Amato, discusso e ridiscusso. Non possiamo non fare i conti con san Tommaso d’Aquino. Eppure, c’è stata una stagione – e forse c’è ancora – in cui dirsi ‘tomisti’ equivaleva a dirsi integralisti o giù di lì. Il 7 marzo 2024 ha segnato i 750 anni dalla morte del grande teologo medievale, mentre il 18 luglio 2023 abbiamo celebrato i 700 anni dalla sua canonizzazione. Guardando al 2025, ci prepariamo a commemorare gli 800 anni dalla nascita.
Tutte ricorrenze che offrono un’opportunità preziosa per riflettere sull’attualità di un pensiero straordinario.
Tommaso d’Aquino ha creato una sintesi unica tra la fede cristiana e la filosofia aristotelica, dimostrando che fede e ragione non sono in conflitto, ma piuttosto complementari. Questa integrazione, espressa magistralmente nella sua opera principale, la Summa Theologiae, rimane estremamente rilevante oggi, in un’epoca in cui si percepisce spesso una dicotomia tra scienza e religione. La sua visione che la verità può essere conosciuta sia attraverso la ragione sia attraverso la rivelazione ha influenzato profondamente il pensiero occidentale e fornisce una base per i nostri dialoghi contemporanei su etica, metafisica e teologia.
Stella polare significativa resta il concetto di legge naturale. Secondo Tommaso, ci sono principi morali universali che possono essere compresi solo attraverso la ragione umana. Quest’idea è alla base di molti dibattiti e risoluzioni sui diritti umani e sulla legislazione internazionale. Il suo pensiero continua a esercitare una forte influenza nel campo della bioetica, della giustizia sociale e del rispetto della dignità umana. Tommaso vedeva l’essere umano come un’unità di corpo e anima, dove entrambe le dimensioni sono essenziali e complementari. Il meccanicismo ed il materialismo, spesso prevalenti nella scienza moderna, non possono proprio cogliere questa dimensione.
Eppure, anche testi ritenuti sintesi dell’apertura della Chiesa cattolica al mondo moderno, come la conciliare Gaudium et Spes, enfatizza l’importanza della ragione e dell’impegno umano nel mondo. Non solo: il concetto tomistico di una verità universale, accessibile attraverso la ragione e la rivelazione, ha giocato un ruolo cruciale nel promuovere anche il dialogo interreligioso e la stessa dignità umana. Tommaso è un nostro contemporaneo perché la sua è una visione basata su una ragione ‘pratica’, sulla realtà ed offre solidità e costrutto per affrontare questioni ‘moderne’. Il metodo tomistico di analisi sistematica e logica dei problemi rimane un modello vivo di rigore intellettuale. Ma c’è di più: Tommaso fu anche un mistico: “Tutto ciò che ho scritto mi sembra paglia in confronto a ciò che ho visto e che mi è stato rivelato”.
Questa sua frase sottolinea la profondità della sua esperienza spirituale e la sua capacità di coniugare speculazione intellettuale e contemplazione adorante, come evidenziato ultimamente dal teologo Gianni Festa. E su questo anche il Novecento non è certo stato muto. Filosofi come Jacques Maritain, Étienne Gilson (celebre il suo volume, del 1920, Il tomismo. Introduzione alla filosofia di san Tommaso d’Aquino) e Cornelio Fabro – seppur in modo diverso- hanno continuato a sviluppare e a testimoniare l’attualità della filosofia e della teologia tomista. Quante volte, poi, parliamo oggi di bellezza? Essa non rientra in un concetto vago: da Tommaso è vista come proporzione e forma delle cose, causa della loro attrattiva.
L’inestetica è fuori da questa armonia e non è il ‘brutto’, è l’assenza di senso della cosa, dell’oggetto, in prima analisi della persona umana. Forse proprio a Gilson dovremmo tornare ed alla sua opera, smitizzante l’inutile ‘dissidio’ a distanza Agostino-Tommaso, linea di demarcazione che non pochi equivoci ha spesso creato. L’uomo medievale Tommaso, all’apice di un’epoca, non può avere la stessa dimensione mentale di Agostino, vivente in un’epoca formativa e di costruzione, naturalmente più agitata.
In realtà, Tommaso non ce l’ha con Agostino ma con l’agostinismo del suo tempo, pur figlio della lezione averroista e fu del resto proprio la ricezione medievale di Aristotele a dividere la teologia del tempo: Bonaventura da Bagnoregio di qua e Tommaso l’Aquinate di là. Più volte Benedetto XVI ha sottolineato quanto Bonaventura e Tommaso nel condurre a Dio, siano alla fine convergenti: “Entrambi hanno scrutato i misteri della Rivelazione, valorizzando le risorse della ragione umana, in quel fecondo dialogo tra fede e ragione che caratterizza il Medioevo cristiano, facendone un’epoca di grande vivacità intellettuale, oltre che di fede e di rinnovamento ecclesiale, spesso non sufficientemente evidenziata”. Così, nel 2011, il papa teologo ed intellettuale, pontefice e pensatore che è stato già nella sua esistenza, forse, una sintesi tra Agostino e Tommaso.
Nell’immagine in alto, San Tommaso d’Aquino