Un libro come antidoto alla precarietà di questi tempi

Un magma di emozioni e situazioni irrisolte ne "La storia che non ti ho raccontato", esordio letterario del giornalista barese Natale Cassano

La precarietà, condizione che ormai pervade i nostri tempi e, in particolare, la vita delle nuove generazioni, è il tema di fondo del romanzo La storia che non ti ho raccontato, esordio letterario del giornalista Natale Cassano. In questo libro, in realtà, le storie e gli intrecci sono tanti e toccano differenti aspetti dell’esistenza: il lavoro, l’amore, il dover “abbandonare” la propria città per seguire un percorso personale.

Il protagonista della vicenda, Francesco Cartani, si ritrova, così, a Londra per apprendere “il mestiere” presso una prestigiosa scuola di giornalismo londinese; scoprirà, tuttavia, che questa visione delle cose non è la sua, che si sente distante da quel giornalismo che ritiene soulless, senz’anima. Il giovane si troverà, poi, a vivere un triangolo sentimentale tutt’altro che facile, e a mettersi in discussione. Mettendosi a nudo, porrà anche tutto per iscritto: ed è proprio dal ritrovamento di questo manoscritto che il libro comincia. E così, con questo espediente narrativo, anche il lettore viene reso partecipe di vicende che, in realtà, potrebbero riguardare anche lui.

Natale Cassano “abbandonerebbe” di nuovo Bari?

Mi ritrovo molto in Francesco Cartani, in quella sua continua voglia di mettersi in gioco per affrontare l’ignoto. Quindi ti direi di sì, anche se a Bari ho trovato la mia dimensione, dopo tanti anni passati fuori dalla Puglia per studio e per lavoro.

A quale “tipo” di giornalismo si sente più vicino, Natale Cassano?

Il mio stile giornalistico? Senza dubbio quello nostrano, che rifugge il soulless. Un racconto sincero non può essere scevro dei particolari, non può ridursi al minimo. Come nei romanzi, anche il giornalista deve saper portare il lettore all’interno del racconto, fargli guardare e toccare con mano ciò che sta presentando. Gli inglesi temo non lo capiranno mai.

“La storia che non ti ho raccontato” parla anche di un triangolo amoroso che riguarda i protagonisti. Quanto riflette le esperienze dell’autore, questa situazione?

Come racconto spesso durante le presentazioni, internet è riuscito negli anni ad annullare le distanze ma ha anche cambiato radicalmente le relazioni amorose. Si è perso in alcuni casi quel senso di appartenenza che connota una storia d’amore. “Non sono tuo finché non decido totalmente di esserlo, perché attraverso la rete posso avere vicino chiunque”: sembra questo il mantra odierno. E finché non si prende una scelta definitiva sulla persona da avere a fianco, tendiamo a preferire queste relazioni ‘fluide’.

Ci sono delle soluzioni alle precarietà dei nostri tempi?

La precarietà è ormai un aspetto che ci connota, sia professionalmente sia personalmente. Chi voleva un lavoro fisso si è sentito dare del ‘bamboccione’, del ‘choosy’, perché la società ci ha trasmesso questa idea del continuo cambiamento, che deve essere alla base della nostra formazione. Idem in amore, come avevo già spiegato prima, le vaste possibilità di comunicazioni offerte da internet hanno reso precarie anche le relazioni. Siamo come clienti in un enorme supermercato, indecisi su quale marca di pasta acquistare. E in questa confusione sguazziamo. Un antidoto? Una macchina del tempo. Oggi ci siamo talmente abituati a questa precarietà che difficilmente potremmo farne a meno.