Un rosato da oscar il “Faragola” di Michele Placido

Il vino prodotto dall'attore insieme a Domenico Volpone nelle campagne di Ascoli Satriano, è stato premiato a Sannicandro di Bari da Radici del Sud, il concorso che mette a confronto le migliori bottiglie del meridione

Il paesaggio rurale pugliese è un’originale mescolanza di coste e altipiani, radure e colture, terre aspre e rami generosi.

Fra piante di olive, mandorle, fichi e ciliegie, e orti rigogliosi, spiccano flessuosi i vigneti. Sotto quei tralicci maturano i grappoli d’uva da tavola ma, soprattutto, gli acini che diventano mosto e, infine, vino di ottima qualità. Il nettare degli dei è corposo, forte come il carattere dei pugliesi. Fra i produttori più attivi, c’è un attore amatissimo, che non ha mai interrotto il rapporto con la sua terra d’origine. Non è la prima volta che un personaggio del mondo dello spettacolo si dedica alla nobile arte della vitivinicoltura. Ma per Michele Placido, nativo di Ascoli Satriano, nel foggiano, questa attività è frutto di un amore lungo una vita, di legami autentici, di affetto profondo.

Michele Placido nei suoi vigneti

Nelle cantine fondate negli anni settanta, il vino è essenza di una tradizione e linfa di un sodalizio sincero. In una masseria, nel subappennino dauno, due grandi famiglie si ritrovavano in un clima di cordialità, nei colori intensi della Puglia, come quelli delle scene di una bella pellicola italiana.

Il terzogenito dei Placido, poco meno che trentenne, nel grande schermo era accanto ad Ugo Tognazzi e Ornella Muti in “Romanzo popolare” diretto da Mario Monicelli. Domenico Volpone, un po’ più giovane, si dedicava ai campi insieme al padre Rocco. Puntualmente i due si incontravano per dare continuità e sostanza a un’amicizia sincera e robusta, una consonanza di intenti che presto sarebbe diventata una grande realtà. L’esigenza vitale di respirare i profumi della propria terra ha infatti spinto l’attore ascolano a rinsaldare l’antico affiatamento con Domenico e a mettere su un’azienda di prestigio.

Nel panorama dei vini italiani, il tacco dello Stivale già da tempo si è fatto largo con la qualità crescente delle sue produzioni, etichette oramai riconosciute e pluripremiate. Non si tratta quindi di un puro caso se, di recente, alla tredicesima edizione del concorso enologico “Radici del sud”, i vincitori sono tutti pugliesi e, in particolare, della Capitanata.

La finalità dell’evento, che si è svolto al castello di Sannicandro di Bari, è censire e valorizzare le eccellenze dei vini da vitigni autoctoni di tutto il sud Italia. Le aziende pugliesi hanno, dunque, superato la concorrenza dei viticoltori di Basilicata, Campania, Calabria e Sicilia. Tra i vini premiati, il rosato Faragola 2017 dell’azienda Placido Volpone, prodotto da vitigni che crescono lungo il percorso delle vie Appia e Traiana che collegavano l’abitato dauno di Herdonia col centro sannita irpino di Aeclanum (III secolo a.C.). Il Faragola deriva da una varietà di uva che ha origini antichissime, il Nero di Troia. La leggenda narra, infatti, che i tralci furono portati dall’Asia Minore da Diomede, eroe acheo della mitologia greca.

Michele Placido con la famiglia Volpone

La novità dell’affermazione dei vini foggiani sta nel fatto che i rosati più apprezzati sono sempre stati salentini. Oltre alle bottiglie Placido Volpone, a Radici del sud sono state premiate quelle del Terra Cretosa Aleatico 2017 della cantina Borgo Turrito (Foggia), il Marilina Rosè 2017 delle Cantine Spelonga (Stornara-Fg), il Terra Cretosa e il Posta Piana delle Cantine Paradiso (Cerignola-Fg). Il primato di queste produzioni dimostra che, nella Puglia del nord, la passione per il vino è davvero grande. Un traguardo che premia soprattutto le nuove generazioni, pronte a impegnarsi con dedizione in un mestiere antichissimo, investendo risorse in un settore dominato da un’agguerrita concorrenza, puntando sulla qualità senza trascurare l’immagine, la comunicazione e il marketing.

Il vino non è solo una bevanda, è lo spirito di un territorio. Per un piatto tipico della Puglia più vera, un calice profumato è il necessario completamento, in grado di esaltarne il gusto. Un’intera regione entra in ogni dimensione sensoriale di chi, ammirandone le bellezze, ne assapora, grazie al vino, anche l’essenza.

Nella foto in alto: Michele Placido e Domenico Volpone