Il “paradiso” in chiave etno di Carmen Souza

Tra Capo Verde, semba e quilapanga angolane, sonorità brasiliane e ritmi afroamericani il trio Souza, Pascal e Kacomanolis inaugura il Beat Onto Festival Jazz

Parais, cor vermej, sabor sabi. Il Paradiso, il color vermiglio del tramonto, un buon sapore. È questa l’immagine che la capoverdiana-portoghese Carmen Souza ha dell’Africa. Ed è così che la canta al mondo nei versi finali della sua Afri Ka, pezzo con cui lei, Theo Pascal (basso, contrabbasso) e il mozambicano Elia Kacomanolis (batteria, percussioni) hanno chiuso il secondo set della prima scoppiettante serata della diciottesima edizione del Beat Onto Jazz Festival, in piazza Cattedrale a Bitonto, dopo l’esibizione di Daniela Spalletta e Urban Fabula.

Carmen Souza Piazza Cattedrale
Uno scatto di Piazza Cattedrale dall’alto durante la performance di Carmen Souza. Foto: Carmelo Bacco

Una musica che un grande sperimentatore come David Sylvian non ha esitato a definire “senza eguali, di rara limpidezza. Il soul del mondo del ventunesimo secolo”. Tra musiche e danze di Capo Verde (morna, batuque, funaná), semba e quilapanga angolane, sonorità brasiliane e influenze europee e americane, il duo Souza- Pascal – allieva l’una, maestro l’altro, che l’ha iniziata al jazz – riesce davvero a restituire con grande originalità e inventiva l’anima di un mondo senza frontiere e confini, aperto, felicemente contaminato, ibrido.

Come del resto è il creolo che dà nome al loro ultimo album, Creology, un inno alla creazione, al mescolamento di culture e tradizioni diverse, diacronicamente e sincronicamente intese, con particolare attenzione alle sonorità e sensibilità dei paesi lusofoni. Carmen Souza canta col sorriso di chi si è schiuso al mondo. In creolo e portoghese, a volte in inglese, come nel radicale rifacimento d’un classico di Glenn Miller come Moonlight Serenade, contrassegnato da una libertà espressiva e da una spensieratezza che dicono tanto della sua intensa personalità.

Che la porta a passare con estrema vivacità e disinvoltura dal pianoforte alla chitarra, dai fraseggi indiavolati dello scat ad un cantato più morbido e meno sincopato, dal registro basso a quello alto. Del resto i suoi riferimenti sono molteplici, dalle voci di Cesária Évora, Billie Holiday e Ella Fitzgerald agli strumenti di Charles Mingus, Bill Evans, Herbie Hancock, Miles Davis e Keith Jarret. Un incontro, quello col grande jazz, avvenuto nel momento in cui ha conosciuto, diciassette anni fa, il talentuoso bassista portoghese Theo Pascal, grande conoscitore della produzione jazzistica internazionale, nonché vero e proprio mentore per Carmen.

Ascoltarli è un piacere che a malapena è possibile contenere nell’innaturale compostezza dei corpi seduti. E allora ecco i piedi impossessarsi del ritmo, le mani battere a tempo, i corpi alzarsi e prorompere in una danza che non si può più rimandare.

In alto: Carmen Souza durante l’esibizione sul palco del Beat Onto Jazz