Un novello Willy Wonka nella sua fabbrica di cioccolato e dolciumi, pronto a deliziare chiunque sia disposto ad intraprendere un fascinoso percorso sensoriale che parte dalla vista e si dipana fino al gusto, senza tralasciare l’olfatto e il tatto. Quasi fosse un gioco di prestigio, Nicola Giotti plasma le sue creature zuccherine con il delicato movimento delle mani, che intagliano, ricamano, disegnano un preparato morbido da decorare a fantasia. E, con un tocco di magia, ecco un susseguirsi di colori disposti per gradazione o per contrasto, intervallati da una molteplicità di motivi ornamentali adagiati su altrettante forme.
Paste secche o fresche, alla mandorla, alla crema e chi più ne ha più ne metta, tutte rispondenti non solo ad un criterio meramente estetico, che seduce l’occhio e alimenta il desiderio, ma anche ad un parametro gustativo che stuzzica e stimola i palati più fini, donando loro un’intensa esperienza nella variegata gamma di sapori. E che dire poi di quel cioccolato così finemente lavorato, che nel periodo pasquale fonde in un inscindibile binomio tradizione e innovazione, trovando nell’arte e nella maestria della tecnica il suo massimo potenziale espressivo? Esso custodisce la dote della mutevolezza e soggiace alle volontà della mente creatrice, sempre fervida e in continua sperimentazione.
Perché di creazioni si parla quando si ammirano le bellissime uova di cioccolato realizzate da Giotti, quarantanovenne pasticciere di Giovinazzo ma originario di Ruvo di Puglia, con l’aerografo. Uno strumento antico poco noto al giorno d’oggi, la cui invenzione risale agli inizi dell’800, che ha assunto un ruolo importante in vari ambiti dell’arte: dalle locandine cinematografiche di un tempo dipinte a mano, che acuiscono lo scarto con una realtà odierna tutta in digitale, dove l’impiego dell’aerografo gode del supporto della tecnologia per la produzione di caschi e di penne stilografiche con microillustrazioni personalizzate o, addirittura, per alcune tecniche di restauro.
Ma come si è giunti alle uova di Pasqua aerografate? La composizione è frutto di un appassionato lavoro di ricerca e studio di una tecnica inventata dal pasticciere giovinazzese, sedimentata e perfezionata nel corso degli anni, ma scaturita dall’osservazione approfondita di un misterioso oggetto. “Circa diciott’anni fa, in qualità di testimone di nozze, ho ricevuto in regalo un uovo di struzzo da una ragazza sudafricana. La caratteristica da cui sono stato colpito è stata la sua luminosità: era un uovo lucido sul quale era impresso il tipico paesaggio africano. Da allora mi sono chiesto come fosse possibile effigiare su un uovo di cioccolato un disegno lucido“, racconta Nicola. Quella lucentezza tanto desiderata quanto ricercata, divenuta oggetto del desiderio di maestri pasticceri di caratura mondiale, fu alla fine realizzata dal nostro.
Tra sacrifici e prove, dopo dodici, lunghissimi anni, la sua tecnica raggiunge l’apice nel campo dell’applicazione, ma non può dirsi mai totalmente ancorata ad un approdo definitivo, perché ancora animata dal desiderio di nuove risorse espressive. Essa porta il nome di aerografia indiretta speculare lucida, cui Nicola ha dedicato un libro intitolato Metamorfosi e pubblicato da Chiriotti, il marchio editoriale più importante nel settore della pasticceria italiana e internazionale. Un metodo di lavorazione grazie al quale il maestro pasticcere il 5 maggio del 2022 è stato insignito di un riconoscimento istituzionale, che ha elevato la sua arte a patrimonio culturale per la sua unicità.
L’impossibile divenuto possibile, la genialità di un’idea convertita in concretezza, la materia trasformata in opera d’arte: un prodigio. Già, perché nell’istante in cui l’occhio è rapito dalla bellezza di queste uova, si fa fatica a comprendere chesiano di cioccolato: “I primi tempi la gente pensava si trattasse di uova di porcellana. Qualcuno sosteneva che fossero di vetro. In realtà, sono riuscito a catturare la luce e a trasferirla sulle uova“, rivela fieramente Nicola. Ma quali sono i segreti di questa preparazione? La tecnica consiste nell’aerografare al contrario, quindi in forma speculare, quello che si desidera realizzare nello stampo e non direttamente sul cioccolato. Successivamente quest’ultimo, ormai fuso, assorbe molecolarmente il pigmento del disegno realizzato sull’uovo, su cui, una volta cristallizzato, affiorano la raffigurazione dell’opera che si è voluta realizzare e la lucentezza tipica del cioccolato lavorato a regola d’arte.
“Nonostante siano passati quattro anni dalla pubblicazione del mio libro, l’applicazione di tale tecnica risulta sempre ostica per i professionisti perché estremamente lunga e complessa. Quindi a realizzare queste uova di cioccolato sono soltanto io, anche se nel corso degli anni mi hanno affiancato delle collaboratrici con le quali ci impegniamo a portare avanti questo progetto: in particolare, la collega Damaride Russi che vive in Piemonte e la mia assistente Luana Cossa. Entrambe si sono specializzate in una fase di lavorazione sugli stampi in silicone, il cui esito non ha la lucentezza delle mie uova aerografate, ma dà origine ad un prodotto estremamente evocativo, emozionante e accattivante racchiuso nelle uova tridimensionali a forma di bouquet di fiori, di animaletti e tanto altro ancora“. Il sodalizio con la collega biologa Damaride Russi ha consentito alla sua ricerca di estendersi ad ambiti assolutamente inediti: “siamo riusciti a realizzare la prima aerografia nel ghiaccio nonché nei fluidi che abbiamo chiamato ‘aerografia dei cocktail‘. Siamo quindi capaci di creare all’interno del bicchiere un’immagine figurata con dei colori idroalcolici solubili. Ci siamo cimentati anche con l’aerografia sulla schiuma dei cappuccini e sui semifreddi“, afferma Nicola. Conquiste che segnano un primato mondiale italiano e orgogliosamente pugliese nella decorazione alimentare.
Ma la tecnica non basta: è necessario il guizzo, l’estro creativo, quel talento cristallino che instilli nel fruitore l’effetto wow. Allo studio sull’elaborazione dell’immagine è d’uopo conciliare la gestione del colore: “Bisogna considerare l’aerografo come uno strumento che non tocca il supporto su cui si va a creare l’opera, ma è l’aria a veicolare il colore. A volte ci sono problemi di over spray e di ritorno d’aria, soprattutto per il fatto che l’aerografo deve operare sulla superficie di uno stampo d’uovo concava“, precisa il nostro. Mediamente il tempo impiegato per la realizzazione di un uovo aerografato oscilla dalle cinque alle otto ore di lavoro, variando in base al soggetto che si ha in mente di raffigurare. Per esempio, l’uovo che Nicola ha realizzato per Vasco Rossi è stato senza dubbio uno dei più complessi e ha richiesto più del tempo massimo. “Talvolta può succedere – spiega – che dal lato in cui lo sto aerografando l’uovo sembri bellissimo e somigliante al volto di una persona; ma poi, girandolo sul lato frontale, su cui dovrebbe trasparire il prodotto definitivo mi accorgo come non lo sia affatto. Gli occhi sono asimmetrici e lavorando al contrario si notano tante particolarità a primo impatto impercettibili“.
E relativamente all’analisi dell’anatomia umana, funzionale ad un’efficace riproduzione sul cioccolato, chiarisce: “Quando ritraggo una persona, ogni singolo centimetro del suo volto mi diventa familiare, quasi stessi rinvenendo dei luoghi su una mappa in digitale. E’ curioso vedere le persone dal vivo e avere la sensazione di conoscerne il volto forse meglio di loro“. Oltre all’indiscusso valore artistico, le sue tele dolci, come il pasticcere giovinazzese ama definire le sue creazioni, hanno vocazione celebrativa. Ritraggono, infatti, i volti di numerosi personaggi famosi che Nicola ha avuto il piacere di incrociare: Mariagrazia Cucinotta, con la quale ha partecipato ad un cortometraggio in qualità di esperto di pasticceria, Sergio Rubini, Mara Venier, John Turturro, Luca Ward, Elena Sofia Ricci e sua sorella Elisa Barucchieri, Serena Rossi, Vasco Rossi, i Rockets, José Dalì, figlio del grande artista, Anna Tatangelo, Terence Hill al quale ha consegnato personalmente la sua creazione al museo nazionale di Matera, in occasione della presentazione delle locandine cinematografiche del maestro Renato Casaro.
Ma se gli artisti sono i soggetti prediletti, il talentuoso pasticciere ha offerto il suo contributo anche in varie manifestazioni e ricorrenze, come la visita di papa Francesco a Molfetta per la cerimonia di beatificazione di Don Tonino Bello o l’intitolazione di una caserma dei carabinieri a Salvo D’Acquisto in memoria del quale ha realizzato un uovo di cioccolato. “Non so quante siano le uova aerografate realizzate sino ad oggi; forse trecentocinquanta“, dichiara, e non sapendo celare il dispiacere che assale ogni artista quando si priva delle sue opere, aggiunge: “Se avessi potuto, avrei tenuto con me le mie creazioni per poterle osservare e valutare la mia evoluzione artistica“. Giotti crede nel potere edificante dell’arte, quella coltivata da “spiriti sospesi tra cielo e terra che riescono a cogliere frammenti di infinita bellezza per regalarla ai comuni fruitori”. E aggiunge: “Non mi considero un artista, ma un grande curioso che cerca in qualche modo di rendere bella e unica quella che viene ribattezzata come ‘arte bianca’, l’arte della pasticceria“.
Del resto Nicola è nato all’interno del laboratorio di famiglia, un tempo adibito a vera e propria abitazione, in cui si pranzava insieme ad una famiglia allargata, composta da nonni, zii e bambini che avevano addirittura la culletta dove riposare nelle ore pomeridiane. “La mia vita è stata cadenzata dai ritmi del lavoro della mia famiglia, che quando ero bambino vivevo come una sorta di gioco. Questo vivere a contatto del laboratorio ha generato in me – chiarisce – la passione per questo lavoro. Un lavoro vissuto nella dolcezza, ma raggiungerla richiede un dispendio di energie non indifferente. Se non si è animati da passione e amore, difficilmente si è disposti a trascorrere la maggior parte della giornata all’interno di un laboratorio, specialmente durante i periodi clou, come Natale e Pasqua, che impongono di restare al lavoro sino a diciotto ore al giorno“.
Srotolando la matassa dei ricordi, non dimentica di aver raccolto il testimone dal nonno Nicola, fondatore – nel lontano 1947 – di una pasticceria specializzata nella produzione di dolci di mandorla per cerimonie nuziali, in uno degli angoli più suggestivi di Giovinazzo, corte De Ritis. Un’attività in netta crescita negli anni del boom economico, che impone l’esigenza di una nuova sede, dove ancora oggi si trova la pasticceria, all’interno di un palazzo storico di proprietà della famiglia Malatesta di Rimini, parimenti alla volontà di aumentare e diversificare la produzione con i dolci alla crema, come il sospiro.
Una produzione che, dopo il conferimento del prezioso titolo di Bottega storica patrimonio di Puglia ha conosciuto un notevole incremento, grazie al prelibato bocconotto fatto di mandorle marasche, autentica punta di diamante di tutto il reparto dolciario, a svariati dolci della tradizione locale pugliese e locale e tante altre preparazioni più moderne come gli squisiti zuccotti (semifreddi con la base di cioccolato e zabaione), al famosissimo spumone (gelato legato alla storia del banchetto nuziale) e a tutta una serie di semifreddi e dolci alla crema da banco, solo per citarne alcuni. “La storia della nostra pasticceria idealmente è nata a Pasqua, perché in questo periodo ci dedichiamo a quelle preparazioni che da sempre rappresentano un rito. Una sorta di celebrazione della tradizione dolce che genera un’atmosfera, una concentrazione, una dedizione simile a un rito sacro“, racconta Giotti. Che pone l’accento sulla produzione delle scarcelle, preparate rispettando le due ricette di nonno Nicola: l’una di pasta di mandorla e finemente decorata con ghiaccia reale, cui si dà la forma del cuore perché inizialmente la scarcella veniva utilizzata la domenica delle palme per ufficializzare il fidanzamento alla casa della sposa; l’altra, un ibrido tra pan di Spagna e biscotto, al quale si conferisce l’aspetto di piccola sporta, di pesce, di uova, che riprende l’iconica forma della scarcella.
Insieme alle scarcelle, nel laboratorio si producono gli agnellini pasquali in pasta di mandorla, le pastiere di ricotta, rigorosamente con il grano di derivazione napoletana, fino alle colombe e ai dolci lievitati. Un miracolo della metamorfosi, l’elemento in virtù del quale un dolce non cambia la sua essenza ma ingentilisce la sua estetica. Proprio com’è accaduto al tipico sospiro biscegliese, trasformato in uno sfizioso trullo di Alberobello, o alle straordinarie uova di Pasqua aerografate, con le quali il nostro promette di stupire ancora già a partire da aprile: “Sto preparando la prima mostra in Italia fatta solo di opere edibili. L’invito è del Comune di Molfetta, per il quale ho realizzato delle uova ispirate alle statue portate in processione durante la Settimana Santa”. Per Nicola Giotti la pasticceria è molto più di un’attività, è un fuoco da tramandare di generazione in generazione. Una casa accogliente dove comincia l’amore.
Nelle immagini, alcune delle uova artistiche realizzate da Nicola Giotti nel suo laboratorio di Giovinazzo, ispirate a celebri personaggi dell’arte e della cultura