Da Bitonto a Bologna le note allegre dell’Osteria

Alessandro Pirotti, Jacopo Rimondi e il bitontino Gianvito Rubino, autore di musica e testi, sono i componenti della band, attualmente impegnata ad incidere il suo secondo disco

L’Osteria è una band bolognese, nata dall’incontro di tre giovani amici uniti dalla passione per la musica: Alessandro Pirotti (chitarre, basso e voce), Jacopo Rimondi (batteria) e Gianvito Rubino (chitarra, tastiera e voce).

I loro brani nascono a partire dai testi e dalle melodie del bitontino Gianvito Rubino, poi arrangiati insieme agli altri componenti della band. Uno schema certamente non inedito per Gianvito, simile a quello già visto con i Knock Out, la sua band ai tempi del liceo.

Dopo l’incontro, avvenuto a Bologna nel gennaio del 2016 e rinsaldato dalla comune passione per la musica e l’enogastronomia di matrice bolognese o bitontina, i tre hanno prodotto un primo EP nel 2017, L’Osteria – parte Uno. Alessandro, Gianvito e Jacopo si sono rimessi al lavoro nel 2018, per proseguire con L’Osteria – parte Due, dal quale hanno estratto già un primo singolo, Cavalli Bianchi.

Abbiamo incontrato Gianvito Rubino, che ha accettato di rispondere alle domande di Primo piano.

Com’è la vita di un bitontino a Bologna?

Partirei dal presupposto che Bologna è una città meravigliosa, dove provincialismo e multiculturalismo si fondono senza compromessi in una variopinta atmosfera universitaria. È vivere in un costante clima intellettuale, mai pesante, assolutamente brioso e talvolta leggero.
La vita di un bitontino a Bologna, a prescindere dallo studio o dal lavoro che si svolge, è una vita allegra ma mai banale, in quanto spesso le giornate sono occasione di contatto e confronto con altre persone provenienti da tutta Italia e dal mondo. Sicuramente l’Emilia e in particolare Bologna ti fanno sentire al centro di qualsiasi cosa.
Nonostante quanto appena raccontato, non nascondo la mia viscerale passione per Bitonto: mi mancano le pietre del centro storico, il boato dei tifosi neroverdi allo stadio, Santo Spirito e i suoi scogli. E potrei andare avanti all’infinito.

Di quali temi vi piace parlare nei vostri brani?

I nostri brani si basano sulla quotidianità. Mi piace cercare di riportare in parole e musica il vissuto e le emozioni che provo tutti i giorni cercando di riflettervi attraverso domande, provocazioni, considerazioni.
Le canzoni, data la loro orecchiabilità, potrebbero sembrare di primo acchito “leggere” e a volte in un brano si toccano più tematiche insieme, il che può forse disorientare, dato che la canzone italiana ci ha abituati ad ascoltare un unico tema dall’inizio alla fine. Sta di fatto che nel nostro primo EP abbiamo trattato tanti argomenti: omosessualità, religione, rapporti fedifraghi, lavoro, amore, solitudine e perché no, anche edonismo.
Quando inizio a scrivere non conosco mai quale potrà essere il risultato, e soprattutto se ci sarà un risultato.

Ascoltando i vostri brani si ha l’impressione che abbiate tratto ispirazione dai classici del cantautorato italiano del dopoguerra. È così?

L’ispirazione ce la danno il vino, il fumo (Gianvito fuma il sigaro, n.d.r.) e qualche bella donna. Scherzi a parte, è innegabile che nelle nostre orecchie viaggi ancora la musica dei cantautori italiani. Onestamente non ne saprei citare uno in particolare, perché a seconda dell’umore e dei momenti li ascolto praticamente tutti. Ritengo, tuttavia, che a stravolgere il concetto di canzone siano stati i Beatles. Ascolto anche tantissimo rock’n roll degli anni ’50 e ’60 e la disco music degli anni ’70 e ’80.
C’è però una differenza tra me e i miei due compari di allegre suonate, in quanto Alessandro e Jacopo sono molto più vicini alla musica rock internazionale.
In conclusione, l’ispirazione è la conseguenza di tante variabili, tra le quali è innegabile che Bologna, con le sue feste e le grandi bevute, giochi un ruolo determinante. Non a caso i cantautori italiani emergenti della corrente indie sono spesso nel capoluogo emiliano e in alcuni casi – si veda Edoardo D’Erme, in arte Calcutta – decidono di viverci.

L’Osteria è al momento una band da album in studio e serate tra amici

E aggiungerei, da domeniche ai Giardini Margherita.
In questo momento non possiamo fare diversamente, ma ci stiamo impegnando nell’incisione del secondo disco L’Osteria – parte Due, proprio per avere a disposizione una quindicina di brani da poter suonare live, per affrontare almeno un’oretta di performance in occasioni più serie o perlomeno ufficiali.
Purtroppo, bisogna ammetterlo, siamo pigri e aspettiamo che venga un’etichetta, un discografico o il Messia a proporci un contratto e a farci credere realmente che potremmo anche solo pensare di vivere di musica. In attesa del miracolo, durante le ore diurne si continua a studiare, a cercare lavoro o a lavorare, a seconda dei casi, mentre nelle ore notturne ci si diverte sotto la volta degli antichi portici tra un bar all’aperto o una vecchia osteria.