Quando si ama la propria terra, si vive in simbiosi con essa per sempre. E il desiderio di raccontarla, di ascoltare testimonianze – tra passioni, tradizioni e contraddizioni – diventa quasi un’esigenza. La storia affascina, infonde certezze e dissolve le ombre, ma soprattutto nutre gli animi di chi osserva il passato per chiarire il presente. Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis ci insegna Cicerone. E di storia come memoria e fendente, a volte feroce, ci parla il giornalista barese Massimiliano Ancona, classe 1969, nel suo ultimo libro La bella e il campione. Le fiamme e il sepolcro imbiancato. Quel terribile 1991.
Nonostante i diversi riconoscimenti, tra cui i premi “Giornalista di Puglia – Michele Campione” e “Franco Sorrentino”, Ancona è un professionista che non ama i riflettori e che preferisce il lavoro sodo e silenzioso, affidando alla sua penna, genuina e autentica, le sue frizzanti cronache, soprattutto calcistiche, come redattore della Gazzetta dello Sport. Dopo il successo delle varie tappe baresi, il libro è stato presentato a Palo del Colle, nell’ambito della rassegna Estate con noi. Libri sul colle. Per comprenderne ispirazione e contenuti, abbiamo intervistato l’autore.
Come nasce questo progetto editoriale?
Avevo voglia di raccontare una storia. Ho cominciato da quella di un d.j. barese, bravissimo e sfortunato. Si chiamava D.j. Trip, ovvero Cesare Tripodo, uno dei più bravi a livello mondiale. Contemporaneo, per intenderci, di altri d.j. come Albertino e Linus, noti a tutti, oltre che di Claudio Coccoluto, scomparso l’anno scorso. Ebbene, d.j. Trip era così abile soprattutto nello scratch da lottare alla pari con i migliori colleghi americani e contendere loro il titolo iridato. Sono partito dalla sua storia, appunto, finita in modo tragico. È morto in un incidente stradale nei pressi dello stadio San Nicola, all’altezza della chiesa di Santa Fara, nella notte del 20 ottobre 1991. Una settimana prima dell’incendio del Teatro Petruzzelli. E così, cercando materiale su questi due eventi, ho compreso che non solo questi ma tutto il 1991 andava raccontato. Con i suoi pochi splendori e le sue tante miserie. Di più, un’altra cosa che mi sta particolarmente a cuore è che, d’accordo con l’editore Stefano Ruocco, titolare di Wip edizioni, la mia parte di guadagno dalle vendite del libro sarà devoluta all’Associazione italiana per la lotta contro la leucemia di Roma. E la prima edizione è già esaurita…
Il 1991 è un anno che ha lasciato un’eredità pesante…
Vero. E non è un caso che “Quel terribile 1991” sia il sottotitolo… Ci sono stati degli eventi le cui conseguenze sono attualissime. È stato l’anno della prima guerra del Golfo per la liberazione del Kuwait, occupato dall’Iraq di Saddam Hussein, definito dall’Occidente come la personificazione del male o Hitler, solo per fare degli esempi. Omettendo che il dittatore iracheno era stato armato per anni proprio dalle potenze occidentali, Usa, Francia, Gran Bretagna e Italia in primis, per contrastare l’Iran di Ruhollah Khomeyni, l’ayatollah che, con la rivoluzione del 1979, aveva rovesciato un altro amico delle potenze occidentali: lo Scià di Persia, altro sanguinario dittatore, come Saddam Hussein. Ma l’Occidente, finché questi personaggi sono serviti o servono, non si è mai fatto e non si fa problemi a concludere affari, salvo stracciarsi i capelli e scoprire che sono dittatori, quando vanno fuori controllo. Qualcosa di assai simile è accaduta nell’ultimo ventennio con Vladimir Putin, un altro sincero nemico della democrazia eppure presente in tutti i consessi internazionali fino al 23 febbraio, nonostante la repressione operata dal suo esercito in Cecenia o in Ossezia, per esempio. A tal proposito, nel 1991 si dissolve l’Unione Sovietica e a settembre l’Ucraina si stacca da Mosca… Il 1991 segna anche la fine della Jugoslavia e dell’apartheid in Sudafrica, contro cui cessa l’embargo internazionale. Basterebbero questi eventi per definire il 1991 un anno cruciale della storia recente. Senza dimenticare le scomparse di Freddie Mercury, leader dei Queen, dell’attore e chansonnier Yves Montand, che aveva origini italiane, di Miles Davis, il “Picasso della tromba”, e di un mattatore delle scene di origini pugliesi come Walter Chiari. E ancora, nel 1991 ci sono stati il delitto dell’Olgiata e la tragedia del traghetto Moby Prince, la più grave della marineria civile italiana con ben 141 morti…
Nel titolo sintetizzi l’anima del libro. Raccontaci il perchè di questa scelta…
Vivo e lavoro a Roma da 15 anni ma sono di Bari e sono orgoglioso di esserlo. Il titolo si riferisce ai quattro avvenimenti per i quali la mia città nel 1991 si è presa la scena. La bella è Monica Bellucci, al debutto da attrice nel film La riffa di Francesco Laudadio, girato in larga parte proprio a Bari. Il campione è David Platt, l’acquisto più costoso nella storia del club biancorosso, finito – nonostante un mercato faraonico – in serie B. Le fiamme sono quelle dolose che hanno distrutto il Teatro Petruzzelli e col sepolcro imbiancato ho rievocato lo scontro istituzionale tra il compianto sindaco Enrico Dalfino, docente di Diritto amministrativo, e il presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, in riferimento alla gestione dell’esodo albanese seguito all’arrivo della motonave Vlora con 20mila disperati a bordo l’8 agosto 1991…
In questo volume hai unito le tue grandi passioni: storia e calcio…
In questo libro il calcio è presente: il Bari di Platt, la positività alla cocaina di Diego Armando Maradona e un cenno allo scempio che sono stati i Mondiali d’Italia 90 oltre all’arrivo in biancorosso del croato Zvonimir Boban lo certificano. Così come le pagine dedicate alla finale – la più brutta della storia – di Coppa dei Campioni tra Olympique di Marsiglia e Stella Rossa di Belgrado, disputatasi a Bari il 29 maggio 1991. Ma, come il lettore potrà verificare, tali vicende non sono mai slegate dagli avvenimenti che – in qualche modo – le hanno provocate o nell’ambito dei quali sono accadute. Quindi questo mio ultimo lavoro è principalmente un libro di storia.
Non si tratta della tua prima fatica letteraria. Hai dedicato alla tua amata Bari e ai baresi un altro interessantissimo libro. Ce ne vuoi parlare?
Sì, “La Bari dei baresi e altre storie…”, edito sempre dalla Wip di Bari, è però principalmente una storia di calcio. Quella di una squadra composta per 14 ventunesimi da atleti indigeni, che – sotto la guida di un tecnico all’avanguardia, il compianto Enrico Catuzzi – ha sfiorato la promozione in Serie A nel torneo 1981-82 giocando un calcio spettacolare. La bellezza di quelle partite mi ha accompagnato per quasi 40 anni. Finché nel 2019 ho pubblicato il libro. Anche in questo caso, però, non mi sono limitato al calcio, pur essendo quest’ultimo il tema principale, ma ho raccontato fatti grandi e piccoli che hanno scandito gli anni dal 1977 al 1982, anni anche quelli terribili. Pensiamo, solo per esempio, alla presunta evasione di Herbert Kappler, alle vicende di Aldo Moro, del primo grande calcioscommesse, delle stragi di Ustica e Bologna, del terremoto dell’Irpinia, della P2 “metastasi delle istituzioni repubblicane”, della tragedia di Vermicino. Ma non ho tralasciato le canzoni, i programmi televisivi, i film più visti dell’epoca, persino la cronaca rosa. Il che vale anche per il mio ultimo progetto letterario che si riferisce al 1991.
Progetti futuri?
Sto lavorando a un volume che non si discosta dai precedenti, ma che riguarderà ovviamente un’altra epoca. Sono ancora alla fase embrionale e sarà ancora una volta un libro di storia, in cui però non mancherà il calcio perché come ama ripetere l’ex ct azzurro Arrigo Sacchi: “Il calcio è la cosa più importante tra le cose meno importanti”.
Le foto di questo articolo sono di Tess Lapedota