Quando hai la fortuna di conoscere delle menti straordinarie, avverti il senso profondo delle scelte compiute e davanti a te si squadernano orizzonti creativi infiniti. E piangi l’assenza di chi non c’è più. Allora comprendi appieno la bellezza di una progettualità che diventa comune luogo d’azione e suggerisce rigore, misura, coerenza ma anche gioco, mutazione, sfida. La nostra terra ci ha offerto personalità eccezionali, riconosciute, sia pure con diversa intensità, dall’enorme platea di estimatori. Personalità che ci hanno incantato con la loro profondità metafisica, accompagnato in terre lontane con raffinati voli concettuali, ricordato la semplicità dei profumi nostrani o suggerito esotiche allegorie.
Una delle occasioni più stimolanti per tornare a gustare la magia creativa di alcuni compianti maestri – in un momento in cui l’arte finalmente torna a sorridere dopo i tempi bui e tristi della pandemia – ce la offre la collettiva Hommage. Artisti che omaggiano artisti, un ampio e originale palinsesto di emozioni, suggestioni, atmosfere, intuizioni e provocazioni, nato dalla mente fervida e moderna di uno degli autori più rappresentativi della nostra Puglia artistica, Iginio Iurilli. Sperimentatore, provocatore, pittore nell’animo, Iurilli è approdato alla produzione tridimensionale carezzando sempre la sua passione per il colore, di cui è maestro. Esponente di una mediterraneità poeticamente innovativa, rivelata e rivisitata attraverso l’estro sempre un po’ bambino che ritrovi nel suo vivido sguardo. Ieri come oggi.
La collettiva Hommage, a cura di Carmelo Cipriani – le due prime sessioni, l’una a novembre, la seconda appena conclusasi, sono state ospitate presso la galleria barese Nuova Era di Rosemarie Sansonetti – racconta amicizie antiche, intrecci d’anima, chiacchierate alla controra, viaggi condivisi. Un omaggio, appunto, ad artisti scomparsi che vengono ossequiati da altrettanti artisti, in vita, che ne celebrano la memoria professionale e umana. Un appassionante progetto in fieri, che proseguirà in altri luoghi e in altre date: il 12 gennaio, a Molfetta, presso il Torrione Passari, e il 12 febbraio alla Galleria Crak di Taranto. Per comprendere la genesi e la finalità di questa singolare proposta artistica, che tanto fervore di idee ha suscitato nel pubblico e nella critica, abbiamo rivolto alcune domande al suo ideatore.
Iginio, la mostra nasce da una tua intuizione, al solito brillante, rivolta a rendere omaggio ad alcuni tra i più illustri artisti scomparsi…
L’idea nasce dalla constatazione che ogni qualvolta un artista ci lasci nessuna istituzione – la Regione, i comuni, le gallerie, la critica – fa nulla per celebrarne e custodirne la memoria. Al contrario, si fa di tutto perchè la loro opera cada nel più totale oblio. Mi è venuto naturale, dunque, pensare che io stesso e gli altri artisti in vita siamo proiettati verso un simile destino. La volontà di realizzare una mostra per omaggiare la memoria di chi non c’è più, è, dunque, la conseguenza logica a tale insostenibile situazione. L’idea ha subito suscitato interesse e approvazione tra gli artisti che ho voluto coinvolgere nel progetto, per il quale mi sono avvalso della collaborazione sul piano teorico e tecnico di Carmelo Cipriani. Così il progetto ha cominciato a prendere corpo, tra le le inevitabili difficoltà organizzative e le solite ristrettezze economiche. Alla fine, la determinazione di chi ci ha lavorato e la bontà dell’idea si sono tradotte in un evento artistico di grande respiro e sicuro richiamo, col risultato non solo di aver reso il giusto tributo a tanti colleghi non più tra noi ma anche di aver messo in scena una chiara provocazione, una denuncia contro le istituzioni che mostrano disinteresse all’idea di dotare la nostra Puglia di un personale patrimonio identitario, artistico e culturale. Una denuncia che assume un significato ancora più efficace, se solo si pensi al fatto che le istituzioni di cui sopra – comuni, Regioni, gallerie – molto spesso finanziano con somme cospicue mostre di artisti già famosissimi che forse non avrebbero bisogno di tali attenzioni, astenendosi invece dal promuovere l’opera dei talenti pugliesi. Voglio aggiungere che il consenso della critica e del pubblico e il plauso degli artisti che, pur criticando la scelta dei nomi e la loro esclusione dalla mostra, si sono congratulati per l’idea, testimoniano quanto questa mia intuizione si sia rivelata giusta.
Sono tutti artisti-amici di alto profilo professionale, con sensibilità eterogenee. Come sei arrivato a questa selezione?
La scelta degli artisti scomparsi da inserire nella mostra, l’ho condivisa – almeno in parte – con il critico Carmelo Cipriani e con alcuni colleghi, privilegiando, secondo i nostri parametri estetici, la qualità del loro operato artistico nonché il loro personale curriculum e non la mera amicizia. Tant’è che l’unico artista in mostra, con cui ho condiviso un lungo sodalizio umano ed intellettuale, è Beppe Labianca. Mai stato, invece, amico di Mimmo Conenna e di altri, con cui ho avuto solo rapporti saltuari, in occasione di mostre collettive. Per quanto riguarda l’eterogeneità dell’operato artistico dei maestri scelti, non ho pensato di puntare su una loro omogeneità stilistica, che tra l’altro è pressoché inesistente a queste latitudini, per il semplice fatto che non c’è una vera scuola pugliese, o meglio ancora non si è mai costituito un gruppo che lavorasse sulle stesse tematiche e scelte stilistiche.
In un tempo come il nostro, fatto di conversazioni a distanza, come pensi che l’arte possa riuscire a ristabilire un rapporto più stretto e concreto con la quotidianità?
Penso che ogni artista abbia un personale rapporto con la quotidianità che esprime attraverso i propri valori umani e canoni estetici. Personalmente, prediligo soggetti di denuncia ecologica. Non trascuro, tuttavia, l’aspetto ironico e ludico.
Ritieni che la critica odierna abbia condizionato il progresso dell’arte?
Non credo che la critica abbia avuto, in generale, il potere di condizionare il progresso dell’arte. E oggi meno che mai. Il suo ruolo è stato quello di registrare e storicizzare con eventi artistici, mentre si succedevano a ritmo talvolta vertiginoso com’è stato dall’inizio del secolo scorso ad oggi. Chi, invece, determina cambiamenti epocali nel processo evolutivo dell’arte sono le grandi multinazionali e le gallerie più importanti che impongono con le loro scelte sul mercato globale i nuovi percorsi estetici.
Tu sei un maestro per tutte le nuove generazioni. Qual è il tuo approccio con i talenti emergenti?
Devo dire che il mio rapporto con i giovani artisti è più che buono; tant’è che di alcuni di loro sono amico, ci frequentiamo e ci stimiamo a vicenda. E per uno della mia età, essere considerato e ben accettato dai talenti emergenti è una rigenerante soddisfazione professionale.
Quanto di Iginio Iurilli c’è nella tua promozione culturale?
Direi tutto me stesso: le mie esperienze di vita, le mie sensazioni, le mie letture, le mie soddisfazioni professionali, ma anche le difficoltà oggettive, le mie delusioni. Insomma l’intero crogiulo delle diverse sensibilità umane, intellettuali e artistiche che ho avuto modo di sedimentare e affinare nel corso di una lunga e quanto mai intensa esperienza professionale e spirituale. E dalla quale continuo a trarre tutte le ragioni per investire e credere nell’arte.
Nella foto in alto, Iginio Iurilli, promotore della collettiva “Hommage”