La nostra è una realtà difficile da vivere, da attraversare. Per tanti motivi. Primo fra tutti l’illusione, coltivata per decenni, che terminato il secondo conflitto mondiale le armi non avrebbero più fatto rumore. Ma le drammatiche vicende belliche di questi ultimi tempi hanno (quasi) smentito ogni previsione ottimistica. E si potrebbe continuare a lungo con gli esempi. È l’era delle società confuse. In un presente affetto da una quantità sempre crescente di dati da processare – dal Covid in poi, ormai, sappiamo chiamarla “infodemia” – nella nebbia mentale in cui Internet e gli smartphone colpiscono la Generazione Z, non serve un digital detox integrale.
Serve che i ragazzi e le ragazze alzino ogni tanto gli occhi dallo schermo per vivere la vita che intorno a loro continua a scorrere nonostante l’algoritmo. Altrimenti, il deterioramento delle capacità cognitive causato dal consumo eccessivo di contenuti online banali e ripetitivi – fenomeno letteralmente noto come “marciume cerebrale” (brain rot) e particolarmente preoccupante tra gli adolescenti, i quali trascorrono una quantità significativa di tempo su piattaforme come Tik Tok, You Tube e Instagram – rischia di superare la soglia di irreversibilità.
Quale attività migliore della lettura di un libro per stimolare il pensiero critico e l’immaginazione? Ne è convinta anche la comunità del Liceo scientifico-artistico “Galileo Galilei” di Bitonto. Da alcuni anni al vertice di una classifica stilata dalla Fondazione Agnelli che lo segnala tra i migliori in Puglia, l’istituto ha promosso anche per l’anno scolastico 2024-2025 i campionati studenteschi di lettura. L’evento, giunto alla sua seconda edizione, ha visto gli alunni del biennio e del triennio liceale protagonisti assoluti di una sfida davvero avvincente.
Attraverso una selezione a campione, alcuni studenti degli indirizzi “tradizionale” e “scienze applicate” hanno aderito su base volontaria al torneo Leggere… che sfida, svoltosi in un fine settimana di metà dicembre in coincidenza con le giornate di open day. Come si evince dal regolamento, il gioco prevede una divisione dei partecipanti in due squadre, bilanciate per numero e strumenti, le quali devono affrontare sette prove, di cui cinque conoscitive e due creative, al termine delle quali risulterà vincitrice la squadra che avrà conquistato il maggior punteggio.
Come redazione abbiamo accolto l’invito della scuola ad assistere alla prima giornata quando, dal primo pomeriggio fino a inizio sera, un gruppo misto composto da studenti di una classe prima ha sfidato un altro gruppo misto composto da studenti di classe seconda. Ed è proprio sui primi due moduli che Primo piano ha scelto di accendere i riflettori. Quel che segue è il racconto dei momenti salienti e delle emozioni vissute dai giovanissimi sfidanti nell’ambito di un progetto reso possibile grazie ad alcuni fondi Pnrr e ad un bando al quale la scuola ha partecipato previo invio della propria candidatura.
Oggetto della contesa tra le due squadre in gara, un libro, analizzato e letto nelle settimane precedenti la manifestazione. Il libro. Simbolo assoluto della nostra esistenza che ci sta davanti come una figura originaria. Non un fossile per collezionisti di antiquariato. Ma prezioso strumento di libertà che ci accompagna nei nostri viaggi e nel tempo libero. Senza di lui ci sentiamo più poveri. Ieri come oggi. Quale che sia l’immagine che di esso ci facciamo: libro del cuore, dello spirito, della memoria, della ragione, dell’esperienza, del tempo, del cielo, del mondo, della natura, della vita.
È Il giudice e il bambino, ultimo romanzo dello scrittore-prof Dario Levantino, pubblicato per Fazi Editore (2024), il libro suggerito dalle docenti Arcangela Illuzzi, capo dipartimento di lettere, e Antonella Portoghese, attraverso la partecipazione tramite domanda ad un bando Pnrr. Un romanzo che ha saputo conquistare il cuore dei ragazzi con leggerezza. Quella leggerezza calviniana che non è superficialità ma, nella fattispecie, planare sui grumi problematici e irrisolti della storia contemporanea attraverso la lente dell’umorismo e dell’ironia.
“L’operazione di questo romanzo è azzardata, lo so”, scrive Levantino stesso nella nota dell’autore. Azzardata perché, in fondo, era inevitabile la beatificazione dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino uccisi nelle stragi del 1992, i quali, malgrado i nemici esterni (la mafia) e interni (il Palazzo di Giustizia a Palermo), tirarono dritto fino in fondo andando incontro al loro destino. Sconveniente dal punto di vista narrativo, nel senso che beatificare un essere umano equivale ad annullarne l’umanità e ad assecondare la retorica dell’eroe ligio al dovere dello Stato.
Se l’intento iniziale era scrivere un romanzo d’impianto tradizionale su Borsellino nei 57 giorni tra la strage di via Capaci (23 maggio) e quella di via d’Amelio (19 luglio), lo scrittore siciliano ha poi rivisto il plot ricavandone un’idea molto originale. È il 19 luglio 1992, Borsellino è appena giunto in Paradiso. Dio gli affida l’ufficio anime irrisolte con un compito delicatissimo: prendersi cura, per l’appunto, delle anime appena spirate che non riuscivano ad ascendere definitivamente al paradiso poiché avevano lasciato qualcosa di irrisolto sulla Terra. Tutto scorre serenamente con toni da commedia. Fino a quando, nel 1996, Borsellino incontra l’anima del piccolo Giuseppe Di Matteo, della cui drammatica vicenda nessuno vuole occuparsi. Chi meglio dell’ex giudice può approcciarsi al nuovo arrivato?
Ma torniamo alla gara disputatasi nell’aula magna del Galilei. Come si è svolta in concreto? Dispostesi le due squadre in piedi al centro della sala, ciascuna dietro una cattedra, rispettivamente alla destra e alla sinistra della giuria, un conduttore leggeva le domande e l’altro annotava su apposita lavagna visibile ai giudici il punteggio di volta in volta acquisito per ogni domanda; nel frattempo, un arbitro munito di tablet attivava il timer (1.30 minuti) verificando che tutto si svolgesse regolarmente. Un cronometro e un fischietto controllavano i tempi e segnalavano le scadenze. Nel rispondere a ciascuna domanda, i partecipanti erano forniti di pulsante sonoro da utilizzare per prenotare la possibilità di rispondere, un cartellone sul quale, facoltativamente, annotare con un pennarello la risposta data al quesito posto.
A comporre la giuria, quattro membri, di cui tre ospiti esterni in rappresentanza del panorama culturale cittadino: Vincenzo Robles, già professore di Storia del Cristianesimo e Rapporti Chiesa-Stato all’Università di Bari e di Storia contemporanea e Storia del Movimento cattolico all’Università di Foggia, Chiara Cannito vicepresidente della Cooperativa Ulixes, Davide Antuofermo, fumettista e colorista, tutor per scuola di fumetto barese Grafite. Gianna Lomangino, titolare della Libreria Hamelin, oltre ad aver scelto i giurati e redatto il Regolamento, ha curato le varie attività avvalendosi del prezioso ausilio del tutor interno prof. Salvatore De Marzo, docente di informatica.
Figlio di Santino Di Matteo, ex mafioso e, dunque, “pentito” nel gergo, affiliato al clan dei Corleonesi capeggiato da Totò Riina, il piccolo Giuseppe fu rapito per ordine di Giovanni Brusca da un commando di mafiosi e tenuto a lungo prigioniero in diverse località della Sicilia. La strategia era chiara: intimidire per vendetta il padre, nel frattempo divenuto collaboratore di giustizia, affinché smettesse di parlare e ritrattasse i particolari rivelati sulla strage di Capaci. Non avendo ottenuto i risultati attesi, dopo 779 giorni di sequestro i mafiosi strangolarono il bambino sciogliendolo nell’acido. “Ci dispiace, ma tuo papà ha fatto il cornuto”, fu l’ultima, orrenda frase sussurratagli con freddezza. Giuseppe non aveva ancora compiuto quindici anni.
Combinando realtà e finzione con un tono che oscilla tra il fiabesco e il comico, Levantino cattura l’attenzione dei lettori, parte da fatti di cronaca – gli anni della lotta tra Stato e mafia e le dinamiche interne all’organizzazione di Cosa Nostra – ma non si arresta qui. La sua abilità narrativa si estrinseca nello svelare ciò che ancora è rimasto non raccontato. In una sorta di Paradiso un po’ dantesco ma ancora connesso alla Terra, a cui si accede per meriti e virtù, Borsellino veste i panni di uno ‘psicologo di Dio’ il cui compito è accogliere le anime, capirne il malessere di ciascun e sciogliere, entro cinque giorni massimo, ogni nodo problematico affinché siano pronte per il paradiso eterno.
Un espediente letterario che prepara il terreno all’imminente incontro con il piccolo Di Matteo. Ancora traumatizzato dal triste e inutile destino piombatogli addosso, il bambino si rifiuta di andare nell’ufficio del giudice siciliano e rimane rannicchiato su una nuvola. Sebbene nessuna tattica – né la comune provenienza, né le arancine, né le battutine allegre – sembra funzionare, a un certo punto Giuseppe chiede: “Ho sentito parlare della mafia, ma non esattamente so cos’è. Me lo spieghi?”. E Borsellino, consapevole che entrambi sono stati vittime di mafia, prende per mano il bambino, soppesa le parole e inizia a raccontargli l’evoluzione storica della mafia fino ai primi anni Novanta.
E arriviamo al momento clou della gara. Terminata la lettura della domanda, l’arbitro fa partire il timer dando il tempo. I portavoce delle squadre si prenotano e rispondono al termine della lettura. E così si va avanti, quesito dopo quesito, finché si passa alle due prove creative: i partecipanti devono rispondere a quiz conoscitivi entro un’ora circa. La seconda prova creativa, del tutto improvvisata e da svolgersi sul momento, è anche quella decisiva di tutto il torneo. In caso di parità di voti, si procederà subito allo spareggio con una o più domande di riserva.
Nessun lieto fine per Il giudice e il bambino. L’autore giunge a una soluzione, più che attraverso la giustizia, tramite sentimenti profondi che sgorgano dal cuore. Particolarmente toccante, per chi scrive, l’incontro tra il piccolo Di Matteo e il suo cavallo Mottino, anche lui finito dalla Terra in Paradiso. Il padroncino e l’animale con cui faceva equitazione nello stesso maneggio dove sarà rapito avranno modo di stare insieme per un po’ prima di salutarsi definitivamente. Commovente la chiusa col celebre brano di Jimmy Fontana Il mondo, suonato alla chitarra da un musicante che si professa ateo su invito di Borsellino; segno visibile della misericordia di Dio in Paradiso anche per chi sembra aver perso la fede. Nella speranza che sia possibile un mondo migliore e che il bene trionfi sempre.
Al termine di un match senza esclusione di colpi, ha trionfato la squadra A, capeggiata dalla prof.ssa Antonella Portoghese. Ai vincitori è andato in premio un buono in libri, da spendere in una o più librerie cittadine. “Approcciare gli studenti alle tematiche inerenti la mafia e la legalità a partire dalla conoscenza di un pezzo della storia italiana, quella che ancora non si legge sui libri di scuola ma che è fondamentale per comprendere tanti fatti del nostro Paese. E avvicinarli alla lettura come ad un gioco divertente. Obiettivi formativi che gli alunni hanno pienamente conseguito, appassionandosi a vicende sì efferate e inaccettabili ma non per questo inenarrabili”, affermano soddisfatte le docenti Portoghese e Rosaria Demundo.
Entusiasmo condiviso anche dalla commissione che ha espresso il suo verdetto positivo complimentandosi per la motivazione e l’assiduo impegno che hanno animato gli alunni nelle varie attività formative. “I corsisti hanno saputo riprendere le tipologie del romanzo distopico e ucronico imparando a riflettere sulla costruzione dei personaggi e dei luoghi, anche attraverso la compilazione di raccoglitori grafici che gli hanno aiutati a ricostruire la trama e l’identikit dei personaggi. Impeccabile è stata la loro capacità di empatizzare con i protagonisti del romanzo”. “Ma chi ha vinto in definitiva? Semplice, gli studenti, gli esperti, i tutor, i giurati e tutti coloro che hanno contribuito alla felice riuscita dell’evento. Buona la seconda! Appuntamento all’anno prossimo per la terza edizione”, si legge in un commento postato dalla prof.ssa Raffaella Pice sulla pagina fb della scuola.
Nella foto in alto, gli studenti delle squadre in gara per i campionati studenteschi di lettura assieme alle docenti di lettere (foto: Alessandro Calamita, 5^B)