Quando Fanfani chiuse il camping-nature di Santo Spirito

Le ferie di tanti piccoli proprietari terrieri di Bitonto, nel gustoso quadretto firmato da Antonio Cardone e tratto dall'archivio di Primo piano

La megalomania di un regime che ragionava in termini littorali, l’aveva scippata a Bitonto e incorporata, quasi a viva forza, in una Bari destinata a diventare metropoli, nei disegni imperiali. Ma i bitontini, in barba a qualsiasi diktat, avevano continuato a considerare Santo Spirito la loro spiaggia tradizionale, anche perché il tram elettrico a scartamento normale, che avevano costruito a loro spese, forniva un accattivante mezzo di trasporto, in tempi in cui il boom delle automobili era di là da avvenire.

Così da sempre, e sino agli anni Quaranta inoltrati, tra la fine di luglio e la prima metà di agosto, la strada sterrata che correva lungo il mare dall’altezza della sciala Adriatico sino al lido Lucciola, si trasformava in un incredibile ed originale camping, che molto probabilmente non aveva eguale in nessuna parte del mondo. Era davvero un camping bitontino doc.

Liberi da immediati impegni agricoli (i campi bitontini, dalla periferia della città, sino alle Mattine erano prevalentemente uliveti, mandorleti e vigneti) i piccoli proprietari si trasferiscono, con le loro famiglie, per un paio di settimane alla marina di Bitonto, utilizzando i carri agricoli (i vecchi traiene, li ricordate?). Li stipavano di vettovaglie, roba da mangiare, balle di paglie (servivano a fare rudimentali giacigli, oltre che ad alimentare la mula), ma li stipavano soprattutto con i grandi panni di sacco che, in campagna, servivano per la raccolta delle mandorle o delle olive. In quei giorni di mare, sarebbero stati utilizzati per erigere l’originale tendopoli. I traini venivano sistemati a pochi metri dal mare, con le stanghe rivolte verso il cielo e le ruote bloccate da grosse pietre per impedire che slittassero su quel pendio scosceso. Su di esse venivano stesi i panni, legati con corde e fil di ferro a formare rudimentali e accoglienti capanne o, se vogliamo, tende e roulottes, ante litteram.

In quei vani, si sistemava tutta la famiglia per trascorrere le due settimane di vacanze al mare. In un angolo, ben riparato dai raggi del sole dardeggiante, c’era “u ciciue” la preziosa brocca a collo stretto, e pancia robusta, che conservava l’acqua dolce, per bere. Per cucinare, lavarsi e lavare piatti, tegami ed indumenti si utilizzava l’acqua del mare e non importava più di tanto che fosse salata…

Il cammino del sole cadenzava veramente la giornata di quei bitontini in vacanza: l’alba dava la sveglia, il tramonto suonava la ritirata. Non c’era luce elettrica e le lanterne a olio o petrolio che servivano per re traienere non potevano essere utilizzati sotto la tenda. Meglio andare a dormire. Ovviamente non c’erano radio, fonografi, mangiadischi e cd e tanto meno tv, con le loro ingombranti tirannie… Davvero una vacanza nature, divertente. Anche per i muli, che venivano pure loro condotti al bagno. Tantissimi anni fa, quando Santo Spirito era davvero un “villaggio rimpianto” (per dirla come il preside Gregorio Ancona, accorato cantore di quella “bella époque”), per questi bagni si utilizzava la conca che c’era quasi a ridosso della sciala Adriatico, dove il mare fa una piccola insenatura. Poi, crescendo Santo Spirito, il singolare rito era stato spostato più avanti verso Giovinazzo, poco prima del Lido Lucciola, a Cala d’oro.

Fu Amintore Fanfani, uno dei cavalli di razza, della gloriosa Democrazia Cristiana a chiudere – indirettamente – quel singolare camping, distruggendo la possibilità di una vacanza nature di grande fascino e con poca spesa.

Accadde agli inizi degli anni Cinquanta, esattamente nel 1952. Il rampante Amintore era ministro del lavoro di uno dei tanti governi diretti da Alcide De Gasperi. Per fronteggiare la preoccupante disoccupazione che premeva soprattutto al Sud, inventò i cantieri-lavoro (o meglio cantieri-scuola) per realizzare opere socialmente utili, impegnando i disoccupati della zona. Anche Santo Spirito ebbe il suo cantiere-scuola, per sistemare un tratto del lungomare, quello che andava dalla sciala Adriatico ai Pagliai. Per alcuni mesi lavorarono alacremente parecchi disoccupati del posto.

Tra gli altri, a dirigere i lavori, furono chiamati anche tre geometri di Santo Spirito, appena diplomati: Nico Lovecchio, Ciccio Lovascio ed Ennio Procacci. In breve, quel tratto del lungomare fu messo a posto. Gli abitanti di Santo Spirito guadagnarono un’invidiabile passeggiata a mare, ma i piccoli proprietari bitontini persero il loro camping-nature.

Le foto, artisticamente ritoccate, sono tratte dal sito “Santo Spirito cartoline d’epoca”