Il valore della vita tra scienza, prevenzione e speranza

Al convegno promosso dall’Associazione ALBA Trapiantati di Barletta, medici ed esperti tracciano il bilancio di un anno straordinario per gli interventi su fegato e rene in Puglia

Donazione e trapianto. Due percorsi paralleli che ogni giorno s’intrecciano grazie a competenze, generosità e innovazione, restituendo vita e futuro a migliaia di persone. Su questi temi, in un clima di sincera e sentita condivisione, si è svolto l’annuale convegno promosso dall’Associazione ALBA Trapiantati di Barletta. Un appuntamento di alto valore medico-scientifico e umano, in cui esperti, operatori sanitari e cittadini si confrontano sui progressi e la qualità dei risultati in relazione a donazione e trapianti di rene e fegato.

La Puglia sta correndo negli ultimi anni una gara importante, tenendosi incollata alle regioni che vantano il primato nazionale: Emilia Romagna, Lombardia e Toscana. Come testimoniano i dati relativi all’anno in corso: “Il tasso di donazione per milioni di persone è migliorato significativamente, passando da meno del 10% – percentuale che accumuna tutto il Sud Italia – ad un corposo 21%. Un risultato che fa ben sperare nel futuro, ispirando un profondo orgoglio regionale“, dichiara il prof. Loreto Gesualdo, coordinatore a livello regionale dell’attività di trapianto.

La regione a fine anno potrà contare 100 trapianti di cuore (84 già effettuati), 100 di fegato e 120 di rene. Un successo che consente alla Puglia di mantenere uno standard elevatissimo, trattandosi di una regione meridionale e considerando che la media nazionale dei trapianti è del 28%.

Questi risultati sono il frutto del duro e solerte impegno messo in campo da tutti gli addetti ai lavori: medici, infermieri e personale sanitario: ”I numeri si fanno grazie a donne e uomini di grande volontà. Grazie a staff medici che hanno coordinato, e continuano a coordinare, il complesso ed impegnativo percorso relativo al recupero degli organi. Squadre addestrate ad effettuare espianti e trapianti, formatisi spesso al nord e tornati in Puglia, per mettere, a servizio della propria terra, esperienza, professionalità e preparazione”, commenta Gesualdo.

Il vero tallone d’Achille sono le ancora lunghe liste d’attesa. Liste interminabili e per questo nemiche della speranza per i pazienti che ci finiscono dentro. Come sanno bene i cittadini affetti da malattia renale cronica, destinati al calvario della dialisi in attesa di trapianto.

La ricerca scientifica, negli ultimi anni, è servita anche ad analizzare i punti di debolezza e individuare una strategia operativa che possa rivelarsi vincente. Oggi la medicina apre ai pazienti affetti da malattie renali croniche un nuovo orizzonte terapeutico: il trapianto pre-emptive, una soluzione salvavita che anticipa la dialisi e ne rappresenta l’alternativa definitiva. Un intervento che privilegia il trapianto da donatore vivente, offrendo così un organo di migliore qualità e una prospettiva più lunga e stabile di funzionamento nel tempo.

Traguardi significativi, in tal senso, sono stati raggiunti presso il Reparto di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale Dimiccoli di Barletta, coordinato dalla direttrice dott.ssa Tiziana Piccolo: grazie al lavoro di tutto lo staff, oggi sono 38 i pazienti in lista di attesa per il trapianto, con 18 già pronti ed idonei alla soluzione pre-emptive.

Numeri importanti, frutto di un grande e impeccabile lavoro di squadra. Ognuno – medici, psicologi, infermieri, case manager e pazienti stessi – ha saputo muoversi con chiarezza e consapevolezza del proprio ruolo, in un percorso ben coordinato e scandito nei tempi. Questa organizzazione, precisa e integrata, ha permesso di accelerare e rendere più fluido il percorso di cura dei pazienti, accompagnandoli in poco tempo verso il trapianto. “Il nostro obiettivo – spiega la dott.ssa Piccolo – è potenziare l’inserimento dei pazienti già pronti e preparati nelle liste d’attesa per il trapianto pre-emptive, prima dell’avvio della dialisi. Un risultato che conferma il trend di crescita che si va registrando.”

Nemici di questa prassi operatoria possono essere tanti fattori esterni al paziente: l’insufficiente preparazione dei familiari, il limitato numero di donatori, il ritardo nella diagnosi o, addirittura, il paziente stesso, il suo atteggiamento poco collaborativo in fatto di cure e preparazioni. Ecco perché, spiega Piccolo: “Il ruolo del paziente è il cuore del processo: tocca a lui garantire collaborazione e partecipazione, gestendo con attenzione il percorso. Ciò che fa davvero la differenza.”

Ma continuando nella lista dei “nemici” che il paziente può farsi lungo il proprio percorso di vita, emerge sempre più chiaro che il peggiore è proprio egli stesso. Siamo noi con le nostre cattive abitudini alimentari; noi e il nostro errato stile di vita, noi e la nostra pigrizia, la nostra comfort zone, nella quale abbiamo fatto spazio a tante influenze culturali estranee ed esterne, amalgamandole con le nostre in un mix esplosivo. Oggi in occidente si consumano da 35 a 50 kg di zuccheri pro-capite l’anno, giusto per fare un esempio.

Un fenomeno destinato a produrre nel lungo termine risultati devastanti: un vertiginoso aumento di steatoepatite non alcolica, l’ingrossamento del fegato che può degenerare in cancro. Come ha confermato il prof. Gabriele Catalano, specialista in chirurgia epatobiliare e trapianti di fegato, presso il Centro Trapianti nazionale Cisanello di Pisa.

La patologica metabolica presenta una caratteristica pericolosa: è resistente all’insulina. Ciò che comporta una disfunzione e una alterazione nel corretto funzionamento del fegato, causata dal fatto che il glucosio non viene assorbito dall’insulina e inizia a depositarsi nel sangue. Il corpo si debilita pian piano ma il campanello d’allarme scatta solo quando la patologia si manifesta in tutta la sua gravità. “I classici esami del sangue non segnalano il problema. Restituiscono alterazioni dei valori delle transaminasi, della GAMMA GT, che potrebbero spingere ad approfondire il caso optando per una biopsia. E nei casi più gravi si devono disporre radiografie dell’addome, ecografie ed esami mirati come per esempio il fibroscan epatico”, spiega Catalano.

Nel paziente affetto da patologia metabolica il trapianto è possibile ma oggettivamente complesso tanto quanto il decorso clinico post trapianto: è doveroso, infatti, rispettare un corretto stile di vita, rispettare l’assunzione di farmaci antirigetto che a loro volta alterano la funzione metabolica. Si devono annullare, in definitiva, tutti gli altri fattori di rischio esterni o quanto meno si deve cercare di controllarli e tenerli a bada. Ecco perché, conclude Catalano: “Siamo contenti per un trapianto in più ben riuscito ma lo saremmo di più evitandone due se solo si facesse corretta prevenzione, i cui principali alleati sono sport e corretta alimentazione, la prima terapia da adottare soprattutto con i bambini ed i giovani”.

Il trapianto, com’è chiaro, è una terapia salvavita molto rischiosa che non sempre offre un epilogo positivo, a causa del possibile rigetto o, nei casi peggiori, di incidenti di varia natura o problemi clinici del paziente che possono compromettere l’impianto d’organo, facendo registrare casi di drop – out, l’impossibilità cioè di eseguire altri trapianti.

La Puglia, come chiarisce la dott.ssa Irene Scalera, specialista in chirurgia epatobiliare e trapianti di fegato del Policlinico di Bari, ha registrato un trend molto positivo negli ultimi due anni, passando da una percentuale di drop-out del 14,8% nel 2023 all’attuale 5,8%, relativamente al trapianto di fegato. Ecco perché non è importante soltanto il numero di interventi effettuati in un anno in un centro specialistico ma anche il rapporto qualità-esito degli stessi.

In Puglia, nel corso di quest’anno, il tasso di mortalità si è drasticamente ridotto, attestandosi al 3,8%: soltanto 2 pazienti su 52 non sono sopravvissuti all’intervento. Un risultato che segna un importante passo in avanti. L’obiettivo resta duplice: salvare il maggior numero possibile di vite e ridurre i tempi di attesa, ma soprattutto offrire una prospettiva di speranza ai pazienti oncologici che vivono situazioni al limite. “La Puglia – spiega la dott.ssa Scalera – come altre regioni è entrata a far parte del protocollo nazionale dedicato ai pazienti affetti da metastasi epatiche non operabili, in particolare da tumore del colon-retto, colangiocarcinoma intraepatico o peri-iliare e epatocarcinoma. Un passo decisivo per ampliare le possibilità di cura e migliorare la prognosi di chi, fino a poco tempo fa, non aveva alternative.”

Il convegno si è concluso con una testimonianza che ha toccato tutti i presenti: quella di Giuseppe, otto anni, e Michele, quattordici, due fratellini di Barletta affetti da una rara patologia epatica congenita. Il primo ha ricevuto il fegato dal padre, il secondo da un donatore deceduto. Una storia che racchiude il senso profondo del trapianto: amore, coraggio e gratitudine. Sulla scia di questa commovente testimonianza, il presidente dell’Associazione ALBA Trapiantati Onlus, Amelio Paparella, egli stesso con un trapianto di fegato ormai alle spalle, ha ringraziato i partecipanti, le istituzioni e il Circolo Tennis che ha ospitato l’iniziativa, dimostrando grande sensibilità e vicinanza al tema.

“Il trapianto è un dono, una cura salvavita che permette a milioni di persone di restare aggrappate alla vita”, ha dichiarato Paparella, visibilmente commosso. “Con lo stesso spirito di riconoscenza vogliamo continuare a sensibilizzare i cittadini, offrire ascolto e supporto morale e psicologico a chi affronta questo percorso, e guidarli verso i centri di trapianto più vicini alla nostra rete. Questa, da trapiantato, è la mia missione”, ha concluso.

Le foto si riferiscono al convegno al Circolo Tennis di Barletta