Il confronto nella “terra di mezzo” tra insegnanti ed educatori

All'inizio dell'anno scolastico, si ripropone la necessità di un'analisi costruttiva sull'utilizzo dei dispositivi digitali, tra rischi di dipendenza e opportunità di crescita

“Che dici se usiamo il tablet come rinforzo positivo verso la fine dell’ora, proponendo al bambino qualche app educativa?”, suggerisce un insegnante. “Valutiamo bene – risponde l’educatore – soprattutto perchè l’anno passato ha messo in atto molta opposizione quando doveva restituire il tablet, diventando molto irascibile e mostrando una forte frustrazione”.

E’ un confronto nella “terra di mezzo” quello tra insegnanti ed educatori che, da un lato vorrebbero gratificare l’alunno per la sua crescita di rendimento e comportamento, ma dall’altro temono di causarne il regresso. “E poi, suppongo che a casa faccia un abuso dello smartphone, con i poveri genitori quasi obbligati a tenere a bada il figlio con il mezzo tecnologico”, riprende l’educatore.

Come non menzionare la scena frequente nei ristoranti e nelle pizzerie, con decine di mamme e papà che gestiscono i capricci e i pianti dei figli, consegnando tra le mani di questi il mezzo tecnologico che smanettano sul display con il piccolo indice?

“Stanotte mi sono addormentato alle 4”, afferma il ragazzo all’educatore, che rilancia: “Perchè che hai fatto?”. “Sono stato a giocare al telefono e poi su Instagram”, la risposta. “E non avevi sonno?”, la nuova domanda. “No, non mi ricordo che ora fosse, ma ora ho sonno”. Ecco un’altra dinamica tra minore ed educatore durante lo svolgimento dei compiti pomeridiani.

All’interno delle aule, stando seduti al banco, bambini e ragazzi mantengono una soglia dell’attenzione bassa che va a ritmo dello scroll sul display. Ciò che rende veramente complicato mantenerli presenti a loro stessi nel contesto di classe o soltanto nelle relazioni tra pari. Durante la spiegazione in classe, in palestra o semplicemente a ricreazione, non smettono di ondeggiare il corpo, la testa e le braccia ad un ritmo suggerito dalla visione di un video su tiktok emulando qualche verso e gesto di tendenza sui social. I ragazzi sembrano vivere un mondo parallelo lontano dalla realtà del contesto scolastico.

Ormai per i teenagers, il gioco è associato quasi esclusivamente ai games Minecraft o Fortnite che li tengono con gli occhi sbarrati fino a notte fonda; pochi affermano di utilizzare la playstation per giocare virtualmente con i compagni. Immedesimandosi completamente in quella tipologia di videogames, che non sono proprio un modello da emulare, tra violenze messe in atto da gang rivali. Ma qui si aprirebbe un’altra finestra di riflessione, che rinviamo ad altra occasione. L’impatto del virtuale nella vita dei bambini e degli adolescenti è talmente invasivo che, ormai, questi trasferiscono la rapidità di comunicazione online – fatta di errori ortografici, maiuscole, punteggiatura o linguaggi abbreviati – sui loro quaderni.

Le situazioni molto verosimili, che di virtuale possiedono ben poco, descritte fin qui, rappresentano lo spaccato di vita quotidiana che devono fronteggiare docenti, educatori, pedagogisti. Attraverso una petizione in cui sono state coinvolte celebrità come Paola Cortellesi, Stefano Accorsi e Luca Zingaretti, e che ha raccolto, dall’inizio dell’anno scolastico, sulla piattaforma Change oltre 50.000 firme, i promotori – lo psicoterapeuta dell’età evolutiva Alberto Pellai e il pedagogista e direttore del Cpp, Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti, Daniele Novara – invocano il divieto di utilizzare e acquistare gli smartphone agli under 14 e l’accesso ai social network agli under 16. Hanno acceso una spia sui rischi della tecnologia invasiva a livello cerebrale, ricordando come scritto nella nota che “ci sono aree del cervello, fondamentali per l’apprendimento cognitivo, che non si sviluppano pienamente se il minore porta nel digitale attività ed esperienze che dovrebbe invece vivere nel mondo reale. Simili comportamenti in età prescolare portano ad alterazioni della materia bianca in quelle aree cerebrali fondamentali per sostenere l’apprendimento della letto-scrittura”.

Sull’allarme destato dai pericoli psicofisici e dell’apprendimento dei bambini e dei teenagers, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha già varato la norma che vieta l’utilizzo dello smartphone in classe per gli alunni dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di primo grado per fini educativi e didattici, con deroga di utilizzarlo da supporto per gli alunni con disabilità o con specifici disturbi dell’apprendimento. In un certo senso la limitazione dell’utilizzo del dispositivo tecnologico nelle aule prevede anche un ridimensionamento dell’utilizzo del registro elettronico e la conseguente responsabilizzazione degli scolari che devono annotare sul diario i compiti.

Alla base di questa decisione ci sono due rapporti internazionali che confermano i pericoli a cui sono esposte le nuove generazioni, che ogni giorno si ritrovano tra le mani “un mondo” che non sempre, alla loro giovane età, possono essere in grado di affrontare. Il Global education monitoring report, 2023: technology in education: a tool on whose terms? dell’Unesco, e il Programma per la Valutazione Internazionale degli Studenti (Pisa) evidenziano un legame negativo tra l’uso eccessivo delle tecnologie e il rendimento degli studenti.

Declinando i dati emessi dai rapporti internazionali, Francesca Palumbo, docente di un istituto superiore barese, a partire dalla sua esperienza in cattedra, conferma tali problematiche: “L’uso dei cellulari in classe distrugge la concentrazione e ostacola il processo di apprendimento. Nel contesto scolastico è fondamentale che gli studenti rimangano immersi nelle attività didattiche senza continue distrazioni digitali”. A rimetterci è anche la qualità delle relazioni: “I cellulari non solo distolgono l’attenzione dalle lezioni, ma compromettono anche l’interazione tra studenti e insegnanti, riducendo il tempo dedicato a riflessione critica e apprendimento collaborativo. La loro presenza rischia di incoraggiare l’uso passivo delle tecnologie, anziché lo sviluppo di competenze essenziali come l’attenzione, la comunicazione e la capacità di affrontare problemi complessi”, conclude la docente.

E al di fuori dell’ambiente scolastico cosa accade? Non a caso i promotori della petizione esortano al divieto di acquistare smartphone agli under 14, paragonandolo ad una sigaretta che, ovviamente un genitore non lascia fumare al proprio figlio tanto facilmente. Non si tratta di una misura repressiva o antitecnologica bensì di una tutela rivolta ad amplificare i propri positivi effetti nel campo educativo e culturale.

Dietro le qualità della velocità, del multitasking, della sensazione di avere infinite risorse e potenzialità lo smartphone nasconde trappole che ingabbiano il cervello dei giovanissimi che, come ricordano gli esperti, è vulnerabile alla dopamina mentre si accede ai social e ai video giochi.

Deprivazione di sonno, deficit di attenzione e concentrazione, diminuzione dei rapporti sociali, dissociazione della realtà generati proprio dal massiccio utilizzo dello smartphone sono gli effetti negativi sui ragazzi. In modo superficiale si è sottovalutato il problema dell’uso del virtuale nel quotidiano e neanche gli adulti sono pienamente consapevoli di quello che accade quando l’indice della mano dei propri figli sul display diventa ossessivo. E’ risaputo che il lockdown, durante la pandemia, ha reso necessario l’utilizzo dei device; ma è anche vero che ha scatenato gravi fragilità tra i giovani, fino a dover combattere con le adeguate terapie l’isolamento sociale e il fenomeno degli hikikomori, che blocca i ragazzi tra i muri di casa con il display del telefono o il monitor del pc, come unica finestra sul mondo.

Concreta preoccupazione per l’uso dello strumento tecnologico e una proporzionale fermezza nell’accogliere i punti della petizione esprime Raffaella Pantaleo, medico specializzato in neuropschiatria infantile, impegnata nella provincia di Bari che ben conosce le dinamiche che bloccano i ragazzi davanti ad uno schermo: “L’ utilizzo eccessivo e prolungato delle tecnologie è associato ad importanti problematiche a carico della salute sia fisica che psichica di bambini, ragazzi e adolescenti”.  E prosegue: “Ormai posso constatare che assistiamo a evidenti disturbi di diversa natura che provocano danni alla salute fisica come problemi alla vista, correlati sia all’esposizione alla luce dello schermo degli smartphone sia alla ridotta esposizione alla luce naturale. E ancora, disturbi a carico dell’apparato muscolo-scheletrico per l’assunzione di posture scorrette, casi di obesità infantile, secondari alla sedentarietà e all’assunzione sregolata dei cosiddetti cibi spazzatura”. La dottoressa approfondisce i risultati  di studi che hanno dimostrato i pericoli dell’eccessiva esposizione ai dispositivi digitali: “Sono evidenti le conseguenze sullo sviluppo cognitivo dei bambini, sui rendimenti scolastici che diventano negativi. Anche la qualità del sonno risulta scadente, a causa dell’interferenza degli stimoli luminosi degli smartphone sulla produzione di melatonina. Ne consegue una maggiore distraibilità, difficoltà nel mantenimento dell’attenzione e nello studio, stanchezza e irritabilità durante le ore diurne”.

Da questi disturbi sul benessere fisico a problemi di dipendenza il passo è breve: “L’utilizzo eccessivo degli strumenti digitali può causare una vera e propria dipendenza, innescando gli stessi meccanismi che si attivano con le sostanze o le attività che provocano assuefazione inducendo aggressività, ansia, depressione e isolamento sociale.” Questi ultimi sono comportamenti o atteggiamenti che immettono in uno stato vorticoso di frustrazione, che può scatenare devianze o difficoltà relazionali per reggere lo sforzo richiesto o per accettare la sconfitta. Il sovrautilizzo del virtuale rende più deboli i giovani nella gestione della frustrazione che, nel reale, è inevitabile dover affrontare. E’ un caso che i numerosi episodi di violenza domestica o tra gruppi di amici, che stanno riempiendo le pagine dei giornali, abbiano come protagonisti giovani o adolescenti? Una concausa di questo degrado comportamentale, al limite dell’accettazione della vita propria e del prossimo, non può essere anche l’uso improprio del mezzo tecnologico?

Alla luce di queste considerazioni, la dott.ssa Pantaleo reputa la circolare del ministero dell’istruzione “un tentativo di contenere e limitare, si spera, le problematiche descritte. Del resto, il divieto riguarda solo i telefoni cellulari, e non altri dispositivi digitali, che potranno comunque essere utilizzati a fini didattici sotto il controllo e la guida dei docenti”.

La terra di mezzo tra i vantaggi e gli svantaggi dell’uso degli smartphone e dei tablet è un terreno da continuare ad analizzare sempre con toni costruttivi, perché in gioco c’è il benessere delle nuove generazioni: “La fragilità che oggi constatiamo nell’età evolutiva, e più in generale i problemi legati alla salute mentale, sono anche – non solo, ma anche – il risultato del fatto che gran parte della vita dei minori si è trasferita nella dimensione digitale”, spiega lo stesso Pellai. Tornare a toccare la realtà è, dunque, quanto mai urgente.

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