Il sipario si apre, la musica techno invade il teatro e, illuminato da luci stroboscopiche, fa il suo ingresso in scena Minuicchio, piccolo spacciatore barese che il pubblico del grande schermo conobbe circa una decina d’anni fa nel film di Alessandro Piva, “La Capa Gira”. Sotto quel celebre berretto a visiera si cela il volto di Dino Abbrescia, pronto questa sera a salire sulla ribalta dell’AncheCinema di Bari per l’anteprima nazionale di “Raccondino”, spettacolo dall’evidente impronta autobiografica.
Torna nella sua cara città natale, il noto attore che, tra la fine degli anni ’80 e gli inizi dei ’90, dopo aver calcato i palcoscenici pugliesi, compì il difficile ma doveroso passo di partire, l’unica scelta possibile per un giovane che all’epoca sognava di recitare.
“Se avevi velleità artistiche in quel periodo, dovevi andar via di casa. Adesso le cose sono molto cambiate: grazie all’Apulia Film Commission si girano più film in Puglia che a Roma”, racconta Dino. Ma, ironia della sorte, a consacrare l’esordiente Abbrescia presso il grande pubblico è stata proprio la pluripremiata pellicola di Piva in dialetto barese, che fu distribuita nelle sale cinematografiche di tutta Italia con sottotitoli in italiano.
“Sembra incredibile ma ho iniziato a fare cinema e televisione proprio grazie al successo de La Capa Gira. La Puglia, dunque, rappresenta l’aspetto più importante della mia carriera, l’inizio di tutto”, spiega l’attore, sottolineando il ruolo che l’amico e collega Luca Medici, alias Checco Zalone, ha avuto nell’affermare la sua comicità.
Difficile non ricordare la simpatica interpretazione di Dino Abbrescia nei panni del cugino omosessuale in “Cado dalle nubi”. Suona come un paradosso, ma pare proprio che a portar lontano l’interprete di Minuicchio, facendolo approdare su piccolo e grande schermo, sia stata proprio la sua Puglia.

“Mio padre era un poliziotto e quando gli dissi che volevo fare l’attore era preoccupato perché sapeva di non potermi dare una mano in quel campo. E invece, anche se inconsapevolmente, l’ha fatto, se pensate a tutti i film polizieschi che ho interpretato”, spiega l’attore. A partire da “La Uno bianca” sino a “Distretto di Polizia” e a “Squadra Antimafia”, Abbrescia vanta una lunga, seppur fittizia, carriera nelle forze dell’ordine. Indossare sul set la divisa che suo padre aveva vestito nella vita reale ha significato attingere al proprio vissuto, alla propria infanzia per interpretare un personaggio.
Ed è quello che accade sul palco in “Raccondino”, un susseguirsi di spaccati di vita vissuta. Così riaffiora, fra i ricordi di Dino, quello delle cene in casa, quando sua madre imponeva al marito poliziotto di riporre le pistole in cima a un armadio per tener lontane le armi da eventuali litigi in famiglia. Una buona scuola per quel bambino che qualche anno più tardi si sarebbe ritrovato nel cast di più di un poliziesco.
“Riparto da mio padre e racconto il rapporto con lui in questo spettacolo teatrale perché ognuno di noi è il risultato dei propri genitori, della propria vita. Ripercorrendo il mio vissuto, mi trovo ad essere la persona che sono”, afferma. Attraverso un viaggio a ritroso nella sua Bari e nella sua infanzia, Dino Abbrescia racconta se stesso. Lo fa calandosi nei panni dei suoi personaggi più amati, a cavallo tra finzione e realtà rivivendo una carriera in cui episodi della propria vita hanno più volte comicamente fatto irruzione.
Una carriera iniziata per pura casualità fra le quinte di un palco che poi Dino si è ritrovato a calcare. “Come spiego in Raccondino, a un certo punto della mia vita ho iniziato a suonare la tromba con una piccola sezione di fiati composta da alcuni amici baresi”, rivela l’attore. “Era il 1988 o l’89, mi videro suonare e mi vollero come tecnico all’interno della compagnia in cui recitavano anche Paolo Sassanelli e Totò Onnis”, prosegue
Poi di lì la vita può cambiare perché ti chiedono di sostituire un attore in uno spettacolo e non vuoi più scendere dal palcoscenico. E’ quello che è accaduto in quegli anni a Dino Abbrescia: “Da quel momento per me il teatro è diventato un’isola felice; avevo trovato una dimensione meravigliosa e, prima di approdare al cinema, ho recitato molti ruoli a partire da quelli della commedia dell’arte”.
Ricorda con piacere la sua interpretazione di Fabrizio, servitore di Mirandolina ne “La Locandiera” di Goldoni, tra i personaggi più interessanti della carriera teatrale di Abbrescia accanto a quello di Estragone in “Aspettando Godot”. Oggi torna nel luogo dove tutto è iniziato dopo molti anni passati fra set cinematografici e televisivi, ma sembra sentirsi ancora perfettamente a suo agio sul palcoscenico. “Mi ci sto ritrovando come se avessi recitato ieri nell’ultimo spettacolo teatrale. Questa esperienza mi entusiasma molto perchè porto in scena qualcosa di mio piuttosto che un testo classico come avevo fatto in passato”, conclude il comico barese. Ad accompagnarlo in “Raccondino”, che si apre con un omaggio a “La Capa Gira”, ci saranno la regia di Susy Laude nonchè la direzione artistica di Manuel Bozzi.
Il cinema, a partire dal film di Piva non ha smesso di far parte della vita di Dino Abbrescia che sarà presto di nuovo nelle sale in “Compromessi sposi” accanto a Diego Abatantuono a fine gennaio. Più in là, ci saranno altre due pellicole: “Modalità aereo” di Fausto Brizzi e “Appena un minuto” per la regia di Francesco Mondelli. Ma prima il pubblico potrà godersi la comicità di Abbrescia da vicino perché questa volta con “Raccondino” l’attore barese gioca in casa.