ventunesimo secolo comporta, da un lato, l’inquietudine di un futuro sempre più incerto, dominato dai dubbi sulla precarietà di un mondo del lavoro forse ormai troppo piccolo; dall’altro, numerose opportunità, in grado di rendere i percorsi di formazione più interessanti e competitivi.
Basti pensare al programma Erasmus+, ormai attivo dal 1987, che ogni anno consente a milioni di studenti di svolgere parte del loro percorso accademico in un’università all’estero, venendo riconosciuti come studenti del posto a tutti gli effetti, con tutti i pro e i contro che questa condizione comporta. Seppur momentanea (per ogni ciclo di studi è possibile trascorrere all’estero un periodo massimo di dodici mesi) l’esperienza dell’Erasmus è uno state of mind che cambia le vite di chi vi partecipa, creando una generazione aperta al cambiamento, all’adattamento e al continuo scambio culturale.
Le opportunità che provengono da gli altri paesi d’Europa sono molteplici e non si fermano al solo programma Erasmus+. Lo sa bene il bitontino Francesco Sifo, classe 1996, che, dopo essersi laureato in Comunicazione linguistica e interculturale con il massimo dei voti all’universtà di Bari, ha deciso di seguire la sua più grande passione: la lingua russa.
Sebbene la nostra penisola vanti una serie di atenei in cui è possibile studiare adeguatamente la lingua, la cultura e la letteratura di Tolstoj e Dostoevskij, Francesco ha deciso di tentare il tutto per tutto e ha vinto una delle 14 borse di studio, messe a disposizione per gli anni accademici 2019/2020 e 2020/2021 dal Centro russo di scienza e cultura di Roma.
Oggi vive a Mosca e studia lingua e linguistica russa per stranieri presso l’Università dell’amicizia tra i popoli, meglio nota come RUDN. L’ateneo è classificato tra i migliori del paese ed è nato nella seconda metà del novecento, al culmine della guerra fredda, con un obiettivo preciso: fornire istruzione superiore e formazione professionale ai giovani provenienti dalle nazioni del Terzo Mondo, soprattutto Asia, Africa e Sud America, anche se nel corso degli anni il bacino di studenti si è sempre più allargato, accogliendo studenti dei paesi dell’ex Unione Sovietica e dal resto d’Europa.
Il percorso di selezione, spiega Francesco, avviene telematicamente e prevede una prima fase in cui viene presentato il curriculum di studi; segue, quindi, il colloquio di selezione, che può avvenire nella sede romana del Centro russo di scienza e cultura oppure online, tramite skype. Il colloquio, interamente in russo, spazia da domande di carattere generale ad altre motivazionali, riguardanti la scelta del percorso di studi, il rapporto con la lingua russa e la sua cultura, e cosa spinge il candidato a presentare domanda ad un’università Russa.
Una volta selezionati e dopo aver indicato le università per le quali si intende concorrere, è necessario far tradurre ufficialmente tutti i documenti personali in russo, una prassi tanto entusiasmante quanto complessa. Segue la procedura per ottenere il visto per motivi di studio, l’ultimo ostacolo burocratico prima dell’inizio di un percorso unico nel suo genere.
Che rapporto hai con la città di Mosca? Riesci a sentirti a tuo agio in posti così lontani e differenti da quelli in cui sei abituato a vivere?
Fortunatamente non è la prima volta che mi trovo in terra russa: avevo già visitato Mosca nell’estate del 2017. Tuttavia passare da turista a residente è stato particolarmente impegnativo. Mosca è una città cosmopolita, in cui ogni tuo problema sembra essere ridimensionato ed è inevitabile sentirsi come una goccia in un oceano. Personalmente ho sentito molto lo shock culturale durante le prime settimane; andare a vivere da soli e acquistare autonomia è un grande passo; farlo in una terra dove tutto sembra così diverso e lontano dalla realtà in cui si vive, è ancora più difficile. Credo sia inevitabile sentirsi spaesati all’inizio, è ciò che dà il brivido della novità. In realtà, ho imparato abbastanza velocemente a conoscere la città e abituarmi alle sue immense distanze, ad apprezzare le grandi opportunità che offre e sopportare il freddo, già dai primi di ottobre.
Quali sono le differenze che hai notato nell’ambito universitario?
La prima cosa che mi ha colpito sono state le aule. Noi siamo abituati a seguire le lezioni in ambienti molto grandi, in cui un singolo docente ha davanti a sé un centinaio di studenti. In Russia non è così, le aule sono come al liceo e le classi sono composte da un massimo di venti studenti. C’è un rapporto diretto con i docenti e le attività sono incentrate sulla frequenza assidua dei corsi, presentazioni orali, test scritti e interrogazioni. Un’altra differenza sostanziale è la qualità del sapere che ci viene impartito: in Italia siamo abituati più ad un o studio nozionistico, con un carico di studi molto spesso troppo consistente, mentre in Russia prevale un sapere pratico, con la messa in atto di ciò che impariamo. Nei prossimi mesi avremo modo di metterci in discussione grazie al tirocinio, con cui insegneremo ciò che stiamo imparando all’università.
C’è qualcosa che fai quando vuoi sentirti a casa?
Sebbene prima di imbarcarmi in questa esperienza abbia espresso il desiderio di parlare russo il più possibile, non nego che già durante i primi giorni ho sentito la mancanza della nostra lingua. Fortunatamente non sono l’unico studente italiano: con gli altri miei compagni abbiamo cercato di farci forza a vicenda, di creare una nostra Little Italy. Spesso ci concediamo una pizza in un ristorante italiano, cuciniamo la pasta alla carbonara e insegniamo ai nostri amici asiatici quali sono le mosse giuste per preparare un piatto perfetto. Può sembrar poco, ma questi piccoli rituali sono essenziali nella vita di uno studente all’estero.
Pensi che il tuo futuro sarà in terra russa o tornerai qui un giorno?
L’idea non mi dispiacerebbe, anzi è entusiasmante pensare di poter avere un futuro in una nazione che mi sta già offrendo tanto a livello accademico e personale. Si tratta di una tappa fondamentale per la mia formazione, ma credo che, come ogni evento della vita, debba avere anche una sua data di scadenza. Mi piacerebbe tornare in Italia per insegnare ciò che ho imparato, e condividere il mio sapere con le giovani generazioni, affinché possano appassionarsi a una lingua e a una cultura che non sono poi così lontane come possono sembrare.