Siccità un disastro annunciato

Se le dighe sono ai minimi storici e metà del raccolto è a rischio in Puglia, la causa sta anche nell'inerzia dei consorzi di bonifica commissariati

L’immagine più eclatante del bollettino settimanale è quella dell’invaso di Occhito, un bacino da 250 milioni di metri cubi d’acqua, al confine tra Molise e Puglia, che rifornisce di acqua tutto il Tavoliere, la pianura in provincia di Foggia nota come “il granaio d’Italia”, e allo stesso tempo una delle fonti di approvvigionamento per l’Acquedotto Pugliese. In soli 8 giorni ha visto ridursi i propri volumi di oltre 15 milioni di metri cubi, si legge nel report dell’Anbi, l’Associazione dei consorzi di bacino. La diga sul fiume Fortore ne trattiene adesso solo 77 milioni circa e, d’ora in poi, l’acqua dell’invaso servirà quasi esclusivamente per l’uso potabile.

   

Le previsioni sono nefaste: Per la metà di agosto, la Capitanata non avrà più risorsa per irrigare i campi, spiega il report. Anche perché esiste la possibilità che, come avvenuto negli scorsi anni, il periodo secco si prolunghi fino agli inizi di novembre per poi essere interrotto dall’irrompere di eventi meteorologici estremi. Secondo Francesco Vincenzi, presidente dell’Anbi, è quindi “reale il rischio di vedere inaridita la pianura foggiana, così come ampie porzioni di territorio salentino”, con la conseguenza che resti compromessa la campagna di semina e produzione.

Considerando soltanto le dighe gestite in Puglia dal Consorzio per la bonifica della Capitanata (clicca qui), la disponibilità idrica rispetto a un anno fa segna 162 milioni di metri cubi di acqua in meno. Gli invasi sono quasi a secco e senza piogge l’emergenza idrica nelle campagne pugliesi è destinata ad aggravarsi. Secondo i dati aggiornati ad oggi e presenti sul portale del Consorzio che gestisce le quattro dighe questa è la situazione: nel già citato invaso di Occhito sul Fortore ci sono soltanto 75 milioni di metri cubi di acqua, il 25 luglio del 2023 ce n’erano 194 milioni; nella diga di Marana Capacciotti restano 11 milioni di metri cubi di acqua, contro una capienza di 48 milioni (l’anno scorso ce n’erano 39 milioni); l’invaso di Capaccio sul Celone ha 2,5 milioni di metri cubi di acqua, l’anno scorso erano 8,4 milioni mentre la capacità è di 25,8 milioni; nella diga di San Pietro sull’Osento ci sono appena 1,2 milioni di metri cubi di acqua, un anno fa ce n’erano oltre 10 milioni.

La situazione non è migliore negli invasi che servono anche la Puglia ma sono gestiti dall’Autorità di bacino della Basilicata: nella Diga del Pertusillo, secondo i dati dell’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia, risultano esserci 77 milioni di metri cubi di acqua, un anno fa erano 103 milioni; nella diga di Monte Cotugno sono conservati 128 milioni di metri cubi di acqua contro i 256 del 2023. In totale nei 6 invasi lucani si contano 206 milioni di metri cubi di acqua in meno, che sommati ai 162 delle dighe pugliesi fanno 368 milioni di metri cubi di risorsa idrica in meno rispetto al 25 luglio del 2023.

“Sui campi dell’intera Puglia e di tutti i settori dell’agricoltura non piove da mesi. L’emergenza idrica nel 2024 non ha precedenti. Saranno dimezzate le produzioni di ortofrutta, la raccolta dell’uva, sono già calate fino al 50% le rese per ettaro del grano duro e si prevede una drammatica diminuzione della produzione di olive e di olio nei prossimi mesi, un colpo durissimo che vanificherà in gran parte quanto di buono è stato espresso nella scorsa campagna olearia. Si prevede infatti una produzione in calo del 60%”. Lo sottolinea Gennaro Sicolo, presidente regionale e vicepresidente nazionale di Cia Agricoltori italiani di Puglia, che chiede alla Regione «di procedere celermente per attivare le procedure per lo stato di calamità».

Nessun settore agricolo, aggiunge, «è risparmiato da questa prolungata siccità, nemmeno l’olivicoltura perché le piante d’olivo già stanno risentendo della mancanza di acqua e dell’impossibilità, in moltissime zone della Puglia, di effettuare almeno le irrigazioni di soccorso. È una situazione, questa, aggravata dall’inerzia dei consorzi di bonifica commissariati, i quali in tutti questi anni non hanno approntato piani, programmazioni, progetti e azioni per affrontare strutturalmente il problema idrico-irriguo e l’insufficiente dotazione di strutture e tecnologie per il risparmio e il riuso dell’acqua.

Numeri che hanno ripercussioni reali sulla vita di milioni di persone e di lavoratori. Una di queste storie è stata raccontata da Vito Fatiguso sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno. È quella di Mario De Matteo, a capo di un’azienda agricola situata a Orta Nova su 200 ettari. Uva da vino, pomodoro, grano, asparago, carciofo e finocchio sono le colture che figurano nel catalogo fornito ai clienti. Ma l’emergenza siccità mette a rischio la tenuta dei conti e il futuro dell’attività. «Mai visto niente di simile: l’acqua è finita e quella che c’è ha una qualità scarsa. Da un momento all’altro i pozzi non tirano più e non c’è certezza del futuro. Cosa farò? Sicuramente già da agosto ridurrò la produzione di ortaggi. Senza la certezza della risorsa idrica non si possono fare investimenti», spiega l’imprenditore.

Di queste storie, in Puglia, se ne potrebbero raccontare a migliaia. Un disastro forse annunciato, dal momento che le ultime precipitazioni serie risalgono a ottobre scorso. Nel 2023 ci fu un giugno con piogge abbondanti, poi nulla di più fino all’autunno. L’inverno, invece, è stato negativo. E c’è chi, ancora, anche ai piani più alti, non vuol sentir parlare di cambiamento climatico e ammettere la sua origine antropica.

Nelle foto, la diga di Occhito che alimenta tutta la Capitanata