Potrebbe sembrare un gesto stravagante, forse persino banale, per qualcuno, quello che l’avvocato barese Leopoldo Di Nanna ha compiuto, qualche giorno fa, al termine di una serata di lavoro. Sceso di casa per gettare i rifiuti nel solito cassonetto, ecco presentarsi uno spettacolo “insolito” davanti ai suoi occhi: un mucchio di manuali di diritto e quaderni d’appunti universitari, con tanto di tesi di laurea, abbandonati dentro e fuori un contenitore per la carta.
Ebbene, chiunque fosse stato spettatore di una simile scena, probabilmente sarebbe rimasto sì spiazzato ma forse neanche tanto: avrebbe condiviso la propria perplessità magari con i parenti o gli amici più stretti, e lo sconcerto sarebbe stato ridotto a semplice pettegolezzo fine a sé stesso, senza alcuna ricaduta pratica. La sorte, invece, ha voluto che fosse proprio un uomo di cultura, nonché un veterano della facoltà di Giurisprudenza, a imbattersi nel “misfatto librario”, la cui gravità è stata colta in pieno.
Di fronte allo scempio, il professionista non ha esitato a a sporcarsi letteralmente le mani per ridare nuova vita a pagine e pagine di cultura così bistrattate: ha compiuto un’encomiabile operazione di salvataggio, estraendo con cura ogni libro di testo dal cassonetto e destinandolo non certo alla sua biblioteca personale – avrebbe potuto anche farlo, vista la buona tenuta dei validi e costosi manuali – ma al servizio del pubblico, cosicché i meno fortunati – carcerati compresi, secondo le parole dello stesso Di Nanna – possano saziare la propria fame di cultura.
A fare da intermediario alla sua iniziativa è Forza dei Consumatori, l’organizzazione no profit che tutela il cittadino dai tentativi di lesione o raggiro di qualsiasi tipo, a capo della quale vi è lo stesso Di Nanna, e che vanta la partecipazione di un folto numero di soci in tutta Italia.
La notizia del recupero dei libri è stata diffusa dallo stesso avvocato sul suo profilo Facebook, raccogliendo in breve consensi e numerose condivisioni, nonché una grande visibilità che gli ha permesso di popolare le pagine di vari giornali, generando una grande ondata di condivisione. Nel suo post, Di Nanna ha anche tentato di spiegare le ragioni che possono aver indotto una studentessa a cestinare il frutto di una carriera universitaria sudata – come si evince dagli appunti ritrovati – e per giunta portata a termine, con tanto di tesi di laurea, anch’essa finita nel cassonetto.
A suo avviso, a spingerla a un gesto così dissacrante potrebbe essere stata la sfiducia che anima un’intera generazione di neolaureati, affaticata non tanto dal percorso di studi in sé – in genere accompagnato da lavoretti precari e part-time, spesso malpagati e poco gratificanti, per garantirsi l’agognata indipendenza a 20-25 anni – quanto dalla consapevolezza della mancata spendibilità del proprio titolo sul mercato del lavoro, tanto stagnante quanto ingiusto perché proteso a favorire influencer strampalati e analfabeti.
Possiamo ancora parlare, dunque, di un gesto banale facendo riferimento all’azione dell’avvocato? Possono quegli adulti, che vivono delle sicurezze del proprio tempo passato, continuare a puntare il dito contro una generazione accusata, a titolo gratuito, di starsene con le mani in mano, nel “migliore dei casi”? Questi gesti disperati non sono il sintomo che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel sistema? E’ davvero il tempo che si prospetti un futuro migliore per questa nostra gioventù, che le istituzioni e la poltica s’impegnino davvero per soddisfare le ambizioni di quel milione e mezzo di iscritti all’università e che, nonostante tutte le storture del mondo, possa prevalere negli stessi giovani un briciolo di orgoglio e di amor proprio. Gli stessi sentimenti che, si spera, abbiano spinto quella giovane dottoressa a non rinunciare finanche alla propria corona d’alloro, sacro e inviolabile “trofeo” di tanti anni passati a studiare e a progettare il proprio futuro nel mondo.