Stasera la Luna di Saffo ci porti fortuna

Nel suo romanzo storico d’esordio, presentato all’Università di Bari, il grecista Franco Montanari tinge di giallo la vicenda della più celebre poetessa d’amore dell'antica Grecia

Mitilene, 600 a.C. Nell’incantevole isola di Lesbo le notti sono illuminate dal chiaro di luna e, insieme, oscurate da un delitto misterioso. Il cadavere di una donna tra le più in vista della città viene ritrovato dalla sua ancella nella propria casa a terra in un lago di sangue. La poetessa Saffo, rivale storica della vittima, viene subito additata colpevole. Accusata ingiustamente, con il suo intuito acuto e una profonda connessione con l’anima dell’isola, Saffo inizia la sua ricerca per scoprire la verità. In un affresco vivido, la sua figura si staglia appassionata e complessa, stretta nella intricata rete di intrighi tipica di una società nella quale passioni ardenti possono tramutarsi in tragedia. E mentre la luce argentea della luna esplora gli angoli più oscuri della città, accompagna il percorso di Saffo e del fedele Faone, traghettatore di Afrodite.

Il grecista Franco Montanari (al centro) risponde alle domande degli studenti (fonte: pagina Instagram Dirium Uniba)

Poco più che trentenne, Saffo, figlia di una nobile e benestante famiglia di Mitilene, signora del tiaso e sacerdotessa di Afrodite, vive sulla celebre isola di Lesbo dove trascorre le sue giornate dedita, anima e corpo, alla formazione delle fanciulle appartenenti alle famiglie cittadine più nobili. Per le ragazze dell’epoca era d’obbligo vivere un’esperienza prematrimoniale in cui essere educate a prendersi cura di se stesse e del proprio futuro sposo. E Saffo è la loro guida. Ignara, però, che di lì a poco un evento funesto sta per sconvolgere la sua vita.

Nonostante il proprio quotidiano impegno di educatrice, la poetessa non trascura la sfera famigliare. Si rivela madre amorevole e premurosa, nonché sorella preoccupata per le sorti di suo fratello Carasso. Risulta paziente e gentile con tutta la servitù. In particolare, con Dafne, sua ancella personale. Conduce una vita in apparenza perfetta e ideale. Eppure, le tocca reggere il peso di un matrimonio combinato dalla famiglia e dovrà subire tutte le pretese che su di lei avanzerà suo marito Cercina. Centro dei suoi pensieri e unica fonte di distrazione dagli affanni del presente è il poeta Alceo. I due condividono un sentimento profondo e struggente che fa sentire Saffo realmente viva.

Ma un evento improvviso irrompe nella vita della poetessa, accusata di aver ucciso Andromeda, sua acerrima rivale. Anche in quello che all’inizio sembra essere un incubo senza via d’uscita, la poetessa appare determinata a mostrare la propria innocenza non lasciandosi avvincere da niente e da nessuno. Ne vien fuori il ritratto di una donna intelligente, intraprendente, impavida, seducente, passionale e ostinata nella ricerca della verità. Questa è la cornice storica in cui si dipana il raffinato giallo storico di cui parliamo, che tesse la sua trama intrigata tra i segreti delle relazioni, la rarità e la passione per la poesia.

La copertina del giallo noir

Nel suo ultimo romanzo storico, La luna di Saffo. Un’indagine della poetessa di Lesbo (Rizzoli, 2023), Franco Montanari, ordinario di letteratura greca all’Università di Genova, consente ai lettori di immergersi nella vita “alternativa” della poetessa d’amore più famosa dell’antichità. E lo fa spalancando una finestra sul mondo antico, del quale ripropone usi e costumi, attraverso un’avvincente storia in cui la poetessa di Mitilene, città posta dirimpetto alla costa anatolica, figura nelle vesti inedite di sagace detective. Lo stile, raffinato ma non ricercato, appare scorrevole e molto evocativo. La narrazione procede con ritmo vivace e incalzante.

A guidare il pubblico nelle accattivanti vicende tratteggiate in questo suo primo romanzo da esordiente, è Montanari stesso. L’insigne grecista nonché autore di un fortunato dizionario greco-italiano (GI) in uso nelle scuole dal 1995 e più volte ristampato, è stato ospite presso l’Università di Bari dove, in aula IV, ha presentato il volume nell’ambito del corso di Letteratura italiana II alla presenza di tanti studenti, dottorandi e docenti afferenti il Dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica (Dirium). Un’occasione feconda per discutere intorno al “ripensamento del passato e dell’intera tradizione letteraria alla luce della scoperta dei suoi pezzi mancanti e delle tessere nascoste che aprono nuove finestre su cui innestare nuove potenzialità”, scriveva su Repubblica Bari anticipando l’evento la prof.ssa Anna Tiziana Drago, docente di Didattica del Greco e Cultura Letteraria della Grecia antica.

Già nei secoli in cui la sua opera ancora circolava l’identità della poetessa, staccatasi dalla realtà storica, diede luogo a una vivace leggenda. Accanto alla Saffo sapiente, modello per i poeti greci e romani, spunto per i filosofi e materia per i grammatici, si è fatta strada la Saffo donna: madre, sorella, amante. Un’autrice, insomma, che continua a riservarci tantissime soprese e ad essere oggetto di studi accademici. Come l’ultima, recente edizione critica, con traduzione e commento, curata dal professor Camillo Neri dell’Università di Bologna”, esordisce Angela Gigliola Drago, titolare della cattedra di Letteratura italiana II nel medesimo Ateneo.

Franco Montanari, docente emerito di letteratura greca presso l’università degli Studi di Genova (fonte. Academia Europea)

Nei secoli più vicini a noi, Saffo è diventata una vera e propria icona globale, un vero caposaldo della nostra cultura. Il naufragio dei testi non ha inabissato la sua reputazione. E qui c’è da sfatare la vulgata da bar secondo cui la letteratura greca ha già detto tutto quel che aveva da dire. Falso! Anzitutto, perché i grandi classici non offrono soluzioni ma problemi. E in ciò sta il loro lascito imperituro”, chiarisce subito il “papà del GI”. “In seconda battuta – prosegue – la letteratura greca ha un promettente futuro davanti a se perché grandioso è il passato lasciatasi alle spalle. Solo la conoscenza di ciò che è stato aiuta a far luce su ciò che sarà”.

Altrimenti, come spiegarsi la pubblicazione, quasi ogni anno, di nuovi testi inediti? – si chiede Montanari – Penso ai frammenti di Menandro, commediografo di IV sec. a.C., tra i non pochi autori antichi non tramandato nei codici manoscritti dalla selezione bizantina, e noto, fino a metà Ottocento, grazie a poche migliaia di citazioni frammentarie presso autori latini. Oppure ai papiri di Ercolano; venuti a galla nel corso degli scavi del primo Novecento e attualmente custoditi ad Oxford, per la stragrande maggioranza sono rimasti ancora chiusi nelle cassette dove furono depositati. Cosa c’è dentro? Un’altra Saffo? Versi di Pindaro, di Aristofane? Vorremmo tanto saperlo”.

Spostiamoci, dunque, alla trama del romanzo. L’autore menziona in incipit un’importante lessico bizantino, la Suida, che presenta Saffo sposa di Cercila del quale, come suggerisce il nome stesso, viene illustrata la rudezza e la virilità. Da lì traccia i rapporti tra i personaggi sfruttando e intrecciando magistralmente conoscenza, deduzione e fantasia. Montanari, “affamato lettore di gialli” – lo confessa egli stesso – passa a presentarci la famiglia della protagonista, composta dai suoi genitori, ligi ai doveri e alle apparenze sociali, e da tre fratelli, pochi inclini ai doveri nei confronti dello stato e in preda al furore delle passioni.

Da sinistra verso destra: Anna Tiziana Drago, Franco Montanari, Angela Gigliola Drago (fonte: pagina Instagram Dirium Uniba)

Nell’isola di Lesbo – il cui nome rinvia alle pratiche di Saffo, da cui il termine “lesbismo” -, la poetessa di Mitilene trascorre le sue giornate attorniata dalle ragazze del suo tìaso, una specie di convitto nel quale esse venivano educate a prendersi cura di se e del loro futuro sposo. Quando, improvvisamente, viene accusata di un delitto e proverà in tutti i modi, con grandi difficoltà, a discolparsi. Montanari dosa sapientemente la narrazione, intrecciando suspanse e colpi di scena. La trama si snoda con maestria mantenendo alta la tensione del lettore che si trova immerso in un vortice di mistero e sorprese. Ma sarebbe ingeneroso ridurre il tutto al plot, perché in questo romanzo, diviso in trentuno capitoli di varia lunghezza e il cui stile risulta scorrevole e molto evocativo, c’è molto altro.

La novità che si evince leggendo il giallo è che l’investigatore è costretto, per risolvere il caso, a scagionare un personaggio che sa essere innocente ma che tutti ritengono essere colpevole. La comunità di Mitilene, scossa da un assassinio apparentemente inspiegabile, bisognosa di un capro espiatorio, riversa i propri sospetti su Saffo”, racconta Montanari.A quel tempo, erano due le maestre rivali nel contendersi l’educazione delle giovani ragazze del tiaso: Saffo, per l’appunto, definita in modo dispregiativo “la contadina” per il suo incarnato olivastro e i suoi capelli scuri; e Andromeda, algida, bionda, bella e indisponente.

Andromeda, vittima dell’assassinio, è citata da Saffo stessa in alcuni suoi frammenti come “avversaria”. Solo un vago cenno. Ma niente di più. Non abbiamo altri dati certi che ci consentano di sapere se davvero Saffo e Andromeda fossero rivali. In assenza per l’epoca di archivi, documenti, anagrafe ecc. era problematico reperire informazioni circa il profilo biografico di un autore antico. La stessa tradizione biografica codificata da Aristotele e dai peripatetici antichi si basava sui testi e i frammenti degli autori medesimi”, illustra il docente. Nel caso di autori lirici di cui ci restano solo frammenti, la questione accattivante per lo studioso di letteratura greca è che gli autori non parlano mai in prima persona. Non deve stupire, dunque, che le biografie di Omero siano tutte inventate e diverse le une dalle altre”.

Franco Montanari (sinistra) insieme a Massimo Luciani (destra), giurista dell’Università Sapienza in aula magna “Aldo Cossu” (fonte: pagina Instagram Dirium Uniba)

Tuttavia, negli anni a cavallo tra i secoli VII e VI a.C. fa la sua comparsa, nella storia della poesia greca, la cosiddetta “poetica dell’Io”. Una sorta di maschera (persona loquens) che si manifesta nel testo letterario ma non coincide con il poeta bensì con una persona alla quale il poeta dà voce ed espressione. Un “Io” sempre più “Noi” che si esprime interpretando un ruolo in un gruppo di pari accomunati dagli stessi valori politici e religiosi. “Se il poeta epico si esprimeva in terza persona per narrare di miti, guerre e amori, adesso il poeta lirico si prefigge di raccontare medesimi oggetti dal suo punto di vista. Tra io ‘poetico’ e io ‘biografico’ la verità sta nel mezzo”, prosegue Montanari.

Ecco perché ho scelto di impiegare un espediente narrativo tra i più noti e collaudati in letteratura: il manoscritto ritrovato di manzoniana memoria. Su quest’input ho ricostruito una biografia autenticamente falsa di Saffo, immaginando il ritrovamento di un papiro autografo nel quale è la poesia a scrivere la vera storia dell’amore che Saffo provava per Alceo, suo compagno sentimentale e ideale nella lotta contro il tiranno Pittaco. Che siano contemporanei, non v’è dubbio. Mancano, tuttavia, le prove per affermare che i rapporti fra i due siano stati così intimi. Leggiamo solo un’apostrofe a Saffo ‘la bella e veneranda’ rivoltale da Alceo in un suo frammento, per di più filologicamente infondato perché scritto in un dialetto non lesbio”.

Insomma, La luna di Saffo, fin dalle prime pagine in cui vediamo le ragazze del tiaso festeggiare, a fine primavera, i riti in onore della dea Afrodite, alla dimostrazione dell’innocenza della poetessa aiutata dal fedele barcaiolo Faone, suo braccio destro nelle indagini alla ricerca del vero assassino di Andromeda, passando per gli screzi, le gelosie, le invidie tra le sue allieve, soprattutto con l’ancella Dafne, senza tralasciare l’infelice matrimonio con suo marito Cercila esito di un’unione di convenienza impostale dalla famiglia, si rivela un accurato e avvincente affresco di un’epoca in cui le donne imboccano una strada nuova rispetto a quella intrapresa dagli uomini.

Franco Montanari (sinistra) con Piero Totaro, ordinario di Letteratura greca II all’Università di Bari (fonte: pagina Instagram Dirium Uniba)

Montanari sceglie di percorrere la scrittura creativa, consapevole che non tutto può essere comunicato attraverso un articolo o un scientifico. Restano nuclei di significato che interrogano con urgenza la nostra fragilità di esseri umani e che solo un romanzo, problematizzando i fatti narrati, sa tradurli e comunicarli più efficacemente”, sottolinea Angela Drago. “La sorprendente abilità narrativa di Franco Montanari ha qualcosa di chirurgico: sceglie il punto propizio, seleziona e richiude senza alterare l’affresco storicamente fondato. L’invenzione letteraria si gioca sulla distanza tra il narratore in terza persona e i tradizionali punti di vista a cui la sceneggiatura è consegnata. Un sottile gioco letterario sottile che il lettore colto sa apprezzato in ogni suo punto”, puntualizza Tiziana Drago.

Al termine del seminario chiedo al prof. Piero Totaro, mio ex docente di Letteratura greca II, di raggiungerlo nel suo studio lungo il corridoio del Dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica (Dirium), non molto distante dalla stanza di un altro grande filologo classico, anch’egli, come Montanari, emerito: Luciano Canfora. Ad attendermi seduto alla scrivania, Montanari stesso. Impaziente di saperne di più, inizio subito a domandare.

Quanto c’è di ‘femminile’ nella scrittura di Franco Montanari?

Devo dire che, quando ho scritto ‘Saffo. Autobiografia segreta. Confessioni di una poetessa’ mi attirava l’idea di cimentarmi in una scrittura “al femminile”, per vedere se riuscivo a dar voce a una donna mettendomi dal suo punto di vista. Non saprei, tuttavia, dire se e in che misura sia riuscito a fare altrettanto ne ‘La luna di Saffo. Nel precedente libro, la poetessa si esprimeva in prima persona, qui, invece, la voce narrante si esprime in terza persona. Di sicuro, il punto di vista di Saffo emerge nitidamente nei suoi rapporti con le istituzioni, Alceo, il marito, il fratello, la famiglia e così via.

Viene ripreso infra le righe il motivo dell’amore eterosessuale di Saffo…

Non c’è bisogno di ricordare i rapporti omosessuali che Saffo intratteneva con le ragazze del tiaso. Malgrado i conclamati progressi e le sbandierate conquiste di civiltà, il nostro Paese rimane ancora fortemente omofobo. Si immagini, dunque, il divertimento del sottoscritto nel presentare e raccontare una Saffo “costretta” all’omosessualità da ferree convenzioni sociali. La poetessa, in realtà, è decisamente e vivacemente eterosessuale e vive una storia molto intesa con Alceo. Mescolare entrambi i punti di vista mi ha divertito molto. Non ho nessuna difficoltà a parlare di un orientamento bisessuale della Nostra.

Quanto di lei c’è, invece, in Alceo?

Per quanto mi riguarda, nulla di autobiografico (sorride). Il rapporto intensamente vissuto da Saffo con Alceo è un espediente narrativo che mi è servito per ribadire che furono contemporanei e vissero nella stessa isoletta bagnata dal mar Egeo. Sono fantasie degli antichi e dei moderni le insinuazioni di appaganti avventure amorose tra i due. Non ne abbiamo prove a livello storico né fattuale. Lei ha messo al centro della sua poesia la tematica amorosa. Lui, membro di un’eteria aristocratica, partecipò attivamente alle vicende politiche di Mitilene. Un nuovo frammento di Alceo che faccia luce su questi aspetti sarebbe motivo di giubilo per i grecisti.

Una letteratura quella greca che, come lei diceva, ha una partita ancora tutta da giocare e per nulla scontata: reinterpretare il già noto e interpretare ciò che periodicamente vien fuori dalle “sabbie dell’Egitto”. Quale attualità mantiene Saffo allo stato attuale della ricerca?

Uscita per tempo dal ristretto ambiente di Lesbo cui era per lo più destinata in origine, l’opera di Saffo fu letta in Occidente fino a tutto il VI secolo, mentre in Oriente, dopo la caduta di quello, circolò almeno fino alle soglie del II millennio. Nel corso di tanti secoli influenzò altri poeti, sia di lingua greca che latina, in primis Catullo, Orazio, Ovidio; dapprincipio l’identità della poetessa, staccandosi dalla realtà storica, diede luogo a una vivace leggenda. Nacquero, così, molte biografie e reinvenzioni del personaggio. Si è andata affermando anche la maschera di una Saffo scandalosa, campionessa di lussuria e promiscuità. Nei secoli più vicini a noi, è assurta a icona globale. In Italia, ha contato moltissimo per poeti come Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi, ma la sua influenza si è estesa in ogni direzione e in ogni lingua consegnandole la missione storica di simboleggiare la poesia in modo assoluto, indipendentemente dalle stesse parole. La meraviglia della sua sublime poesia è assolutamente senza età. I versi di Saffo non moriranno mai.

Se un classico vive di continue scritture e riscritture, allora che tipo di responsabilità ha il traduttore nei confronti del testo che traduce?

La traduzione è un esercizio assolutamente imprescindibile perché ciascun traduttore, dovendo scegliere, ci mette del suo. Tradurre non è un mero transito dal sistema semantico e culturale dalla lingua di partenza a quello della lingua di arrivo. Implica anche il passaggio ad un diverso sistema mentale e intellettuale e, dunque, al modello culturale e antropologico sotteso ad una civiltà ‘altra’. Si dice che le traduzioni sono come i letti, vanno sempre fatti e rifatti. Tutte diverse, in quanto ogni traduzione rivela la personalità del traduttore e aspetti inediti dell’opera tradotta. Faccio solo un esempio. L’Odissea di Omero è stata tradotta innumerevoli volte: da Ippolito Pindemonte nel 1822, più recentemente da Franco Ferrari e Maria Grazia Ciani, passando per Vincenzo Di Benedetto. Segnalo due traduzioni di prossima pubblicazione. Una reca la mia prefazione, l’altra uscirà per la collana ‘Storia e letteratura’ da me diretta.

Si accennava al confine, quanto mai labile, tra divulgazione e ricerca scientifica. Che ne pensa a riguardo?

La questione è ovviamente complessa. Naturalmente, non si tratta di due facce speculari della stessa medaglia. Come è altrettanto ovvio per chi lavora scientificamente sui testi antichi non rifuggire la divulgazione, quanto mai utile e opportuna anche per coloro che, in un pubblico sempre più vasto, non leggono il testo in lingua originale ma in traduzione. A patto che si divulghi correttamente e con onestà intellettuale. Una scienza i cui livelli di specializzazioni raggiungano un livello tale che consenta solo al filologo A di intendersi col filologo B rimarrebbe chiusa in se stessa, ridotta a disputa tra accademici. E così non deve essere.

Mi tolga una curiosità: a quando risale questo suo amore per Saffo?

Due anni fa, l’editore Guida mi parlò di una collana di “Autentici falsi d’autore”, nella quale si chiedeva a noti e sperimentati studiosi e scrittori di cimentarsi con un “vero falso”, scegliendo il tema e l’autore da “imitare” o meglio “falsificare”. Mi parve un’idea intelligente e stimolante. Visto che da sempre mi occupo di poesia greca arcaica (epica, lirica, tragedia) e delle sue interpretazioni da parte degli antichi, mi è venuta subito l’idea di cimentarmi con un autore sul quale non avevo mai scritto come filologo di professione né prodotto studi scientifici, ma che amavo moltissimo: Saffo. Ho accettato, quindi, la sfida di scrivere un diario autobiografico e attribuirlo “falsamente” alla poetessa di Lesbo. La collana è poi proseguita con numerosi altri “falsari” di vario genere. Nientemeno, Andrea Camilleri scelse di falsificare addirittura una novella di Boccaccio.

Sentivo di un suo imminente contributo scientifico per ora in cantiere. Vuole darci qualche anticipazione?

Stavolta non è un giallo, posso fare tranquillamente spoiler. Sarà una nuova storia della filologia classica, alla quale sto lavorando da alcuni anni. Uscirà a inizio gennaio per l’editore Carocci. Il suo senso risiede nel contenuto, vale a dire un’attenta e accurata ricostruzione della disciplina filologica sulla scorta della strepitosa evoluzione degli studi e i recenti progressi della ricerca in specie nell’ultimo mezzo secolo. L’ultimo, puntuale resoconto dei momenti storici salienti della filologia classica a cavaliere tra grecità e mondo latino è la Storia della filologia classica del grecista Rudolf Pfeiferr del 1973. Da allora rimasta un vero e proprio caposaldo. È tempo di una nuova analisi storico-critica complessiva che riesca nell’intendo di illustrare le peculiarità metodologiche e storico-critiche degli studi filologici ad un pubblico più largo degli “addetti ai lavori”.

Un auspicio in cui confidiamo anche noi di Primo Piano, augurando al professor Montanari di portare a termine questo volume scritto a più mani con i contributi di alcuni tra i più noti e comprovati esperti delle discipline storico-filologiche. “Spero che altre occasioni di incontri coi lettori e la pubblicazione di articoli accademici non distolgano troppo la mia attenzione da questo obiettivo: licenziare il saggio nel rispetto dei tempi di consegna previsti prima delle vacanze natalizie”, conclude il papà del GI, congedandosi con un garbo e una gentilezza tipica di un signore d’antan.

Mentre esco dallo studio del professor Totaro, in una calda mattina d’ottobre, da ex studente del liceo classico che tante ore ha passato su quegli antichi e affascinanti vocaboli illustrati nelle pagine del vocabolario greco-italiano GI, provo un senso di profonda gratitudine e ammirazione per tutto ciò che Franco Montanari ha fatto e continua a fare per divulgare la civiltà antica. Quanto a ‘La Luna di Saffo, un giallo noir abbastanza sui generis, visto che solo nel prologo si accenna alla questione del delitto ripresa, poi, intorno a metà del racconto, non è lecito, per chi scrive, svelare il finale. Sta a voi, lettori e lettrici, scoprire il colpevole, immergendovi nei personaggi, negli ambienti e nelle atmosfere dell’epoca che fanno da sfondo alle vicende, evocate da un profondo e raffinato conoscitore dalla cultura greca e del suo sistema letterario.