Vi è capitato mai di sapere di parenti o amici, che dopo la gioia della nascita di un figlio, magari lungamente atteso e tanto desiderato, si siano ritrovati, subito o nel giro di qualche mese, di fronte a comportamenti o a sintomi strani manifestati dai propri piccoli? Inizialmente, sono proprio loro, i genitori, a far finta di niente. Esorcizzano la scoperta con un netto rifiuto che dell’evidenza danno con forza a se stessi. Ciò fin tanto che l’anomalia comportamentale non appare in tutta la sua gravità.
Drammatica scoperta. Dolore muto. Non c’è tempo da perdere. Di corsa dallo specialista che o il medico di famiglia o il pediatra o gli immancabili parenti dottorsatutto ti hanno proposto e che accetti di consultare con totale fiducia. Sei talmente confuso che ogni indicazione ti fa solo bene. Non connetti. È come se avessi perso, d’un tratto, ogni capacità razionale.

Ti assalgono solo dubbi. Ma è la strada giusta per il bambino? Si vedrà. Appuntamento fissato. Fortuna se è medico convenzionato con la ASL, se hai trovato posto in una struttura ospedaliera pubblica; altrimenti, senza indugio, fili dritto allo studio privato di quel tale specialista, considerato un luminare e di cui subito ti fidi come se ti stessi rimettendo ai poteri di un guaritore.
L’immancabile sala d’attesa. La prima scoperta che non sei proprio solo. Altri genitori sono accomunati a te, alla tua sorte. Prima silenzio, poi piccole conferme. Osi chiedere: “La prima volta?”. “No. Siamo in cura da tre mesi”, la risposta. Non osi domandare altro. “Per noi sarà diverso, vedrai!”, ti dici con fare rassicurante. Osservi quello che gli sguardi di chi ha terminato la visita ti dicono. Muti, ma eloquenti. Non servono parole. Comprendi: dolore, angoscia, disperazione. Solitudine. Rabbia. Vanno via, senza nemmeno salutare. Immagini l’esito di quel consulto. Pensi al tuo turno. Rimani in attesa, in sospensione. Dobbiamo proprio raccontare qui della visita? Meglio di no.
Nel volume Dal dolore alla speranza – Storie di vissuto quotidiano nell’Opera di San Pio edito da Aga, l’autore, Michele Germano, presenta ben ventuno genitori che raccontano con intensità emotiva quanto vissuto, minuto per minuto, a seguito della prima visita dal medico, la visita della “scoperta”. Conferma o condanna? E ora, che sarà di quel bambino, di quel figlio? Di mio figlio? Che sarà dei loro genitori? Che fare? Dove cercare? Chi può guarire? Chi mai potrà avere cura di un caso irreversibile?
Tante le reazioni. Sprofondi nel dolore dal quale credi di non poter uscire. Anche la preghiera non è più invocazione ma imprecazione. “Perché soffrono i bimbi? È domanda che tocca il cuore”, afferma Papa Francesco. E quello di quei genitori è ridotto a brandelli. Il libro, scritto da Michele Germano, neuropsichiatra infantile, a coronamento di trentotto anni di onorata carriera presso la Casa Sollievo della Sofferenza a San Giovanni Rotondo, è “dedicato a tutte le mamme e i papà, tutte le famiglie, tutti i bambini e le bambine che sono entrati nella mia vita”.

Sono migliaia i casi descritti, non solo quelli dei piccoli pazienti ma anche le storie di familiari o persone entrate tutte a far parte integrante della sua vita. Una dimensione per la quale Germano non spreca parole. La custodisce in cuor suo, quasi a conservare la sacralità dei tanti drammatici vissuti in una intensa, costante relazione di servizio. Non è lui a parlarne nel libro, sono i genitori che hanno accolto il suo invito a farlo, per offrire una testimonianza di vita segnata dalla compagnia di sofferenze tanto dolorose quanto inenarrabili. Molti quelli che hanno dovuto rinunciare a farlo: “Scusateci, dottore. Ci abbiamo provato a scrivere, sia io, sia mia moglie. Non ne siamo stati capaci. Non ce l’abbiamo fatta”. Come non capire? Non è facile tornare indietro nel tempo e rivedersi ancora avvolti in una sofferenza che non avrà mai fine.
“Questo libro è merito di tante testimonianze, di quelle scritte e di quelle non scritte. Le prime ci hanno consentito anche la sua realizzazione, ma sono tutte ugualmente significative per me”, così parla Michele Germano di quelli che non solo sono presenti nel suo libro, ma di tutti, perché sono “entrati nella mia vita”.
Il volume è stato presentato dai giornalisti Stefano Campanella, direttore di TeleRadio PadrePio di San Giovanni Rotondo e dal sottoscritto, giornalista e curatore editoriale. “Questo è un libro che fa parte della narrativa della medicina. È un testo da rendere obbligatorio per gli studenti che scelgono questa branca. Un libro che è propedeutico alla professione”, afferma Giuseppe Gobbi, bolognese, neuropsichiatra infantile, già presidente della Société Européenne de Neurologie Pédiatrique.
Il dott. Michele Giuliani, direttore generale della Fondazione Casa Sollievo della Sofferenza, nel suo intervento si è posto sulla scia di Padre Pio: “Un libro che non ti lascia indifferente. Ti colpisce il cuore. La patologia che colpisce i bambini, colpisce l’intera famiglia. Il dottor Germano, nella sua professione, non li ha solo incontrati ma li ha fatti entrare nella sua vita. Tante le considerazioni, guardando allo stato della medicina oggi. L’economia rischia di allontanarci dal ‘care’. Appare quanto mai necessaria un’alleanza terapeutica globale che è l’essenza del medico oggi nel rapporto col suo paziente”.

Il dott. Francesco Mango, medico psicologo clinico, ha considerato quanto sia ammalata la medicina oggi, tanto che porta a trascurare di prendere in carico la persona, con tutte le conseguenze che ne derivano. È toccato all’arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, mons. padre Franco Moscone, replicare agli interventi e ai quesiti. “Non nascondo di essere in difficoltà”, ha esordito, affrontando subito la domanda “perché Dio, che si dice essere Padre immensamente buono e misericordioso, consente la sofferenza dei piccoli, il dolore?” “È la domanda più difficile che mi si possa rivolgere” ha subito dichiarato. “Non ho alcuna risposta. Lo dico insieme a papa Francesco”, ha aggiunto.
“Malati terminali lo siamo tutti. Immagine nella carne di una particolare chiamata di Dio. Il destinatario del dolore come vocazione lo inserisco in un percorso di Dio. È un dato che parla. La malattia non esiste, esistono le persone. Ciò che cura è il prendersi cura. Se dal dolore si può arrivare alla speranza, in questo tentativo di percorso, è l’urlo del dolore che porta a un grido di speranza: come un canto che si armonizza in due cori. Uno che grida, l’altro che accoglie”, ha spiegato. E ancora: “l’urlo di dolore è quello che esce dall’anima ferita di persone che, spesso, non piangono neanche alla comunicazione della diagnosi. Lo fanno dopo, in disparte, con disperazione e con grandi e copiose lacrime. Il grido di speranza che pervade la vita di chiunque soffre, di chiunque sta affrontando un cammino intriso di dolore, tristezza e angoscia è strettamente legato alla fiducia che il mondo medico possa accogliere il suo pesante fardello e traghettarlo verso lidi più tranquilli, verso strade più percorribili”.
Il vescovo non ha esitato a definire il libro come “possibile testo di preghiera”, conferendo il suggello più alto ad un incontro intenso e ricco di emozioni. Un’occasione speciale in cui è emersa tutta la forza che il libro offre a quanti, guardando proprio alla inspiegabile ragione della sofferenza dei piccoli, si accorgono del delicato lavoro documentato a loro favore, affrontando patologie note e meno note, tutte vissute, curate con un amore fermo ma carico di delicatezza.
“Accompagniamoli con la preghiera e preghiamo per tutti i malati, specialmente per quelli in condizioni più difficili: nessuno sia lasciato solo, ognuno possa ricevere l’unzione dell’ascolto, della vicinanza, della tenerezza, e della cura”, è stata questa la missione del dott. Michele Germano, la sua carezza per i piccoli.