Se, come dicevano nella loro saggezza i latini, “la storia è maestra di vita”, oggi più che mai è urgente fare un approfondito ripasso, soprattutto alla luce del clima di tensione degli ultimi tempi. Tensione che sfocia sempre più spesso in furiose aggressioni, che assumono i contorni di una vera e propria violenza politica.
Si ha come l’impressione di un triste ritorno al passato con il riemergere di ideologie che, se non sono mai veramente scomparse, sembravano far parte soltanto dei ricordi o di un’epoca ben lontana dalla nostra. Nuovi e frequenti rigurgiti fascisti riemergono con una virulenza preoccupante.
Qualcuno potrebbe obiettare che in realtà l’estrema destra, almeno in Italia, è sempre stata vigile e attiva. Ma negli ultimi tempi stiamo assistendo a una recrudescenza del fenomeno senza precedenti da almeno trent’anni a questa parte, con un significativo aumento del conflitto sociale.
In tutta Europa si sta verificando un ritorno di sentimenti totalitaristi che trovano linfa nella povertà e nel disagio provocati dalla perdurante crisi economica da cui si fa ancora fatica a riemergere. In tutto il continente, dalla più civile Svezia alla calda Grecia, i gruppi nazionalisti stanno aumentando il loro consenso con il conseguente moltiplicarsi di episodi e prese di posizione, ispirati a una dottrina politica che fa dell’uso della forza uno strumento di affermazione di se stessa.
Altro aspetto che caratterizza questi fenomeni è la ricerca di un nemico da combattere, un capro espiatorio del malessere su cui focalizzare l’attenzione delle masse per distoglierle da altre ben più importanti problematiche.
Il governo bicolore Salvini-Di Maio non sembra essere molto distante da questa linea. Dall’inizio del mandato l’agenda di governo sembra essere occupata da un unico tema: la questione migranti. Matteo Salvini, in questo, si è rivelato un abile stratega. Ha capito esattamente come far colpo sull’insoddisfazione di molti italiani.
Se prima, infatti, erano i meridionali che “puzzavano” e “colonizzavano” le “civilissime” città del Nord, oggi sono i profughi che scappano dalle guerre o i migranti economici il bersaglio contro cui puntare il dito. Emblematica, a riguardo, è stata proprio la sua visita, avvenuta in occasione della Fiera del Levante, al quartiere Libertà di Bari a seguito della raccolta di firme organizzata da circa tremila residenti, e sostenuta anche da alcuni esponenti locali della Lega, contro la presenza di “immigrati irregolari”.
All’improvviso si è avuta come la sensazione che tutti i problemi del quartiere, uno dei più popolari e popolosi di Bari, derivino esclusivamente dalla presenza dei moltissimi cittadini stranieri che lo animano, dimenticando quasi totalmente la storia di uno dei rioni più problematici della città, dove disoccupazione e criminalità sono da sempre i veri nemici da combattere.
Non tutti però la pensano come il leader della Lega. In risposta alla visita del ministro dell’Interno, si è svolta, infatti, la contro-manifestazione “Mai con Salvini, Bari non si Lega”. Circa 300 persone, da Piazza Umberto al quartiere Libertà, hanno protestato contro il governo del “cambiamento”. L’epilogo del corteo, tuttavia, è stato drammatico: l’aggressione, definita “squadrista” dai partecipanti, di alcuni manifestanti, gravemente feriti, a opera di esponenti di Casa Pound che hanno dichiarato, a loro volta, di aver soltanto risposto a una provocazione.
Questi avvenimenti sono la dimostrazione del clima infuocato che si respira a Bari come in altre parti d’Italia. “Ma noi tutti sappiamo che esistono dei mandanti morali. Sono tutti quelli che ogni giorno, subdolamente, con parole di finto buonsenso, alimentano un clima di odio, di pregiudizio, di violenza. Soffiare sul fuoco rischia di generare incendi che travolgono tutto e tutti. Ce lo insegna la storia. Una storia che Bari ha già vissuto. Una storia che non può e non deve tornare mai più. Bari è una città libera dove le manifestazioni sono un diritto. Un diritto di tutti“, ha scritto il sindaco Antonio Decaro sulla sua pagina facebook.
La manifestazione antifascista di ieri sera, in piazza Prefettura, ricca di partecipazione e di consenso come non mai da anni a Bari, ha dimostrato che gli anticorpi della democrazia sono ben attivi contro ogni epidemia o febbricola totalitaristica e razzista. Un segno che conforta e fa ben sperare.
Certo, bisogna evitare di cadere nella trappola che esista una violenza sbagliata e un’altra giusta. Non c’è distinzione: la violenza in qualsiasi forma e per qualsiasi ragione è pur sempre violenza. Le ideologie che ne predicano l’uso come sistema per la propria affermazione vanno combattute con altre armi: bisogna creare intorno a questo “fascismo di ritorno” un vero e proprio vuoto che va riempito di valori forti e sani.
Essere antifascisti, infatti, non significa semplicemente essere “contro” un determinato periodo storico ormai superato. Antifascismo oggi più che mai significa tutele delle libertà, delle minoranze, senso di giustizia e democrazia, la condanna della violenza, il contrasto al razzismo, alla sopraffazione, all’oppressione. Cose che sembrano scontate ma che purtroppo ancora non lo sono.