Gli Avvistamenti più incredibili? Quelli degli Uzeda

Il concerto e il documentario di Maria Arena al (non) festival di Molfetta e Bisceglie, svelano il successo di uno dei gruppi più celebri della musica indipendente

È stata una serata speciale quella che ha concluso la 22esima edizione del (non) festival Avvistamenti, svoltosi tra Molfetta e Bisceglie e dedicato al cinema sperimentale e al dialogo tra suoni e immagini. Protagonisti indiscussi gli Uzeda, leggendaria band che ha segnato in maniera indelebile la ribalta musicale indipendente degli ultimi trent’anni. Un successo che ha varcato i confini nazionali, destando l’interesse di figure di primo piano nel panorama mondiale, come Steve Albini, musicista e ingegnere del suono fra i più talentuosi della scena alternativa americana.

La copertina dell’album Waters degli Uzeda, prodotto da Steve Albini

È stato proprio Albini – prematuramente scomparso lo scorso maggio – a produrre il loro secondo album Waters (ascolta qui) entrando subito in perfetta sintonia con i musicisti siciliani e riuscendo a esaltarne tutte le caratteristiche, tanto da attirare l’attenzione di John Peel, il famoso dj inglese che nel 1994 gli invita a registrare due session negli studi della BBC. Unico caso nella storia del rock italiano assieme alla Premiata Forneria Marconi.

Gli Uzeda nascono a Catania nel 1987, dall’incontro tra i chitarristi Agostino Tilotta e Giovanni Nicosia (che ha lasciato la band nel 1995), il bassista Raffaele Gulisano, il batterista Davide Oliveri e la cantante Giovanna Cacciola. Amano la musica e crescono ascoltando i suoni che arrivano da oltreoceano grazie ai dischi importati da Dante Maiorana per la radio catanese CTA.

Suonano nei garage, in posti improbabili in giro per l’Italia varcando continuamente lo stretto di Messina su uno sgangherato furgone rosso. Sono anni di crescita e di avventure, a cui l’etichetta discografica AVarts dà coraggiosamente seguito pubblicando nel 1991 il loro primo disco Out Of Colors (ascolta qui) intreccio di post punk, indie-rock anni ‘90 e visioni psichedeliche.

Da queste premesse prende il via anche il documentario a loro dedicato – Uzeda, do it yourself (qui il trailer) diretto da Maria Arena – proiettato nell’ambito della rassegna curata da Antonio Musci e Daniela Di Niso. Un film dedicato proprio alla memoria di Albini, fondamentale nella storia della band e in quel percorso, comune a ogni giovane musicista, per acquisire piena consapevolezza dei propri mezzi. Gli Uzeda, dopo la consacrazione alla BBC, elaborano composizioni sempre più peculiari e complesse destando l’interesse della Touch and Go, storica etichetta indipendente di Chicago che nel 1995 pubblica l’ep 4 e poi nel 1998 l’album della loro definitiva maturità, Different Section Wires (ascolta qui).

Dopo tre album e un’innumerevole serie di concerti un po’ in tutto il mondo, fra il 2001 e il 2004 i quattro componenti del gruppo decidono di vivere esperienze artistiche differenti e separate, riunendosi nel 2004 per partecipare al festival itinerante All Tomorrow’s Parties. A questa esperienza farà seguito nel 2006 un nuovo disco per la Touch and Go intitolato Stella e la partecipazione del gruppo al festival, organizzato da questa stessa etichetta in occasione del proprio 25esimo anniversario, unici europei con gli olandesi The Ex ad esibirsi in una tre giorni di concerti dividendo il palco con vari esponenti del panorama indie-rock dell’epoca, come Calexico, Big Black, Girls Against Boys, Shellac, Black Heart Procession e Shipping News.

Un’esperienza memorabile a cui fa seguito un nuovo lungo periodo di stop, lasciando che il proprio fuoco continui a covare sotto alla cenere in attesa di riattivare forze ed energie. Sino all’ultima e più recente eruzione del 2019, da cui è scaturito l’album Quocumque Jeceris Stabit (ascolta qui) “ovunque la lanci, resterà in piedi”. Come la triscele, simbolo dell’isola da cui provengono; come la loro vicenda artistica ormai trentennale, che immancabilmente si rigenera. Ed è proprio da questo loro ultimo lavoro che gli Uzeda hanno selezionato molti dei pezzi eseguiti dal vivo alla Cittadella degli Artisti di Molfetta, regalando al pubblico un’esibizione memorabile che rimarrà negli annali non solo del festival che li ha ospitati, ma di tutta la città.

La presenza in Puglia di Maria Arena, straordinaria regista che è riuscita a realizzare un film allo stesso tempo ricchissimo e di estrema sintesi, capace di arrivare dritto al punto e comunque suggerire tanti altri possibili spunti di riflessioni attorno alla carriera della band siciliana, è stata anche l’occasione per organizzare una masterclass presso l’IISS G. Dell’Olio” di Bisceglie, con un focus sul cinema documentario indipendente. Una “lezione” che è partita proprio dall’esperienza concreta della genesi, dello sviluppo, della realizzazione e della distribuzione di tre documentari da lei realizzati (Gesù è morto per i peccati degli altri, Il terribile inganno e UZEDA – Do It Yourself) ed è arrivata a descrivere in modo pratico i processi di pre-produzione, produzione, post-produzione e distribuzione.

Arena, anche lei di Catania come tutti i membri degli Uzeda, ha realizzato cortometraggi, film documentari, videoclip, videoinstallazioni, spettacoli teatrali nella sua poliedrica carriera, ma è anche docente in Linguaggi e tecniche dell’audiovisivo, coordinatrice del corso di Cinema all’Accademia di Belle Arti di Catania, e autrice di saggi sulle immagini in movimento (Falso movimento, laboratorio audiovisivo tra analogico e digitale, Ed. Bonanno 2011). Un profilo di grande esperienza e professionalità, perfetto per raccontare ai ragazzi tutto il laborioso processo che si cela dietro alla creazione di un documentario che nasce senza grossi capitali su cui poter contare.

La sua è, d’altronde, una storia di sogni, di sacrifici e di lotta. In maniera non molto differente da quella degli Uzeda stessi, che ha voluto ripercorrere nel suo film attraverso le tappe più importanti della loro avventura artistica, descrivendo con grande vicinanza e sensibilità la vicenda umana dei protagonisti, la loro dedizione alla causa, i percorsi di vita condizionati dall’esigenza di sacrificare tempo e denaro per alimentare la propria passione. È il loro suono, innanzitutto, che l’ha spinta a voler realizzare questo progetto, finanziato in gran parte dal crowdfunding e dalle donazioni degli affezionati fan della band.

Un film che punta a far conoscere cosa c’è dietro quel suono, il loro modo di “farlo”, ma anche di indagare il significato di un termine, “sperimentale”, che non significa banalmente “fai quello che vuoi”, ma che, quando si ha una propria idea artistica da perseguire, occorre liberarsi dal condizionamento di altre influenze. Roy Paci lo ha detto bene in un’intervista: “Gli Uzeda sono gli Uzeda”. Non somigliano a nessuno, e nessuno può somigliare a loro. Hanno un suono che somiglia solo a se stesso. E il pubblico di Avvistamenti ha avuto l’occasione di ascoltarlo con le proprie orecchie.

Nella foto in alto, gli Uzeda ospiti di Avvistamenti