Pensare alla musica come un gioco. Giocare con le parole per scrivere testi: ecco svelato il segreto di una delle voci più autentiche e dirette del panorama musicale. Quella di Daniele Silvestri. Il giorno prima del concerto al Palaflorio, una folla esultante di studenti e docenti ha accolto il cantautore romano all’ateneo di Bari. Un’allegra e colorata platea di fans, pronti ad applaudire non solo il suo talento artistico ma anche la sua singolare personalità. Silvestri, forte del successo di “Argento Vivo”, il brano presentato sul palco dell’Ariston, ed elettrizzato dall’uscita del suo nuovo album, “La terra sotto i piedi”, ha tenuto una vera e propria lezione, narrando alcuni aneddoti personali e svelando, nei limiti del possibile, i trucchi del “mestiere”.
“Sin da piccolo -ha spiegato- ho vissuto l’urgenza di scrivere. Penso che le parole siano i primi giochi della vita. Mio padre era uno scrittore e io già da bambino mi esercitavo a rispondergli per le rime”. Quel gioco con le note e con le parole ha plasmato l’attuale, grande autore di brani, come “Salirò” e “Occhi da orientale”. “Ho ritrovato quel senso di urgenza nello scrivere, tipico dei primi anni della mia carriera, nell’ultimo disco”, spiega Silvestri. Una rinnovata vitalità artistica, determinata dall’adolescenza dei figli e dalla grande trasformazione in atto nel mondo.
“Qualcuno parla di questo cambiamento come di una progressione geometrica. Le tecnologie hanno modificato il nostro modo di guardare il mondo, che appare molto frammentato. L’attuale realtà pone nuovi quesiti, lancia nuove sfide, che vanno raccolte e rilanciate con tutto il vigore necessario ad affrontare le rivoluzioni in atto”, chiarisce. E per un autore che si è sempre dichiarato comunista, la parola rivoluzione non può che infervorare la fantasia e spronare la volontà. Ma essere Daniele Silvestri non è poi così semplice: “Col passare del tempo, la dimensione della fatica in questo lavoro si fa sentire sempre di più”, spiega Daniele.
“E’ vero, come si dice, che a volte le canzoni nascono già con le parole: penso ad esempio ad “Aria”. Ma non è sempre così. C’è il rischio che la creatività si cristallizzi”, aggiunge il cantautore, analizzando le ragioni alla base della sua produzione artistica. “Così occorre abbandonare le strade sicure e percorrere sempre sentieri nuovi, più difficili. Non c’è continuità senza discontinuità”, afferma. E poi c’è la curiosità, che rimane sempre l’elemento in grado di fare la differenza tra un’artista e l’altro. Una serie di generi musicali, come il rap e la trap, che puntano sui giochi di parole e sull’ironia, sono divenuti interessanti motivi d’interesse per il cantautore romano. Quest’anno, infatti, accanto a lui, sul palco dell’Ariston è salito Rancore, un rapper molto apprezzato dai giovani.
Ci si è sempre chiesti se nel produrre una canzone nasca prima il testo o la musica: due elementi, che se perfettamente amalgamati l’uno con l’altro, sono la chiave del successo di un brano e, quindi, di un artista. “La musica, per quanto mi riguarda, rappresenta il momento più immediato. Per il testo le cose si fanno più complicate. Se nascesse prima il testo della musica ci si potrebbe trovare nei guai”, precisa il cantautore. Un artista cresciuto sulle note di Paolo Conte, Lucio Dalla, i Beatles e Jesus Christ Superstar, una personalità sempre al passo con il mondo che cambia. Un cambiamento che affascina ma che allo stesso tempo fa paura. “Oggi ci si confronta sempre meno -spiega-; colpa anche dei social, strumenti di comunicazione che se da una parte hanno il pregio di mettere subito in dialogo le persone, dall’altro rischiano di distruggere l’autenticità dei rapporti personali”.
Per contrastare gli effetti negativi del mondo virtuale oggi abbiamo bisogno più che mai di cantautori come Daniele Silvestri, capaci con la loro curiosità e il loro carisma di far vibrare le corde più profonde del nostro animo.