In Puglia e Basilicata, ogni anno il lavoro uccide di più

Ad oggi, tra Puglia e Basilicata, sono 14 le vittime contro le 4 al febbraio 2024, causate, come nel resto del paese, da scarsa sicurezza e mancanza di controlli

Una strage che non rallenta. Sono quattro gli operai che hanno perso la vita sul lavoro, tra Puglia e Basilicata, dall’inizio del 2025, in sole ventiquattro ore tra il 6 e il 7 febbraio. Nel pomeriggio di giovedì 6, il 59enne Michele Mandolino di Gravina in Puglia è stato colpito da un tubo mentre lavorava sul cantiere del Palacooper a Santeramo in Colle. L’uomo è morto dopo essere stato ricoverato in rianimazione all’ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti. Sempre il 6, Francesco Mansueto, 61enne, agricoltore di San Vito dei Normanni (Brindisi), è morto sotto gli occhi del fratello. Il trattore che avrebbero dovuto usare aveva problemi di accensione e Francesco stava lavorando sul motorino di avviamento quando il mezzo si è messo in moto: l’agricoltore ha cercato di bloccare le ruote posteriori ma è stato travolto e schiacciato.

Venerdì 7 febbraio sorte analoga è toccata a Lucio Parisi, 48 anni, morto sul colpo a Garaguso, nel materano, dopo che il mezzo agricolo sul quale si trovava si è ribaltato. Nelle stesse ore, un operaio, Antonio Pirretti, 50enne di Ferrandina, ha perso la vita dopo essere caduto in una griglia del depuratore nell’area industriale della cittadina. Il 7 febbraio 2024 Puglia e Basilicata contavano rispettivamente 4 e 0 morti sul lavoro. Al 7 febbraio 2025, la Puglia conta 10 vittime (+150%) e la Basilicata 4 (+ ∞). 

Tra gli ultimi a cadere, lo scorso anno, un operaio mentre lavorava all’interno di un cantiere edile nel Policlinico di Bari. Un caso di cui si è discusso molto e che tira direttamente in ballo la logica dei subappalto, come sottolinea Gigia Bucci, segretaria della Cgil Puglia: “Petre Zaim era arrivato il 14 gennaio da Milano per conto di una ditta esecutrice della ditta appaltatrice Edison per un’opera di manutenzione straordinaria presso il Policlinico di Bari. È morto il giorno dopo, schiacciato da un carico precipitato da una gru e dalla logica del subappalto. Il figlio, unico parente venuto con lui, costretto a riconoscere il padre. È uno sterminio. I responsabili materiali devono essere individuati e processati, i responsabili politici che siedono a Roma ma che resteranno impuniti hanno le mani macchiate di sangue dell’ennesimo lavoratore abbandonato, sfruttato e ammazzato”.

I numeri segnalano nel 2024 un incremento degli infortuni mortali su tutto il territorio nazionale rispetto al 2023: erano, infatti, 968 a fine novembre del 2023. Delle mille vittime dello scorso anno, 731 sono state registrate sul posto di lavoro (14 in meno rispetto al 2023) e 269 in itinere (46 in più rispetto a novembre 2023). Le regioni a finire in “zona rossa” a fine novembre 2024, con un’incidenza superiore del +25% rispetto alla media nazionale, sono Basilicata, Valle D’Aosta, Umbria, Trentino-Alto Adige, Campania, Sardegna e Sicilia. In zona arancione Molise, Puglia, Emilia-Romagna e Calabria. In zona gialla Liguria, Abruzzo, Lazio, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Toscana. In zona bianca solo Veneto e Marche.

Il rischio è doppio per i lavoratori stranieri. Sono infatti 164 (su 731 in totale) quelli deceduti sul posto di lavoro da gennaio a novembre 2024. Tra gli stranieri si registrano 69,1 morti ogni milione di occupati, contro i 26,7 di italiani che perdono la vita sul lavoro. Se si analizzano i dati in chiave anagrafica, invece, ci si accorge che l’incidenza più elevata si registra proprio nella fascia dei lavoratori ultrasessantacinquenni (con un’incidenza di 131,5), seguita dalla fascia di lavoratori con età compresa tra i 55 e i 64 anni (con incidenza pari a 49,7). Quest’ultima è la fascia d’età numericamente più colpita, con 254 casi su 731 decessi.

È ancora il settore delle costruzioni a far rilevare il maggior numero di incidenti fatali: 147. Altri settori particolarmente pericolosi sono quelli dei trasporti e magazzinaggio (99 vittime), delle attività manifatturiere (94) e del commercio (51). Le denunce totali di infortunio crescono dello 0,09% rispetto a novembre 2023: erano 542.568 mentre nel 2024 sono passate a 543.039. Il più elevato numero di denunce giunge dalle attività manifatturiere (65.777), seguono il settore delle costruzioni (34.414), sanità (33.660), trasporto e magazzinaggio (31.958), commercio (30.385).

Numeri alla mano, ci si chiede: era davvero necessario tagliare i fondi per la sicurezza e il contrasto al lavoro nero? L’accetta del ministro Giorgetti ha colpito con più forza su altre voci, è vero, ma il sacrificio richiesto al ministero del lavoro e delle politiche sociali, guidato da Marina Elvira Calderone, è comunque uno dei più consistenti. Pari – e anche qui c’è da riflettere – a quello previsto per le politiche attive e la formazione al lavoro. Osserva Ivana Veronese, segretaria confederale Uil: “Si poteva intervenire sulle spese di gestione delle varie direzioni del ministero. Non su questi programmi. La prevenzione e la formazione continua sono strumenti fondamentali per ridurre il numero di incidenti e salvaguardare la vita dei lavoratori”.

C’è da sperare, quindi, che almeno non ci siano ritardi nell’espletamento e nell’immissione in ruolo dei 750 nuovi ispettori del bando di concorso chiuso a fine agosto 2024 e per il quale sono arrivate circa settemila candidature. Pensare di affidarsi all’autocertificazione della patente a crediti (in vigore dal primo ottobre per il settore dell’edilizia) è velleitario o, come ha detto lapidario Maurizio Landini, segretario della CGIL, “una presa in giro”. Ma non è soltanto il sindacato a dirlo, sono i numeri a certificarlo. Il nostro sistema di vigilanza al momento dispone – tra Ispettorato nazionale del lavoro, Inps, Inail e Arma dei carabinieri – di 4.768 ispettori. A loro è affidato il compito di controllare che tutte le regole e le norme sui luoghi di lavoro siano rispettate (contributi, orari, assicurazioni, sicurezza, ecc.). In Italia ci sono circa quattro milioni e mezzo di aziende. Pur affidandosi a programmi e software di intelligence che selezionano quelle più a rischio, è evidente che si tratta di un compito immane con il numero di ispettori a disposizione. 

Secondo il rapporto dell’Ispettorato nazionale del Lavoro, nel 2023, su circa 80.000 aziende visitate dagli ispettori, il 74% evidenziava irregolarità. Sono stati scoperti oltre 21.000 lavoratori in nero (su un totale di 348.000 posizioni esaminate). Circa ventimila controlli hanno riguardato la vigilanza sulla sicurezza. Ebbene, qui la percentuale di violazioni è ancora più alta: l’85% delle aziende controllate non era in regola. In pratica in quasi 9 aziende su 10 esiste il concreto rischio di un incidente, anche mortale.

È bene chiarire, dunque, che le morti sul lavoro non sono quasi mai delle fatalità, ma conseguenze di scelte sbagliate in materia di appalti e sicurezza sul lavoro, che evidenziano la necessità sempre più stringente di regole certe e di riconoscere le responsabilità effettive nei luoghi di lavoro, estese in solido alle stazioni appaltanti. Il cordoglio non basta più: dai sindacati si leva ferma la richiesta che le stazioni appaltanti firmino subito i protocolli di legalità e sicurezza per prevenire gli infortuni sul lavoro. Chi occupa posizioni di responsabilità deve attivarsi immediatamente per fermare questa scia di sangue nei cantieri.