La villa comunale di Bitonto ha una nuova area giochi.
Un centro ludico pubblico, di basilare importanza nell’esigua offerta cittadina di spazi verdi, dove trascorrere qualche ora di relax e lasciar sfrenare i più piccoli con maggiore tranquillità.
L’area è oggi a misura di ogni bambino, più o meno fortunato, ed è stata risistemata nella pavimentazione, nelle aiuole e nell’impianto di irrigazione, grazie a un finanziamento regionale ottenuto dal Comune.
Osservando lo spazio che accoglie allegramente altalene e scivoli, in un lampo di nostalgia, torna in mente il tempo in cui, fra i pini, c’erano soltanto terra e qualche vecchia panchina. In quello spiazzo polveroso, si svolgevano interminabili partite a pallone fra coetanei.
I tronchi degli alberi erano i pali di porte immaginarie. I tornei si giocavano in lunghi e afosi pomeriggi d’estate: sfide con i ragazzi di altre scuole e foga delle grandi occasioni, azzuffate di calci senza schemi e magliette maleodoranti attaccate col sudore alla pelle.

La villa comunale è uno scrigno di memorie, collettive e individuali.
I viali, progettati all’inizio e ridisegnati sul finire del secolo scorso, si intrecciano all’interno dell’intera area, dove i busti dei musicisti Vincenzo Bellezza e Pasquale La Rotella sono testimoni di una storia gloriosa, di una cultura che attraversa i secoli.
Il giardino fu inaugurato ai primi del Novecento e dedicato al re in una zona di grande importanza per lo sviluppo al di fuori della città antica. È posizionato alla fine del rettifilo principale ai cui lati, a partire dall’Ottocento, si costruirono i grandi palazzi extramoenia. È facile definirlo un “polmone”, sia perché è l’unica vera risorsa naturale in un nucleo edilizio fitto e compatto sia per via della sua geometria planimetrica. Con un po’ di fantasia, si può pensare proprio alla forma dell’organo respiratorio, collegato al centro dalla “trachea” viaria di corso Vittorio Emanuele II.
La villa comunale è un nodo cruciale, una presenza storico-ambientale da valorizzare oltre che da tutelare.
Ancora oggi, lo spazio antistante l’ingresso principale risulta irrisolto. Il grande marciapiede spartitraffico è un non-luogo, un diaframma indefinito e anonimo. Si trova dove invece servirebbe un invito, un completamento del giardino. Il parco potrebbe essere l’estremità naturale dell’asse che collega le due centralità cittadine, quella sociale e commerciale delle piazze con quella fisica dello spazio verde.
La “rotonda”, nata come cassa armonica per le esecuzioni bandistiche, rimane un palcoscenico riconosciuto, da questa parte della città che non vuole essere dimenticata. D’altronde la villa è una presenza dominante, una dimensione essenziale e impossibile da ignorare. Basta osservarla dal finestrino di un aereo per capirne la “prestanza”. E, certo, merita maggiori attenzioni da parte di tutti. Va programmato un completamento della pavimentazione, rivedendo il viale perimetrale sconnesso e distaccato dal contesto per cromie e materiali. Per non dire delle piante e del terreno in cui dimorano, abbandonati, tranne qualche sporadico intervento, al loro destino.
All’impostazione impartita dai primi progettisti, sono seguiti lavori di riqualificazione che hanno dato alla villa l’assetto attuale, risollevandola dallo stato di assoluto degrado in cui era scivolata fino alla seconda metà degli anni ’90. Ciononostante, l’unico vero parco urbano di Bitonto in certi scorci assomiglia a un giardino romantico all’inglese, dove i ruderi spuntano in una vegetazione lasciata crescere spontaneamente. Puoi trovare una fontana abitata da licheni che evoca antichi zampilli, un tronco testimone di una pianta che ha regalato ombra preziosa.

La villa comunale è un calendario di emozioni.
I colori variano con le stagioni dell’anno e della vita, i viali si animano nei mesi caldi in un brulicare di gente che s’attarda nello spensierato chiacchiericcio. Ogni ambito riecheggia attimi incancellabili. Sono nella foto in bianco e nero, dove mio padre adolescente siede su una panchina coi suoi amici più cari. Ritornano ogni volta nelle voci dei bambini, come pagine di un album di ricordi felici. Dalle uscite in triciclo alle scorribande con la Graziella, dal viso sporco di gelato comprato al chiosco ai primi appuntamenti per sentirsi grandi.
Ogni luogo ha un cuore. E il cuore è un’isola. Non importa se circondata dal mare o da strade. In quell’ambito definito si possono ritrovare intatti i battiti di una vita. Ore passate a rincorrere un pallone e i profumi delle ragazze come fragranze di fiori in primavera. Lunghe camminate estive e incontri con gli amici per raccontarsi i fatti della scuola. La villa non è solo il parco più grande e centrale, la risorsa di ossigeno in un fiume di cemento.
Nell’area verde triangolare, la dimensione materiale si perde oltre lo sguardo del ricordo. E chi ha abitato nelle sue vicinanze, potendo magari godere della vista di pini, lecci e palme d’ogni altezza, ha per quelle aiuole un affetto sincero; in ogni pensiero sussurrato da un tempo lontano ma ancora vivo, ritrova sempre la grazia incorporea di una carezza.