Se Bari ha il clima migliore non è, però, un’oasi ambientale

Nonostante il primo posto in classifica, è ancora lunga la strada che il capoluogo pugliese deve percorrere per allinearsi ai parametri europei

Bari è al primo posto della nuova edizione dell’Indice del clima del Sole 24 Ore. La classifica, aggiornata con i dati forniti da 3bmeteo relativi al decennio 2013-2023, viene utilizzata ogni anno nell’indagine della Qualità della vita (leggi qui), realizzata dal quotidiano economico, per raccontare in quale delle 107 città capoluogo si viva meglio dal punto di vista climatico, in base a dieci parametri che misurano le più frequenti condizioni di “bel tempo”.

La classifica pubblicata da Il Sole 24ore

Tra queste, con riferimento al capoluogo pugliese, una media di otto ore e mezza di sole al giorno, solo nove giorni di precipitazioni estreme all’anno, settantaquattro giorni di pioggia su 365, solo 158 giornate l’anno fuori dal comfort climatico, cioè con un’umidità relativa superiore al 70% o inferiore al 30 per cento. E per finire, una brezza estiva a 7,2 nodi medi giornalieri.

Una notizia rassicurante, dal momento che non si può prescindere dal clima quando si vuole misurare il benessere della popolazione residente “andando oltre il Pil pro capite”; tenendo conto quindi, non solo della ricchezza ma del mix di elementi che impattano sul vivere sostenibile dei cittadini. I fenomeni climatici “estremi”, resi più frequenti dal cambiamento climatico in atto, stanno modificando speranza di vita, stili di vita, mortalità, spostamenti migratori e così via, e i dati su Bari, in tal senso, non possono che far tirare un respiro di sollievo.

Un dato, tuttavia, è giusto sottolineare per completezza d’informazione: la classifica del Il Sole 24 Ore premia le città con il clima migliore in termini di vivibilità, non quelle con le migliori condizioni ambientali. Differenza non di poco conto. Se, infatti, andiamo ad approfondire la situazione per quel che riguarda la qualità dell’aria, la realtà – se pur decisamente migliore di tante altre città, specialmente al nord – ci restituisce un quadro più complesso rispetto ai trionfalistici post social rimbalzati da politici e istituzioni locali. Se a livello nazionale le città che fanno peggio sono Torino, Milano, Asti, Modena e Padova, e in Puglia la situazione vede i valori dei principali inquinanti nettamente più bassi, come spiega Legambiente c’è ancora da lavorare soprattutto sulle concentrazioni di Pm10, come sono definite le polveri fini, le particelle microscopiche presenti nell’aria che respiriamo, nocive per la salute. I parametri previsti dalla legge, infatti, chiariscono che sono consentiti solo 35 giorni all’anno di sforamento della media giornaliera di emissione di 50 μg/mc (microgrammi per metro cubo) e, secondo parametro, una media annuale di 40 μg/mc.

Cosa succede nel capoluogo pugliese? Le centraline di misurazione dell’inquinamento urbano mostrano come il PM10 si attesti a 23 mg/m3, ben al di sotto dei 40 mg/m3 su media annuale stabiliti. Il PM2.5 (le particelle aventi dimensioni minori o uguali a 2,5 micron) è a 13 ug/m3 anziché 25. Infine, l’NO2 (il biossido di azoto, un gas irritante per l’apparato respiratorio e per gli occhi che può causare bronchiti fino anche a edemi polmonari e decesso) il cui limite è di 20 mg/m3 ha un valore su Bari di 22 mg/m3. Pur considerando questi valori decisamente favorevoli, con i nuovi limiti che stanno per essere adottati in tutta Europa, il PM10 dovrà essere ridotto del 15% entro il 2030, il PM2.5 del 23% e gli ossidi d’azoto (NO2) del 10%.

Insomma, di strada ce n’è ancora da fare per limitare l’inquinamento atmosferico: problema non solo ambientale, ma anche sanitario e di salute pubblica di grande rilevanza. In Europa, è la prima causa di morte prematura dovuta a fattori ambientali e l’Italia registra un triste primato con più di 52.000 decessi annui da PM2.5, pari a un quinto di quelli rilevati in tutto il continente. La stessa Legambiente ha provato a proiettare gli andamenti discendenti delle curve di inquinamento nei prossimi anni, constatando che, di questo passo, Bari non riuscirà a rientrare nei limiti europei fissati nel 2030. Si devono, dunque, raddoppiare gli sforzi per trasporti e riscaldamento elettrico e a zero emissioni.

Il numero di auto per abitante, ad esempio, è ancora troppo alto, prossimo alla media nazionale, anche se discendente. Nelle città europee il tasso di motorizzazione è molto più basso rispetto a quello italiano e l’obiettivo al 2030 dovrà essere quello di dimezzarlo. Un problema, anche in questo caso, che non riguarda solo la qualità dell’aria che respiriamo, ma anche la sicurezza delle nostre strade. Bari è tra le città più insicure d’Italia e particolarmente pesanti, decisamente superiori alla media nazionale, sono le conseguenze degli incidenti stradali.

Mediocre, inoltre, l’utilizzo di trasporto pubblico, inferiore di un ordine di grandezza di quel che si osserva in centro Europa. Migliora un po’ se teniamo conto delle linee ferroviarie e del recupero parziale di ferrovie locali, con cadenze ancora insufficienti (24 stazioni e 174 convogli quotidiani, tenendo conto anche del treno per l’aeroporto). Grazie ai treni l’offerta elettrica nel trasporto pubblico giunge al 17%. La sharing mobility riparte da un migliaio di monopattini (1.500 a regime), 200 bici (diventeranno 730), 31 auto (saranno 80), 55 scooter (a regime 375), secondo i dati di Ecosistema Urbano 2021, Pendolaria 2021 e del Comune al 2022. Non si registrano, infine, progressi nella creazione di percorsi ciclabili, con solo 43 km sui 430 previsti, che dovranno moltiplicarsi entro il 2030 come previsto dal PUMS di area metropolitana adottato nel 2021.

“Bari ha recentemente esteso le strade a velocità calmierata, soprattutto nel centro città, ma è ancora lontana dall’obiettivo di una cosiddetta Città 30”, osserva Andrea Poggio, responsabile mobilità di Legambiente. “Per fare del capoluogo pugliese una vera clean city, è necessario rendere le strade sicure e i servizi accessibili a tutti. Bisogna moderare la velocità stradale per ridurre la gravità degli incidenti, ma anche disegnare percorsi prioritari ciclo-pedonali e zone scolastiche, promuovendo bici e monopattini in sharing”.

Godiamoci dunque il sole, le buone condizioni climatiche che la nostra regione offre, al riparo, almeno per il momento, da quei fenomeni atmosferici estremi che si registrano sempre più frequentemente in altre parti d’Italia. Ma non dimentichiamo che Bari, e più in generale la Puglia, non è un’oasi protetta dal cambiamento climatico e che la strada da percorrere per raggiungere gli ambiziosi target stabiliti a livello europeo è ancora lunga e in salita.