Se dovessimo consultare una lista dei luoghi del mondo che più racchiudono, come scrigni preziosi, le bellezze pure e inviolate dall’agire ininterrotto del tempo, di sicuro non potrebbe mancare la singolarità di Matera e dei suoi sassi.
Da anni è riconosciuto universalmente il fascino unico di questa città, che l’ha resa patrimonio dell’umanità dall’Unesco, primo sito dell’Italia meridionale a ricevere l’ambito riconoscimento, grazie a cui è aumentato sensibilmente il movimento turistico e culturale attorno ad essa, e quest’anno è giunto il titolo di capitale europea della cultura.
Per celebrare al meglio l’evento, Matera ha scelto come suo “padrino” artistico uno dei più grandi geni del XX secolo, Salvador Dalì.
Il suo surrealismo accompagna piacevolmente i visitatori tra le piazze e i belvedere della città, grazie alle efficaci riproduzioni di alcune delle sue opere più celebri. Ma se si desidera ammirare parte della produzione originale, figlia della cultura avanguardista di Dalì, si può visitare la mostra La Persistenza degli Opposti.
Allestita all’interno del complesso rupestre delle chiese della Madonna delle Virtù e di San Nicola dei Greci, la rassegna propone, suddivisa in quattro macroaree, una cospicua raccolta delle sculture più famose del maestro. Nell’ammirare le opere si avverte sin da subito quanto il concetto di tempo sia uno dei protagonisti principali dell’esposizione; un tema che collega come un filo invisibile l’arte surrealista al silenzio comunicativo delle pietre materane.
Ma se il rapporto di Dalì con l’idea di tempo fu così stretto, non meno significativo fu per lui quello con la bellezza femminile, in senso fisico e spirituale: la donna, elevata a musa e simbolo imperituro dell’arte.
Numerose sono, infatti, le sculture che raffigurano personaggi femminili, caratterizzate tutte da una bellezza che le rende uniche all’interno della mostra. Non può non catturare l’attenzione la maestosità enigmatica della Venere di Milo con cassetti: Dalì nelle sue opere, e in questa in particolare, mostra quanto fosse ossessionato dalla bellezza femminile ideale e assoluta; i cassetti della sua Venere sono completamente aperti, simbolo dei suoi segreti svelati al mondo. Una donna che non ha paura delle opinioni altrui, ma anzi è fiera di esibire la propria femminilità.
Dello stesso impatto emotivo è la Donna in fiamme, che combina due grandi ossessioni dell’artista: il tòpos della donna con i cassetti e il fuoco. Qui la donna nasconde il suo volto e le fiamme dietro la sua schiena rappresentano l’intensità del desiderio. Per Dalì la vera bellezza della donna è il suo mistero. Il mistero e il suo opposto sono presenti anche in Omaggio a Tersicore: la musa della danza è sdoppiata; la figura morbida e carnale si oppone a quella dura e scultorea. La ballerina dalle forme sinuose rappresenta la grazia; la figura squadrata incarna il ritmo caotico della vita moderna. Entrambe le figure ballano una di fianco all’altra anche dentro ognuno di noi.
La donna diventa per Dalì il canale preferenziale per comunicare al mondo il suo concetto di arte; solo così possiamo capire sculture come Alice nel paese delle meraviglie e Omaggio alla moda: nella prima l’artista rivela l’influenza del mondo fantastico di Lewis Carroll, nella seconda rende omaggio al fascino delle creazioni femminili di Coco Chanel, di cui fu amico e collaboratore.
Forte del pensiero mistico e religioso è il mondo di Dalì e raffinatissima la rielaborazione del racconto biblico della tentazione del frutto proibito in Adamo ed Eva, in cui un’Eva sensuale porge la mela ad un indeciso Adamo e il serpente li avvolge in spire a forma di cuore, ricordando che dall’amore nasce un’insieme più grande della somma dei singoli componenti.
La bellezza femminile viene completamente rielaborata da Dalì, con trasformazioni non solo mentali ma anche fisiche, come nella Venere giraffa, con la dea raffigurata con un collo simile a quello di una giraffa, che, insieme alla sporgenza di un cassetto, apporta alla scultura un equilibrio classico con uno strepitoso effetto di proporzione e armonia.
L’arte è donna per Dalì, come si evince da Pianoforte surrealista: le gambe del piano sono sostituite con gambe femminili in atto di danzare, creando uno strumento in grado di ballare oltre che di suonare. La donna in Ballerina daliniana è anche memoria, attraverso la palpitante forza interiore di una danzatrice di flamenco, che ricorda con amore la vitalità e l’estasi del paese natale dell’artista.
La mostra, che include altre immagini tipiche dell’inventario artistico di Dalì, è un inno alle donne e alle loro più svariate e fascinose sfaccettature. L’artista a proposito dell’arte scultorea diceva che “il meno che le si possa chiedere è che stia ferma”: le sue sculture femminili, immerse tra enigmi ed emozioni ed incorniciate tra le pietre della città dei sassi, ci ricordano quanto arte e cultura camminino insieme in un percorso senza tempo con tutta l’umanità.
Nelle foto, alcune delle opere più celebri di Dalì, dedicate all’immaginario femminile, in mostra a Matera