“Ti scrivo perché ti amo”. Anna Maria De Leo è una ragazza, è bella. Anna Maria è felice, felice con il suo Nicola. Hanno la vita davanti. C’è già una bambina a riempire di gioia la loro esistenza di giovani sposini e Nicola è anche un apprezzato pittore, assai raffinato.
Il resto è una storia che sconvolse non poco la Bitonto degli anni ’70. Una città è anche i suoi lutti e le sue tragedie. Tuttavia quella capitata a Nicola Parisi, così improvvisa e così ingiusta, colpì tutti. Nel fiore degli anni, la vita strappata. Per di più con Anna Maria già in dolce attesa di un secondo figlio. Incidente stradale, un infame incidente: subìto dal nostro Nicola, impotente di fronte alla folle corsa di una Mercedes. Episodio con strascichi di tutti i tipi. Il primo, il più importante: il dramma di tutta la famiglia e di Anna Maria in particolare. E allora: “Ti scrivo perché ti amo”.
Un amore che questa incredibile donna non può mettere a tacere. Insieme al dolore, a causa del dolore. Ne nasce un diario oggi pubblicato dalla De Leo con immenso coraggio e rarissima umanità resa in scrittura e poi pubblicazione, libro: un volume che entra nell’animo di chi legge come davvero pochi (“Gelido è l’inverno” il suo titolo, edizioni Fos).
Un libro che va oltre il libro: un resoconto dell’anima, di un’anima, in cui gli occhi di Anna Maria -occhi segnati ieri e oggi da una vita non facile- trovano sintesi ed espressione, al di là di ogni ipotesi di valvola di sfogo, oltre ogni suggestiva e scontata al tempo stesso lettura psicanalitica.
La scrittura come fonte di incontro con Nicola, piuttosto. Un diario, un appuntamento quotidiano con ciò che terribilmente manca. Un abbraccio in parole. Qui senti parlare e piangere le bimbe (perché poi la seconda figlia, Nicoletta, nasce: Anna Maria tutto racconta a Nicola), qui avverti il dolore silenzioso di una famiglia intera, tocchi con discrezione i sentimenti, le presenze e le tensioni di molti. Si pensi alla mamma di Anna Maria, di cui non mancano foto tenerissime, come non ne mancano di Nicola stesso: baffo simpatico, sguardo ironico, uomo che avverti e intuisci come brillante e riservato allo stesso tempo, presentato nel diario come solo apparentemente disincantato e scettico rispetto a molte cose del mondo, in realtà dolcissimo con sua figlia, presente in casa, papà e marito modello.
Si diceva della discrezione del lettore. Sì, perché queste pagine vanno lette apprezzando la forza della sua autrice nel render noti a tutti momenti in cui così intimamente si parla di sé, della propria vita, del dolore che attanaglia l’esistenza e che ha così reciso la sua biografia: un prima felice, un dopo dilaniante.
Autrice che poi autrice in senso classico ed editoriale non è. Anna Maria chiede alla pagina bianca la forza che non ha e non può avere, così giovane, così mortificata. Si aggrappa allora alla memoria, alla capacità di dar voce all’ammasso di ricordi, di una realtà che fino ad un momento prima c’era ed era lì, a portata di mano. Poi il vuoto, accompagnato dall’urgenza di una presenza, di una carezza, persino dell’amore totale e sessuale.
Ed ecco quella pagina da riempire. Non si riesce, dunque, nemmeno a scrivere una recensione altrettanto classica. Ci si ferma. Ci si mette in punta di piedi. Si sperimenta l’insufficienza a dire in parole l’ammirazione per questa donna. Una donna che sembra provenire da lontano, dalla storia, per la capacità di condurre e guidare una famiglia. Debole e forte assieme, impari umanità. Una donna che mai sarà o resterà sola. Ci sarà Gianni ad attenderla, uomo non meno provato, suo marito già da qualche decennio, raffinato scrittore.
In tutto ciò, Nicola è sempre nel cuore. Davvero una storia immensa, non comune: stiamo parlando, fuor di retorica, di esistenze esemplari. Un amore, una tragedia, una speranza e poi di nuovo l’amore più grande, quello che può contemplare vivificanti presenze ed eterni lasciti.
La difficoltà del giornalista abituato a parlare di libri è tutta qui. Questa non è una storia letteraria, non è un fatto (solo) di creatività o di scrittura: questa è storia di cuori infranti e feriti, che piangono, che del fluire delle proprie lacrime fanno un fiume, acqua che trasporta, su di una zattera di accennate speranze, fino a riva, dove si approda con le ossa rotte ma vivi. Anna Maria scrive benissimo, sia chiaro. Il talento c’è tutto, così come una storia sua d’impegno in questo senso da tanti anni. E del resto, la genia è felice: Angela, Lizia, sorelle poetesse e letterate. Ma qui la giovane vedova è tutta nel suo tormento e non segue alcuna struttura d’apparato, non si esercita certo come “scrittrice”: qui c’è la donna, con ogni suo carico morale.
Ci si chiede qui di raccontare come letteratura o esercizio ciò che è vita, vita alta, autentica. Anna Maria parla, scrive: noi sperimentiamo l’afasia di chi ascolta e semmai abbraccia. Noi siamo nel dolore, leggendo, ma non siamo a teatro o di fronte ad affabulazioni.
Non ammiriamo, non scorgiamo, non distinguiamo: noi, anche noi, siamo nella vita di Nicola ed Anna Maria. Perché in questo libro si vive e, dunque, si scrive. Quanti passi di questo lungo diario sarebbero da riportare, leggere e rileggere, citarvi qui. Preferiamo dirvi che, considerata l’impellente necessità di autentico, magari anche per Natale, quest’anno un’idea per un dono c’è davvero. Racconta di un uomo intelligente e sfortunato, di una donna grande, di due angioletti -oggi donne-, di un altro uomo ancora, anch’egli capace di amare.
E di amare, di amore parla questo libro. Ma non aspettatevi certo un bozzetto sentimentalistico o un qualcosa di vacuamente romantico. È una storia che non meritava alcuna trasposizione se non nella veridica rappresentazione diaristica. Una storia che non meritava, a dirla tutta, la verità stessa che ha dovuto attraversare. Con sofferenze che si ripropongono. Anna Maria l’ha sperimentato poco tempo fa, anche da qui la necessità di pubblicare e di donare a parenti ed amici i fogli di questo cuore aperto.
“Ti scrivo perché ti amo”. E sarà sempre cielo, anche quando è buio; sole, anche quando piove; volto, anche quando è trasformato dalla sofferenza; forza, anche quando si cade dal dolore lancinante; presenza, anche quando regna il silenzio. Se si piange è perché si vive. Non prima di esser morti, morti dentro: per poi provare ancora a vivere. Riuscendoci con lo sguardo di chi sa e racconta. Anche senza proferir parola. E che sguardo, lo sguardo di Anna Maria.