Se mi ami davvero…, Ma come ti sei truccata?, Sei orribile! Sono le frasi che molti sentono pronunciare dal proprio partner, la persona che dovrebbe sostenerli, incoraggiarli, rappresentare un porto sicuro. In realtà, in molte relazioni, sentimentali e non, l’amore si tramuta in ossessione, controllo, manipolazione. Non certo amore, come racconta la mostra allestita al Torrione di Bitonto, intitolata Fake Love, falso amore, appunto. L’iniziativa, ideata dal centro antiviolenza Io sono mia e curata dall’associazione di promozione sociale Anestetico Urbano, affronta il tema della dipendenza affettiva e delle relazioni tossiche.
Prima di iniziare la visita, al pubblico si consiglia di scansionare un qr code, che contiene le istruzioni per seguire e comprendere meglio il percorso espositivo, offrendo la possibilità di rispondere ad un questionario anonimo sul proprio vissuto di coppia. Ciascuna installazione è incentrata sugli aspetti tipici di questo tipo di relazione. La prima tappa è dedicata all’intensità. Nella prima fase della relazione, l’innamoramento, ci si sente al sicuro, ma ben presto il legame si fa più stretto, più intenso suscitando sensazioni di sopraffazione e soffocamento. Nel pannello dedicato alla descrizione di questo particolare stato d’animo, sono forniti alcuni dati relativi a studi effettuati da Save the Children in collaborazione con IPSOS. Da questi emerge che il 34% dei ragazzi sostiene di aver ricevuto dal proprio partner chiamate insistenti per sapere dove si trovasse.
Per comprendere meglio il significato d’intensità, un video mostra un telefono con la registrazione di una tipica conversazione tra due fidanzati. La scelta di Io sono mia non è presentare solo un tipo di interazione, in cui è il ragazzo ad essere troppo sollecito e a mostrare un atteggiamento manipolatorio, ma sono fornite due versioni. Nella seconda, infatti, ad assumere un atteggiamento tossico è la partner, per sottolineare come questi meccanismi appartengano ad entrambi i sessi. Molto spesso si associa un comportamento manipolatore e violento alla figura maschile, eppure i dati confermano che anche gli uomini possono essere delle vittime.
Esagerata nel caso delle relazioni tossiche è la gelosia, sentimento che bisogna imparare a gestire nella vita di coppia. Quando questo non avviene, può tramutarsi in un sentimento di possesso. I casi di cronaca nera che dimostrano quanto la gelosia possa rivelarsi pericolosa sono davvero molti: mariti o fidanzati ‘troppo innamorati’ sono diventati violenti, proprio perché gelosi, e sono arrivati proprio in virtù della gelosia ad uccidere le proprie partner, non accettando la loro libertà e l’impossibilità di controllarle. Per dare un’immagine chiara e d’impatto della pericolosità di questo sentimento, l’installazione mostra il volto di una donna diviso a metà: nella prima riconosciamo un viso dolce, truccato; nell’altra vediamo quello stesso volto sfregiato dall’acido.
Continuando il percorso, si passa ad analizzare il tema dell’isolamento, descritto come il graduale allontanamento del partner da chiunque lo abbia circondato prima della relazione. Allontanamento da amici, parenti, genitori. Tra i dati forniti, emerge come al 40% delle ragazze sia stato imposto di non vedere più nessuno. Ad accompagnare il pannello esplicativo di questa seconda tappa c’è un puzzle che ritrae una coppia, circondata da amici e parenti. Il visitatore è invitato a staccare un tassello del puzzle alla volta, a rimuovere insomma una persona alla volta dalla vita della coppia. Alla fine i due partner finiscono col restare soli. Del tutto privi di amici e di compagnia, cosa che purtroppo accade a molte coppie. Il messaggio è chiaro: non dobbiamo lasciare che il nostro partner ci porti via le persone che amiamo.
La quarta installazione è dedicata al tema della denigrazione. Il partner per esercitare il proprio controllo sull’altro, lo sminuisce continuamente attraverso critiche e insulti sull’aspetto, l’intelligenza, il modo di vestire, finendo col ridurne il senso di sicurezza e, soprattutto, col manipolarlo. Per descrivere plasticamente questo fenomeno, la mostra presenta uno specchio con espressioni denigratorie come ‘sei inutile’, ‘sei brutta’. L’ultima parte dell’esposizione è dedicata all’instabilità, caratterizzata dall’alternanza di liti furibonde e tentativi di riconciliazione, violenza e promesse di un cambiamento che poi non ci sarà. Il tutto rappresentato da immagini che mostrano chiaramente questi atteggiamenti malsani all’interno della coppia.
Le relazioni tossiche si sviluppano in vari ambiti, sentimentali, familiari o professionali, e hanno conseguenze sulla salute mentale e fisica dell’individuo. A prima vista, possono sembrare normali relazioni, perfino piacevoli, ma con il tempo si rivelano dannose, creando un clima di sofferenza, controllo e manipolazione. Spesso di fronte a fatti di cronaca o ascoltando esperienze vissute da persone a noi vicine, stentiamo a credere che si tratti di relazioni malsane. Pensiamo ‘era una bella coppia’ oppure ‘sembrava un bravissimo ragazzo’, ‘sembrava che si amassero così tanto’. Questo perché le dinamiche di una relazione non sono evidenti a chi guarda dall’esterno o, in altri casi, si preferisce ignorare il problema. Preferiamo non immischiarci nella vita degli altri, ignorare i campanelli d’allarme e, così, per non essere allontanati dai nostri cari finiamo con l’accettare la situazione.
L’intento della mostra è chiaro agli occhi dei visitatori: aiutare a riconoscere quei potenziali campanelli d’allarme, al di là della differenza di genere. Iniziative di questo tipo sono fondamentali per educare soprattutto i giovani al rispetto del prossimo e dei suoi confini. Il centro antiviolenza Io sono mia si impegna nella sensibilizzazione dei cittadini al tema della violenza.
In una relazione tossica, la comunicazione è distorta. Le persone coinvolte spesso si trovano intrappolate in un circolo vizioso di incomprensioni, accuse e silenzi, con la verità che viene manipolata. La persona che esercita il controllo inizia a usare tattiche come il gaslighting, una forma di alienazione psicologica in cui si fa dubitare il partner della propria sanità mentale e delle proprie sensazioni, invalidandole. Questo comportamento porta alla mancanza di fiducia in se stessi, riduce gradualmente l’autostima, rendendo chi ne è vittima dipendente dal partner.
In questo tipo di legami, l’empatia e l’ascolto sono sostituiti da una violenza non necessariamente fisica, ma anche verbale, contrassegnata da critica e svalutazione continua. L’individuo che subisce questi abusi può giungere a credere che siano normali e inevitabili; che facciano parte di una relazione passionale. Il meccanismo innescato, in realtà, comporta la distorsione della realtà, sofferenza e isolamento emotivo, con le persone non più in grado di distinguere un legame sano da uno distruttivo.
Il percorso per uscire da una relazione sbagliata è estremamente doloroso e complesso. Richiede consapevolezza, riconoscimento dei propri bisogni e limiti e, spesso, un supporto esterno, come quello fornito da uno psicoterapeuta. È fondamentale imparare a riconoscere i primi segnali e avere il coraggio di allontanarsi, ricordando che l’amore non è possesso, ossessione e manipolazione ma libertà. E una mostra come questa può aiutare a far luce su un problema così grave e stringente, che finalmente oggi si va esplorando per arginarne gli effetti.