Sono trascorsi quattro mesi da quando Alaa Abdel Fattah, il più noto attivista per i diritti umani in Egitto, blogger e volto della rivoluzione di piazza Tahrir, ha iniziato lo sciopero della fame in carcere. Più di quattro mesi a digiuno perché le autorità egiziane rispondano alle sue richieste: indicare un giudice che indaghi sulle sue denunce in merito alle violazioni commesse nelle prigioni e autorizzare la visita in carcere del console della Gran Bretagna, di cui Alaa è cittadino da pochi mesi. Con la lettura delle sue parole, tratte dal libro Non siete stati ancora sconfitti, è cominciato l’evento organizzato dal Gruppo Giovani 063 di Amnesty International Bisceglie, durante il quale si è cercato di accendere una luce sulle violazioni dei diritti umani che ancora oggi si verificano in Egitto, grazie al prezioso aiuto di Riccardo Noury, blogger, autore e portavoce di Amnesty International – Italia, e Laura Cappon, giornalista e co-autrice della graphic novel Patrick Zaki. Una storia egiziana.
Violazioni che vengono commesse dal regime con drammatica regolarità nonostante la sofisticata operazione di cosmesi politica che il regime di al-Sisi sta attuando per ripulire l’immagine di un Paese che sarà sempre più al centro dello scenario internazionale nei prossimi mesi. Dall’Egitto passerà il gas israeliano che deve arrivare in Europa (un accordo trilaterale da numerosi miliardi di dollari, siglato solo qualche settimana fa dall’Ue, che riempirà le casse di Israele, che venderà il suo gas, e quelle dell’Egitto, che dovrà trasformarlo in Gnl per farlo arrivare da noi) ed è lì che a novembre si terrà la 27esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
Proprio in vista di questo appuntamento, 36 organizzazioni non governative (tra cui Amnesty International) hanno chiesto al governo del Cairo di allentare la morsa della repressione e di rispettare i diritti di riunione e protesta pacifica. La legislazione vigente, infatti, non pare andare in questa direzione: la legge 107 del 2013 sui raduni pubblici, le processioni e le proteste pacifiche garantisce alle forze di sicurezza pieni poteri di vietare le proteste e di ricorrere alla forza per scioglierle, mentre la 10 del 1914 (tuttora in vigore sebbene risalga a oltre un secolo fa) legittima i processi di massa contro i manifestanti pacifici. Lo stato di emergenza è stato abrogato dal presidente al-Sisi lo scorso ottobre, ma è evidente come molte delle norme tiranniche che prima venivano giustificate sulla base della regolamentazione speciale siano ormai state assorbite e “normalizzate” dalla legislazione ordinaria.
Appaiono quindi grotteschi i tentativi del regime di rappresentare un Paese diverso, un Egitto che riapre il dialogo politico per la prima volta dal 2014, ma dal quale continuano ad essere tagliati fuori i Fratelli Musulmani, uno dei soggetti politici più rappresentativi del Paese. Che riattiva il Comitato per la grazia presidenziale, affidando però le richieste di liberazione agli uomini delle agenzie di sicurezza nazionale che poi arrestano e seviziano i prigionieri politici. Quegli stessi uomini responsabili del sequestro e dell’omicidio di Giulio Regeni, che però l’Italia, nel 2016, ha ugualmente scelto di “formare”, ospitandoli nelle strutture di addestramento della Polizia di Stato a Brescia, La Spezia, Pescara e Abbasanta. È quanto emerge dal documento Complici ufficiali, recentemente pubblicato e curato da Egyptwide, di cui Laura Cappon ha scritto in maniera approfondita su Domani. Dall’analisi di fonti istituzionali pubbliche italiane ed europee, appare evidente come la collaborazione tra Roma e Il Cairo sia diventata negli anni sempre più stretta all’interno di programmi creati per prevenire l’immigrazione nel Mediterraneo e il terrorismo. Beneficiari di molte delle iniziative di cooperazione tra i due Paesi sono stati gli agenti della National Security Agency, l’agenzia di intelligence egiziana che fa capo al Ministero dell’Interno, a cui le Nazioni Unite imputano la soppressione dello stato di diritto.
Nel corso della serata organizzata dai giovani di Amnesty Bisceglie si è quindi cercato di raccontare alcune tra le storie delle migliaia di vittime degli abusi perpetrati dal regime egiziano, le infernali condizioni in cui vengono arbitrariamente detenuti attivisti, giornalisti, avvocati, studenti, manifestanti pacifici, politici dell’opposizione e difensori dei diritti umani e anche le opache relazioni che legano questo paese autoritario all’Italia e all’Unione Europea. L’immagine che ne è venuta fuori è quella di un Paese in cui i diritti alla libertà d’espressione e associazione sono ancora duramente repressi, dove le autorità continuano regolarmente a prendere di mira i difensori dei diritti umani, politici dell’opposizione e altri attivisti attraverso mandati di comparizione illegali, interrogatori coercitivi, misure cautelari extragiudiziali, procedimenti giudiziari iniqui e aggiungendo i loro nomi alla “lista dei terroristi”.
Le persone arbitrariamente detenute in Egitto, nonostante la serie di scarcerazioni “mirate” e utilizzate a fini di propaganda dal regime, sono tutt’oggi migliaia. Nel corso del 2021, come messo nero su bianco dal rapporto annuale di Amnesty International, sono state emesse nuove condanne a morte al termine di processi gravemente viziati e sono state eseguite diverse esecuzioni, anche per reati minori come quelli riguardanti il traffico di sostanze stupefacenti. Il parlamento egiziano ha approvato una serie di modifiche legislative che hanno ampliato la giurisdizione dei tribunali militari sui civili, erodendo le garanzie di equità processuale e criminalizzando eventuali denunce contro i militari. Le autorità, al contrario, non hanno invece provveduto a indagare adeguatamente o punire i reati di violenza sessuale e discriminazione di genere, introducendo negli scorsi mesi una legislazione che ha ulteriormente compromesso i diritti e l’autonomia delle donne.
L’evento si è svolto negli spazi di Controcorrente sos A.p.S a Trani, bar all’aperto e locale per eventi e spettacoli che integra al suo interno ragazzi con difficoltà relazionali e cognitive, oltrepassando il mero assistenzialismo, in favore di un percorso di autodeterminazione che sia volto a rendere i ragazzi stessi protagonisti assoluti del loro futuro. Per l’occasione è stato possibile ammirare i disegni realizzati dall’artista ravennate Gianluca Costantini – poi confluiti nella mostra intitolata 60 volti in 60 anni (clicca qui) – per celebrare i 60 anni di attività di Amnesty International e sottoscrivere l’appello dell’associazione indirizzato al presidente egiziano al-Sisi, con cui si chiede l’immediata e incondizionata scarcerazione di due attivisti, rei soltanto di aver esercitato pacificamente i propri diritti umani.