L’arte, nonostante il terribile colpo subito a causa della pandemia, in realtà non si è mai fermata in termini di ricerca e passione autentica. A testimoniarlo, una volta di più, il prezioso spazio espositivo, inaugurato recentemente a Lecce: la Fondazione Biscozzi | Rimbaud, frutto dell’irrefrenabile passione di Luigi Biscozzi e dalla moglie Dominique. I coniugi hanno collezionato, in oltre cinquant’anni, opere che aprono uno squarcio assai interessante sull’arte italiana e internazionale del Novecento, pur dando un taglio del tutto personale alla scelta e strizzando l’occhio soprattutto agli anni cinquanta, sessanta e settanta.
Una prestigiosa collezione che prende vita tra le mura di un’incantevole dimora storica, forse in origine appendice di un complesso monastico, risultato di un intervento architettonico di grande impatto. Un’esposizione permanente di circa settanta opere, su oltre duecento tra dipinti, sculture e grafiche, che annovera, tra gli altri, nomi come Filippo de Pisis, Arturo Martini, Enrico Prampolini, Josef Albers, Alberto Magnelli, Luigi Veronesi, Fausto Melotti, Alberto Burri, Piero Dorazio, Renato Birolli, Tancredi Parmeggiani, Emilio Scanavino, Pietro Consagra, Kengiro Azuma, Dadamaino, Agostino Bonalumi, Angelo Savelli, Mario Schifano.
A inaugurare l’attività della galleria è una mostra temporanea dedicata ad Angelo Savelli, maestro del bianco, a cura di Paolo Bolpagni, che abbiamo intervistato per aprire una finestra sul contemporaneo e sulle attuali strategie organizzative.
La precarietà che contraddistingue l’attuale contingenza può favorire soluzioni espositive e artistiche alternative?
Per quanto io cerchi di “vedere il bicchiere mezzo pieno”, devo dire che la precarietà è, per definizione, nemica della progettualità. L’unico suo aspetto positivo è che induce – anzi costringe – a trovare, appunto, formule magari inedite, o quasi. Tuttavia il contatto diretto con l’opera d’arte, che è un oggetto, e non un’immagine, non può e non potrà mai essere sostituito da nessuna tecnologia. Quindi, viva i nuovi media (anche se penso che si trovino ancora in uno stadio embrionale e un po’ primitivo), ma non dimentichiamoci che sono mezzi, strumenti, non fini. Un tour virtuale, rispetto a una vera esposizione – mostra o museo che sia – è un surrogato, magari un rafforzativo, un ausilio, ma non è certo in grado di rimpiazzarla.
Quali sono i punti di riferimento nel panorama artistico?
La domanda è molto ampia. Ci si può riferire a grandi studiosi, e allora citerei Natalie Heinich e Philippe Junod. Stupirà forse che non menzioni celebrati presunti maestri statunitensi, che anzi, a mio avviso, stanno ammazzando la disciplina, seguiti acriticamente da troppi europei. Oppure ad artisti, e allora la mia mente corre ad Anselm Kiefer, a Christian Boltanski, a William Kentridge. E poi ci sono direttori di musei e Fondazioni di eccezionali capacità. Anche in Italia.
Che cosa significa oggi promuovere l’arte contemporanea?
Secondo me – anzi, secondo la Fondazione Biscozzi | Rimbaud – vuol dire puntare sulla formazione. Luigi Biscozzi e Dominique Rimbaud, del resto, hanno voluto questo spazio espositivo non certo per esibire le opere acquistate, ma per condividerle e contribuire alla promozione culturale e quindi sociale. Abbiamo cercato di definire un percorso metodologico che aspira a essere accogliente, istruttivo e al contempo piacevole, per rendere familiari e comprensibili anche a chi non sia un esperto né ancora un appassionato le espressioni creative del XX e del XXI secolo. Non a caso, grande importanza, per noi, avranno le attività laboratoriali per le scuole, per i bambini, i ragazzi e le famiglie, le “visite attive” e la biblioteca specializzata in storia dell’arte contemporanea, che, previa prenotazione, sarà aperta alla consultazione per tutti, in primis per gli studenti dell’Università e dell’Accademia.
Il collezionismo condiziona il sistema dell’arte?
Può influenzarlo molto positivamente. Tutti i tipi di collezionismo sono rispettabili e apprezzabili. Io prediligo quello che è stato praticato da Luigi Biscozzi e da Dominique Rimbaud, che ancora lo porta avanti anche a nome del marito, che non è più tra noi: amore e passione sincere, affinamento progressivo della conoscenza e della sensibilità, desiderio di condivisione. E soprattutto umiltà e “volontà di capire”: quella che serve per avvicinarsi all’arte non soltanto contemporanea.
Quali sono i capisaldi della collezione Biscozzi Rimbaud?
Quesito difficile. Le opere dell’esposizione permanente sono tutte molto rappresentative, sia per la loro importanza e qualità sia per il legame che hanno con i collezionisti. Posso dire che io, a un livello per così dire privato, sono colpito in maniera particolare dalle due carte di Luigi Veronesi, dal Notturno di Osvaldo Licini, dal dipinto di Mario Nigro e dalla tavola di François Morellet, artista che ho conosciuto personalmente. Ma i capolavori sono numerosissimi: da Filippo de Pisis a Renato Birolli, da Tancredi ad Alberto Burri, da Giorgio Griffa a Mario Schifano.
Quali saranno i prossimi impegni?
Anzitutto poter riaprire al pubblico, compatibilmente con la situazione sanitaria. Poi, far partire le attività didattiche. E amalgamarci nel tessuto cittadino, farci amare dai leccesi e dai salentini, che spero sentiranno la Fondazione Biscozzi | Rimbaud come un loro patrimonio. Stiamo pensando anche alle prossime mostre, dopo quella attuale su Angelo Savelli, che durerà fino al 7 novembre. Pensiamo di dedicarci a maestri di oggi, e inoltre di valorizzare nuclei di opere particolarmente importanti presenti nella nostra collezione, che non può essere esposta nella usa integralità, come ovvio. Non escludo, poi, esplorazioni tematiche e trasversali.