Le grida del mercato, le donne con la spesa, lo sprint degli scooter, i ragazzi all’uscita da scuola, il banco delle granite tra collane di limoni, la calca dei turisti, i panni stesi, un gatto accoccolato sull’uscio. E ancora, ragazzi ai tavolini, la radio che manda Geolier, un cantiere che trita pietre e rumori, i gessi di Maradona in vetrina, la pizza fumante a tutte le ore, la melodia di un violoncello che s’insinua nella brezza calda dalla finestra al primo piano. E poi all’improvviso, alla fine di un vicoletto sotto un arco, con fiori e cornicelli rossi appesi all’altarino della Vergine, l’incanto di una piazza silenziosa, su cui s’affaccia la parete bruna di un palazzo, con l’atrio luminoso e le scalinate di pietra, che salgono all’infinito, tra un tripudio di archi e una foresta di colonne, verso una serie infinita di porte, dietro cui si cela chissà quale mistero.
Un luogo senza tempo. L’umanità di ogni tempo: brulicante, fragorosa, curiosa, ospitale ma anche riflessiva, magica e spirituale, come il breve corteo di ragazze, con il velo sulla testa e il rosario tra le mani, che sbuca all’imbrunire dal portale di un tempietto nel cuore di via Toledo.
Un caleidoscopio di colori, di profumi, di sapori, di suoni. “È a questo che ho pensato quando ho scritto il mio brano”, spiega Alberto Iovene. “Vicoli” (ascolta qui) è, infatti, una sequenza di suoni alti e bassi, forti e dolci, limpidi e gravi. Un ritmo che s’avvia piano piano per trasformarsi presto nello sfondo dolcemente martellante, nella tarantella che annuncia una melodia ampia, soave e luminosa, proprio come il cielo che inonda di turchese le piazze e le stradine del cuore di Napoli.
Sarà il pianista bitontino ad inaugurare, domani 17 ottobre al Teatro Acacia, sulla collina del Vomero, Piano City Napoli, la rassegna musicale dedicata interamente a sua maestà il pianoforte, declinato in tutte le sue possibili varianti: dalla musica classica al jazz, dal pop al rock, dalla melodia napoletana alle nuove produzioni. Quattro giorni di rassegna, 300 pianisti, 100 eventi pubblici, 20 location, 30 house concert per il festival, promosso e finanziato dal Comune di Napoli e organizzato dall’Associazione Napolipiano, che quest’anno taglia il traguardo della decima edizione.
Il musicista si è aggiudicato l’ambito trofeo, misurandosi con il talento di altri nove colleghi, impegnati nel concorso Una Musica per Piano City Napoli 2024: “Tutti molto bravi, in grado di leggere con le loro melodie, una diversa dall’altra, lo spirito di una città così particolare, multiforme e fascinosa”, commenta Iovene.
“Una prova impegnativa – riprende – anche per la qualità della giuria: dal presidente Patrizio Marrone, già direttore e oggi docente del conservatorio di Napoli, ad Andreas Kern, il pianista tedesco inventore del format Piano City, a Danilo Rea, mostro sacro del jazz internazionale, a Gilda Buttà, moglie di Michel Petrucciani e pianista di Morricone, a Federico Vacalebre, musicologo e capo redattore cultura de “Il Mattino”, al direttore artistico dell’evento, Dario Candela, che ha ascoltato centinaia di brani, mettendo su un programma che comprende grandi personalità del mondo del pianoforte e giovani emergenti.”
“Questa è una città magica, il set naturale di quel film straordinario e bellissimo ma anche doloroso e complicato che è la vita”, osserva Iovene. Che riprende: “Trasferire queste impressioni sul pentagramma non è stato facile. Almeno fino a quando non ho intuito che bisognava costruire un tema, anch’esso in qualche modo cinematografico, classico e moderno al tempo stesso, che suggerisse da una parte il movimento caotico ma estremamente vitale dei vicoli e dall’altro lo splendore delle piazze, delle guglie, dei campanili, dei palazzi che si riflettono sulle acque del golfo nel bagliore della luna”. Così Alberto, che ricorda quanto la lezione di Morricone sia stata fondamentale nella formazione della propria estetica musicale e illuminante anche in questa occasione.
“In realtà, nonostante tutto, calare il pianoforte tra le voci della folla, la frenesia dei passanti, i volti gentili ma a volte austeri e spesso enigmatici dei napoletani, il traffico ma anche le mille meraviglie della città, le feste tradizionali e quelle improvvisate, le mostre, i progetti teatrali, i festival musicali, mi è venuto abbastanza naturale. Mi capita spesso di vagare per Napoli, di attraversarne i quartieri più storici o di salire al Vomero, tra rampe e scalinatelle. E di risentire, tra un caffè al bar e una serata al pub, le note piene di struggente malinconia di Pino Daniele o di forza dirompente di James Senese e Tullio de Piscopo. In realtà, mentre appuntavo le note, tra mille suggestioni, c’era anche una voce familiare che mi sussurrava all’orecchio: il volto, il garbo, l’immenso amore con cui mi accoglieva tra le sue braccia mio nonno Alberto, che prima di giungere a Bitonto per amore di una donna del posto, aveva trascorso la fanciullezza e la gioventù tra i vicoli dei quartieri spagnoli”.
Piano city Napoli non è la classica rassegna musicale. Non è solo un immenso palcoscenico in cui si esibiscono alcune tra le voci più interessanti del pianismo contemporaneo. “La filosofia della rassegna è l’educazione musicale, l‘attenzione a tutte le generazioni, con l’inclusione di appuntamenti dedicati ai giovani talenti e di attività per i ragazzi. Mi riferisco alle maratone concertistiche, che vedranno impegnati gli allievi dei licei e delle scuole musicali del territorio, e ai laboratori che permetteranno ai bambini di avvicinarsi in modo divertente al mondo del pianoforte”, spiega Iovene.
E, infatti, dopo i concerti al Teatro Acacia, Alberto sarà impegnato in una masterclass al liceo musicale “Melissa Bassi” di Scampia, nel quale avrà l’occasione di dialogare con i ragazzi che hanno deciso di fare della musica il proprio lavoro. Ancora una volta nonostante le caterve di problemi, il delirio delle auto, il degrado, la disoccupazione e ovviamente la morsa della camorra, Napoli ha molto da insegnare al resto del paese, mostrando una sorprendente capacità di rinascere ogni volta dalle proprie ceneri. E guarda caso, proprio grazie all’arte, alla musica, alla fusione di stili, sonorità, generi.
“La musica come riscatto. L’arte come alternativa, rinnovamento. Napoli come un faro a cui guardare con attenzione e da cui mutuare l’originalità dei programmi e dei cartelloni artistici, costruiti coinvolgendo i giovani, gli studenti, la gente dei quartieri”, osserva il nostro.
L’onore e l’orgoglio di inaugurare Napoli Piano City giunge in un momento di grazia nella carriera di Alberto. “Forse è giunta l’ora di raccogliere i frutti della fatica ma anche dell’infinita emozione di decine di anni a calcare i tasti del pianoforte. Un periodo particolarmente felice e fecondo, anche perché da qualche anno ho la fortuna di potermi dedicare esclusivamente alla mia passione, insegnando anche in un’accademia musicale bitontina”, spiega Iovene.
Ad aprile, a venticinque anni dalla scomparsa di Michel Petrucciani, Alberto ha raccolto intorno a sé un gruppo di musicisti a lui profondamente legati, per rendere l’omaggio più sincero e affettuoso ad uno dei maestri a lui più cari, forse il più amato in assoluto: sul palco del Teatro Forma di Bari sono saliti Philippe Petrucciani (fratello di Michel) alla chitarra, Manu Roche alla batteria e Dominique Di Piazza al basso elettrico.
“Titolo del progetto è Enchantè, una dedica scritta con il cuore al magnifico Michel. Ho avuto il piacere e l’enorme soddisfazione di suonare con alcuni grandi nomi del panorama internazionale. Un’esperienza bellissima che proseguirà l’anno prossimo con una serie di concerti in alcune città del sud della Francia, nei club e nei teatri dove si coltiva da sempre la passione per il jazz.”, informa il pianista.
L’estate poi, è stata punteggiata di appuntamenti. Il concerto al Blu Festival Jazz di Bisceglie con Daniele Di Bonaventura al bandoneon, Camillo Pace al contrabbasso, Mimmo Campanale alla batteria. Al Green Note – Gargano jazz and food, organizzato da Gegè Telesforo, Iovene ha chiuso con Wonderland, da solo al pianoforte, la splendida batteria di star, tra cui Fabrizio Bosso e Danilo Rea.
“E poi la ripresa dei concerti tratti dal mio ultimo album The New Day, un lavoro fortemente evocativo che nasce dal sodalizio con Daniele Di Bonaventura, tra i più grandi bandoneonisti jazz a livello internazionale, senza tralasciare il fattivo apporto di Camillo Pace e Mimmo Campanale”, prosegue Iovene.
“Questo premio, l’emozione di dare il via ad un festival così importante come City Piano Napoli, è un nuovo e importante punto d’arrivo. Mi dà la possibilità di consolidare tutta l’esperienza maturata e di esprimere, in maniera ancora più libera e creativa, il mio pensiero. Un traguardo ma anche un trampolino verso ulteriori avventure”, prosegue Iovene. “Con la consapevolezza, che non è presunzione, di aver imparato a parlare un linguaggio mio personale, intimo, identitario, espressione di quella singolare intonazione che risponde alla mia personalità e al mio orizzonte ideale, plasmato sull’esperienza condivisa con tanti musicisti e sullo studio e l’ascolto di mille voci”, conclude. E tra queste, certo, anche quelle che alimentano il reticolo più sensibile degli affetti e delle emozioni: la voce di nonno Alberto che continua a sussurrargli dolcemente da lassù.
Le foto sono di Gaetano De Gennaro