Il galateo del metaverso? Chiedete a Mons. Della Casa

Un volume di Livio Tenerelli e Cristiano Marti, edito da Giazira Scritture di Noicattaro, invita alla gentilezza nelle relazioni sul web per evitare i rischi di degenerazioni causate spesso da fake news

Ogni tempo ha il suo galateo. E, quindi, oggi le regole della buona educazione sono da codificare anche nel mondo virtuale, per imparare a porsi in maniera rispettosa ed equilibrata nei diversi contesti della vita sociale.

Una necessità tanto più urgente a causa dall’abbuffata di comunicazioni digitali, a cui bisogna opporre una sana dieta per sviluppare benessere psicofisico e relazioni virtuose. E in questo ambito appare quanto mai centrale il dibattito sull’utilizzo dello smartphone da parte dei minori, con i rischi connessi alla facilità di accesso alle diverse piattaforme e il loro riverbero dalla dimensione virtuale a quella reale. Com’è noto, infatti, le manifestazioni di violenza, aggressività e autolesionismo spesso sono indotte proprio dall’uso scriteriato del cellulare.

Cristiano Marti e Livio Tenerelli 

Insomma c’è davvero bisogno di un’educazione digitale che non può essere rivolta solo alle giovani generazioni, ai “nativi digitali”, ma che deve coinvolgere anche i “boomer”, gli adulti che interagiscono nella formazione dei più giovani. E, probabilmente, l’humus più fertile per impostare un vero e proprio galateo del digitale va ricercato proprio in questa terra di mezzo intergenerazionale.

Il divieto dell’uso dello smartphone agli adolescenti e ai giovani in ambito scolastico può essere una misura eccessiva; una coercizione che non ha molto a che fare con un processo educativo positivo ed equilibrato. Per questo, mentre le tecnologie digitali si diffondono sempre più, la strategia più assennata è accettarle ma in una prospettiva più umanizzante, piuttosto che schierarsi a favore o contro.

“Ricercate la normalità, siate normali, mostratevi normali. Perché è la vostra normalità che fa di voi le persone vive, interessanti, che vale la pena conoscere, incontrare”, sono parole tratte dal Galateo digitale, il libro con cui Livio Tenerelli e Cristiano Marti propongono le skills delle buone maniere nel metaverso. L’educazione digitale, di cui si sente tanto parlare nei progetti scolastici, diventa un’ottima occasione per fare il punto sulle scelte da compiere rispetto alle fake news, all’intelligenza artificiale, alle interazioni degli haters, all’utilizzo dei dati personali e all’ampia gamma di connessioni a cui siamo sottoposti.

Per la stesura del loro libro, edito da Giazira Scritture, Livio e Cristiano si rifanno nientepopodimeno che all’antesignano del bon ton. Accogliendo voci contrastanti e offrendo risposte lontane dal moralismo, compiono un viaggio nel metaverso per incontrare Monsignor Giovanni della Casa, l’autore del famoso Galateo del 1558, in cui sono descritte le regole del buon costume sociale che risultano valide ancora oggi. Tenerelli, che si occupa di privacy, innovazione e trasformazione digitale e Marti, editore, educatore ed esperto di management della comunicazione intrecciano un lungo e rocambolesco dialogo con il monsignore rinascimentale, chiedendo pareri sugli usi e abusi del mezzo tecnologico con l’idea di poter proporre nuove regole di galateo.

Partendo dai fatti di cronaca, da notizie curiose, dati e analisi varie, come quelle che indicano nel 27% la quantità di forza lavoro che l’Intelligenza Artificiale eliminerà, Livio e Cristiano sollecitano, utilizzando le parole di Monsignor della Casa, una sana riflessione sull’uso degli smartphone, cestinando l’idea del divieto. Le semplici regole elencate nei vari capitoli del libro esortano ad abbassare i toni delle conversazioni nelle chat; a riflettere e dosare le parole e i contenuti, sottolineando come tutto ciò che viene pubblicato in rete non è cancellabile; ad accertare le fonti per eliminare elementi di tossicità nella comunicazione virtuale.

Gli autori del Galateo Digitale incontrano molti ragazzi nelle scuole, nei centri educativi, nelle associazioni. Una grande opportunità per conoscere più da vicino in quale rapporto siano i giovani con la comunicazione virtuale, di cui lo smartphone è lo strumento per eccellenza. Un’esperienza che abbiamo chiesto a Livio e Cristiano di condividere con i lettori di Primo piano. 

C’è un motivo particolare che vi ha ispirato nella scrittura di questo volume?

Il motivo che sta alla base di questo libro è, purtroppo, un evento drammatico: il suicidio di una ragazza. La sua decisione di togliersi la vita per aver scoperto che le amiche l’avevano rimossa dal gruppo whatsapp. Siamo partiti da questo tragico caso e da una riflessione: oggi non esiste più alcuna distinzione fra mondo reale e mondo virtuale. Ciò che accade nel reale viene amplificato in rete e, viceversa, ciò che accade nel virtuale ha conseguenze concrete nella vita di tutti i giorni. Nel bene e nel male.

Ma il vostro libro non emette una sentenza di colpevolezza nei confronti del metaverso. Al contrario, c’è un invito a dialogare, a capire, evitando giudizi del tipo “ai miei tempi non si faceva così…” o “i giovani di oggi…”

Si tratta di provare a spiegare che il passato è passato e che ogni epoca ha affrontato le sue problematiche. Così come in ogni tempo ci sono state innovazioni che hanno messo in crisi tutti coloro che ne sono entrati in contatto. L’unica differenza rispetto al passato è che le novità oggi corrono velocissime. L’Intelligenza Artificiale ha già stravolto le nostre vite senza che ce ne accorgessimo. Il dibattito sull’innovazione digitale si è aperto troppo tardi, e oggi ci ritroviamo a rincorrere il fenomeno e i suoi effetti. A maggior ragione, non serve parlare dei tempi andati. Piuttosto, occorre studiare, conoscere e approfondire questi nuovi paradigmi della comunicazione sociale.

Allora chi ha più bisogno di una nuova educazione, i genitori o i figli?

Tutti e due, ma per ragioni diverse. I genitori ne hanno bisogno perché i lavori che hanno fatto per una vita stanno cambiando e niente tornerà più come prima. I figli perché sono nati nell’epoca dell’innovazione e dell’Intelligenza Artificiale e ci devono crescere accanto con consapevolezza e solidità di gestione.

E lo stress, gli stati d’ansia prodotti dall’utilizzo continuo dello smartphone?

E’ vero. Ma non sottovalutiamo lo stress derivante dalla ricerca di punti di riferimento che stanno cambiando. I giovani cercano da sempre riferimenti fra gli adulti. Ma se oggi sono gli adulti ad essere spaesati, allora i problemi aumentano.

Cosa penserebbe Monsignor della Casa di un eventuale divieto dell’uso dello smartphone a scopo didattico o del divieto di acquisto per gli under 14?

Giovanni Della Casa risponderebbe che chi non è educato sin da piccolo all’utilizzo consapevole dei dispositivi digitali rischia di essere tagliato fuori dal mondo. Pensiamoci: a qualcuno verrebbe in mente di vietare l’alfabetizzazione sino a 14 anni? Se un essere umano nasce in un mondo digitale ha diritto a un’adeguata istruzione anche da questo punto di vista. I disagi relazionali derivano dai modelli che i giovani trovano in rete. In questo, purtroppo, la pornografia gioca un ruolo determinante. Il libero accesso a piattaforme hard ha completamente stravolto l’idea di sessualità e di relazione. Come rimediare a tutto questo? La risposta è sempre la stessa: con un’adeguata istruzione.

Quali feedback ricevete dal pubblico quando presentate il Galateo digitale? Vi è disponibilità ad “imparare le buone maniere” da applicare nel metaverso?

Lo scenario più contrastante si registra nelle scuole, dove c’è tanta voglia di mettersi in gioco e altrettanta paura di non farcela. Non a caso uno dei capitoli più importanti è dedicato proprio alla scuola, un’istituzione quanto mai preziosa per i tempi che stiamo vivendo e per le prospettive future.

Avete incontrato, sulla vostra strada, altri Monsignor Della Casa?

Ogni giorno. Chiunque, nel suo piccolo, è dispensatore di buone maniere. E chiunque può scoprire che le buone maniere, che ci hanno insegnato da piccoli, sono perfettamente applicabili e necessarie nel mondo virtuale. Abbiamo passato più di un anno a intervistare professionisti ed esperti delle più varie specializzazioni, e una volta uscito il libro, abbiamo ricevuto diverse richieste di confronto. La curiosità di scoprire un nuovo approccio al metaverso e all’Intelligenza Artificiale è davvero tanta.

Voi parlate di dialogo, di un’adeguata conoscenza del mezzo per un uso corretto del virtuale. Ma cosa dite della violenza, soprattutto tra i giovani?

Non siamo psicologi né sociologi. Ma se si pensa alle violenze sessuali sempre più frequenti, una domanda ce la siamo fatta: se dei giovani passano ore a guardare video nel quale una donna è disponibile ad avere rapporti con più uomini; se i contenuti liberamente accessibili mostrano donne e ragazze sempre e comunque consenzienti, cosa scatta nella mente di un ragazzo quando si trova davanti al rifiuto di una coetanea? La risposta, purtroppo, è drammatica. Si tratta di un punto sul quale bisogna riflettere a fondo.



A chi attribuireste le maggiori responsabilità della “disinformazione” digitale?

Per non attribuire colpe e per smarcare la domanda con una battuta, si potrebbe dire che la responsabilità è dell’occidente. Scherzi a parte, ciò che sta avvenendo alle nostre latitudini è qualcosa di molto complesso e delicato. Abbiamo da una parte gli Stati Uniti che sfornano novità e le lanciano sul mercato senza alcun rispetto per la privacy. A est la Cina copia modelli e li implementa in un sistema che di democratico ha ben poco. Infine c’è l’Europa, che per fortuna ha ritenuto fondamentale l’aspetto della regolamentazione, a partire dalla protezione dei dati e della privacy. Se vogliamo parlare di responsabilità e disinformazione, dobbiamo partire proprio da questo: la necessità di regolamentare. Perché sono le regole che aiutano, attraverso limiti e possibilità, a conoscere meglio il mondo digitale.

Ma il social è davvero sociale?

Rilanciamo: il social è la società. Torniamo alla prima risposta: oggi non c’è alcuna differenza tra reale e virtuale. Si tratta di una constatazione che non contiene alcun giudizio di valore. Piuttosto è un appello a prendere consapevolezza del fatto che oggi le risposte agli eventi della vita quotidiana vanno spesso cercate nel metaverso, così come ciò che accade sui social è la conseguenza di ciò che la gente ha vissuto dal vivo.

Sembra più semplice vietare o elencare le cose che non vanno, che risultano disfunzionali, ma si parla poco di proposte che avvalorino un utilizzo sano, partecipativo del “virtuale”…

Le esperienze non possono prescindere dalla formazione. Sono molte, ad esempio, le scuole ci chiedono di parlare di cittadinanza ed educazione civica digitale. A parte questo, si coglie in giro un grande impegno a mettere in campo risorse che possano formare cittadini e professionisti all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale. Si tratta di risorse e progetti che stanno coinvolgendo anche bambini e ragazzi nelle scuole.

Cosa direste a chi rifiuta tutto ciò che è digitale e tecnologico? E a chi si fa prendere dallo scroll dello smartphone?

Senza dubbio senza progresso tecnologico non ci può essere progresso sociale ed economico, come pure personale e relazionale. Ma non si può pensare che, avendo un cellulare tra le mani, si sia in possesso di tutta la conoscenza soltanto perché si è sottoposti ad un mare di opportunità. “Siate persone aperte alla opinioni altrui, Questo vi spingerà a mettervi in discussione, a incuriosirvi, a cercare di approfondire il pensiero degli altri. Questo vi spingerà a conoscere molte altre persone, a essere accolti in comunità sempre nuove.” Questo il monito di Monsignor Della Casa agli uomini e alle donne del nuovo millennio. L’apertura all’altro e al prossimo è ciò che si può definire buone maniere. Leggete il Galateo Digitale, poi cercateci in rete. Chissà, potremmo incontrarci e discuterne dal vivo.