Ieri sera, dopo aver rivisto Per un pugno di dollari di Sergio Leone al Teatro Petruzzelli, con l’orchestra che suonava in sottofondo le straordinarie musiche di Ennio Morricone, mi sono ritrovata a passeggiare tra le strade baresi. In questi giorni, ho trascorso praticamente l’intera giornata in queste vie, passando da un cinema all’altro, e da un teatro all’altro. Ho incontrato attori, che avrei sempre voluto vedere dal vivo, registi che hanno rivoluzionato il cinema, produttori che hanno reso omaggio ai cineasti del passato. Ho avuto la fortuna di veder proiettate in una sala cinematografica o in teatri straordinari come il Kursaal o il Petruzzelli quelle pellicole che avevo guardato sino a quel momento solamente sullo schermo minuscolo di un televisore o del computer.
E se ieri ho rivisto Per un pugno di dollari, e in questi giorni i film di Moretti, oggi mi sono goduta Blade Runner, il celeberrimo capolavoro di Ridley Scott, tratto dal romanzo di Philip K. Dick, dal titolo di Do Androids Dream of Electric Sheeps?. La pellicola, introdotta da Enrico Magrelli, è stata definita dal critico una “rappresentazione del melting pot cittadino alla crisi dei concetti di corpo, psicologia, sentimento, pensiero, memoria, dove la frontiera tra umano e androide, tra individuo e replicante è sempre più labile“. Un’opera che ben descrive il nostro presente che, tra guerre, povertà, una forte e indomabile paura nei confronti del futuro, appare come una massa grigia, che sfugge a qualunque forma di controllo o a qualunque definizione.
E rivedendo così tanti film ho sperimentato quello che Viktor Slovskij, critico russo del ‘900, definiva “straniamento“. Nel suo saggio che si intitola L’arte come procedimento (1917), lo scrittore sosteneva che un artista ha la capacità di farci vedere qualcosa per la prima volta. Noi, leggendo o vedendo un film, abbiamo l’impressione di vedere per la primissima volta anche quello che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi. Il cielo, le stelle, finanche un divano, tutto prende forma e colore. Tutto è nuovo, intonso, pieno d’incanto. Tutto si rivela un’incredibile scoperta, un sogno che si dispiega davanti ai nostri occhi di bambini. In questo Tolstoj era un maestro.

Un buon film ci fa vedere, ma vedere per davvero, un politico, una scrittrice, un paesaggio. Ci fa sentire degli estranei, degli stranieri, che arrivano in una città che non hanno mai visto. Ci fa ritrovare lo sguardo fanciullino, di cui parlava Giovanni Pascoli all’inizio del nostro Novecento. E il bello, però, è che quella città, quelle strade, quei balconi che riscopriamo, sono sempre stati sotto il nostro occhio distratto, ma non ce ne siamo mai accorti. Il cinema, come la letteratura, ci fa vedere il mondo per la prima volta. Nelle sue insanabili contraddizioni, nel suo fascino senza tempo, nelle sue molteplici sfaccettature.
E, non saprei, ma rivedere quei film a teatro, dopo tanti anni, in una sala gremita, da una poltrona o da un palchetto a destra dello schermo, mi ha permesso di vedere quelle pellicole che ho nominato in questi giorni, appunto, per la prima volta. Che magia questa. È sorprendente come il cinema riesca a rendere tutto ancora più vero, ancora più reale, nonostante sia pura finzione. Ma vediamo un attimo cosa è accaduto e cosa ancora attende in questo penultimo giorno di festival made in Bari.
Innanzitutto, la giornata è iniziata al Teatro Petruzzelli alle 9,30 con la proiezione di Amatemi (2005) di Renato De Maria, cui è seguito l’incontro con l’attrice Isabella Ferrari, che riceverà questa sera il premio Bif&st Arte del Cinema.

Rosso di Sera si aprirà, in serata, con la proiezione de L’amour ouf (l’amore che non muore) di Gilles Lellouche (ore 20,30). Siamo negli anni ’80, nel nord della Francia. Jackie e Clotaire crescono nella stessa città, frequentano lo stesso liceo e le stesse banchine del porto, lei studia, lui salta la scuola ma quando i loro destini si incrociano, si innamorano perdutamente. La vita fa di tutto per tenerli lontani, ma sono come due metà dello stesso cuore pulsante.
Il Teatro Kursaal Santalucia ha ospitato, invece, questa mattina il film Mia madre (2015) di Nanni Moretti, introdotto da Anton Giulio Mancino, e in serata prevede la proiezione di Santiago, Italia (2018), ore 21,30. In programma per il Concorso Meridiana, Come Closer del regista Tom Nasher, presente in sala con l’attrice Lia Elalouf, e L’effacement di Karim Moussaoui, uno dei film più attesi di questa edizione del Bif&st.

Intanto, al Multicinema Galleria, ci sarà la proiezione del film Incanto di Pier Paolo Paganelli, presente in sala con gli attori Vittoria Puccini e Giorgio Panariello, e la proiezione di Un Paese ci vuole – Zavattini, Luzzara e il Po di Francesco Conversano, in sala con il regista Nene Grignaffini. Per la sezione Frontiere, è previsto Voyage a Gaza di Piero Usberti alle 20; a seguire la proiezione di Taxibol di Tommaso Santambrogio, che dialogherà con Matteo Marelli al termine della proiezione.
La giornata si conclude con Civil War di Alex Garland, introdotto da Angelo Ceglie per la sezione Focus A24. Un film che vi consiglierei di non perdere, per la sua disarmante attualità e, chissà, anche per la sua capacità di prevedere il futuro prossimo. Speriamo di no, ma è assai probabile che le cose vadano come viene raccontato nella pellicola. Cos’altro aggiungere? Ci vediamo domani per l’ultimo giorno di festival.