Il 2025 segna un traguardo importante per l’Unesco. Si festeggiano, infatti, i dieci anni dalla creazione della denominazione unica di Global Geoparks, che riconosce i territori di eccezionale importanza geologica, veri e propri laboratori viventi in grado di rendere manifesti, in tempo reale, alcuni dei principali processi geologici che coinvolgono la Terra, oltre a riconoscere il ruolo unico che le persone, le culture e le comunità locali svolgono nel cuore di questi siti.
Una designazione, quella di Geoparco Unesco, strettamente legata all’International Geoscience Programme, che, fin dal 1972, data di inizio del programma, ha riunito migliaia di scienziati attorno alla ricerca pionieristica nelle scienze della Terra, promuovendo al contempo un modello unico di conservazione del patrimonio terrestre per lo sviluppo sostenibile.
Quasi in concomitanza con le celebrazioni per questo decimo anniversario, anche la Puglia ha potuto gioire per il riconoscimento del territorio dell’Alta Murgia e delle Premurge come Geoparco Mondiale Unesco: un passaggio che ha confermato l’inestimabile valore geologico, naturale e culturale di questi territori. Con l’ingresso nella rete internazionale dei geoparchi, l’Alta Murgia e le Premurge si sono quindi unite a un’élite mondiale di territori impegnati nella tutela del patrimonio e nella promozione dello sviluppo sostenibile. Attualmente sono 229 i Geoparchi Unesco in 48 Paesi del mondo e il MurGeopark è il 12esimo geoparco riconosciuto in Italia, sotto la presidenza del commissario straordinario Francesco Tarantini.
Si tratta del risultato di un percorso iniziato nel 2021, quando il Parco Nazionale dell’Alta Murgia ha dato avvio all’iter di candidatura. La prima missione di valutazione si è svolta nel 2022, quando i commissari Unesco hanno esplorato il patrimonio geologico, naturale e culturale del territorio. Nel luglio del 2024 si è tenuta la seconda missione di valutazione, focalizzata sulla gestione sostenibile del territorio e il coinvolgimento delle comunità locali. Passaggi fondamentali che hanno portato alla proclamazione dello scorso settembre.
Partendo da queste considerazioni, assume dunque un particolare rilievo la seconda edizione di Biodiversa, la rassegna nazionale dedicata alle aree protette italiane, che si è svolta nel quartiere fieristico di Gravina in Puglia. Un’edizione speciale che ha celebrato il riconoscimento di MurGEopark come Geoparco Mondiale Unesco e che ha permesso di ospitare, per la prima volta in Italia, un vero e proprio summit nazionale dei Geoparchi. A Gravina si sono incontrate le esperienze di tutela, valorizzazione e sviluppo sostenibile di questi territori unici, custodi di un patrimonio geologico, ambientale e culturale di importanza internazionale.
I Geoparchi mondiali Unesco operano per aumentare la conoscenza e la consapevolezza del ruolo e del valore della geodiversità e per promuovere le migliori pratiche di conservazione, educazione, divulgazione e fruizione turistica del patrimonio geologico, secondo un concetto olistico che combina sviluppo sostenibile e comunità locali. Insieme ai siti del Patrimonio Mondiale dell’Umanità (WHL) ed alle Riserve della Biosfera (MAB), i Geoparchi mondiali Unesco rappresentano una gamma completa di strumenti finalizzati a promuovere lo sviluppo sostenibile, agendo sia a livello globale, sia a livello locale.
Ed è proprio per questo ruolo così delicato che i Geoparchi sono soggetti, ogni quattro anni, a un riesame del loro funzionamento e della loro qualità. Al termine di questo processo per la conferma di validazione il Geoparco riceve una carta verde se risponde ancora pienamente ai criteri (in tal caso conserva lo status), oppure una carta gialla se non risponde più ai requisiti (in tal caso gli viene dato tempo due anni per adeguarsi), oppure una carta rossa se nei due anni seguenti alla carta gialla non si è adeguato alle prescrizioni (in tal caso perde definitivamente lo status).
Tra gli appuntamenti più significativi di Biodiversa, l’approfondimento della Nature Restoration Law, la legge per il ripristino degli habitat degradati in Europa. Un provvedimento approvato dopo un iter tortuoso e sofferto, che ha in parte indebolito l’efficacia del regolamento che dovrebbe garantire la resilienza degli ecosistemi ai cambiamenti climatici e a fenomeni nocivi quali agricoltura intensiva, urbanizzazione, sfruttamento eccessivo delle risorse e inquinamento di aria, acqua e suolo.
Nonostante l’UE sia all’avanguardia nella legislazione per la biodiversità (le vigenti direttive proteggono oltre 460 specie di uccelli selvatici, 1.389 specie animali e vegetali e 233 tipi di habitat), solo il 27% delle specie tutelate ha uno stato di conservazione soddisfacente e più dell’80% degli habitat europei è degradato. La prima proposta di Nature Restoration Law risale a ben due anni fa, precisamente al 22 giugno 2022, ma l’iter di approvazione è stato fortemente osteggiato dalla destra europea, che ha presentato oltre 2.000 emendamenti e ha cercato di strumentalizzare il regolamento con una campagna di disinformazione massiccia.
Ma cosa prevede esattamente la Nature Restoration Law? Uno degli obiettivi principali è ripristinare almeno il 20% degli habitat degradati entro il 2030, per arrivare al 90% nel 2050. Fino al 2030 le attività si dovranno concentrare prevalentemente nelle aree protette a livello europeo, quelle che fanno parte della Rete Natura 2000, istituite sulla base della Direttiva Habitat. In particolare, gli stati membri devono ripristinare almeno il 30% delle torbiere drenate per il 2030 e il 50% entro il 2050. Nelle aree agricole sarà obbligatorio misurare tre diversi indicatori di biodiversità (abbondanza farfalle comuni, stock di carbonio organico nei terreni, percentuale di superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio a elevata diversità) e ottenere per gli anni futuri un miglioramento degli andamenti di almeno due di questi parametri.
Altro parametro di cui si vuole invertire la tendenza attualmente negativa è il numero degli impollinatori. Per quanto riguarda i corsi d’acqua, l’obiettivo è quello di ripristinare almeno 25.000 km di fiumi a scorrimento libero entro il 2030, attraverso l’eliminazione delle tante barriere obsolete ancora presenti. I fiumi europei contengono oggi più di un milione di barriere artificiali, e versano in uno stato di degrado delle acque. La rimozione delle barriere esistenti garantirà una maggiore continuità nelle reti fluviali, fondamentali per migliorare lo stato delle acque dell’UE e rafforzare la biodiversità.

Per quanto riguarda le città, non sarà consentito un consumo del suolo che vada a discapito delle aree verdi e si dovrà al contrario incrementare progressivamente tali aree e la copertura arborea. A proposito di alberi, la Nature Restoration Law punta a un aumento della biodiversità forestale, attraverso una gestione che mantenga una diversificazione delle età degli alberi e delle specie, e garantisca un aumento della diversità e abbondanza delle specie di uccelli boschivi. Oltre a questo, sarà obbligatoria la piantumazione di nuovi alberi (almeno tre miliardi entro il 2030 in tutto il territorio UE).
Biodiversa, evento di respiro internazionale, ha contribuito dunque a fare luce sulle ambiziose sfide che attendono gli stati membri dell’Unione Europea nei prossimi anni. Ribadendo, in tal senso, la centralità dei Geoparchi Unesco proprio in quell’ottica di “laboratori viventi” di cui parlavamo all’inizio.
Le foto sono tratte dalla pagina FB di Biodiversa 2025